Che il vintage sia una tra le risposte più valide alla crisi della moda nell’era del climate change – e di tutto quello che ne consegue – è dato ormai certo.
Senza perdersi in troppi tecnicismi, pensate che solo dal 2016 al 2018 gli acquisti legati al mondo dell’abbigliamento second hand hanno avuto un’impennata del 19% (sul The Guardian un approfondimento a riguardo). Gli stessi rivenditori online crescono senza indugio superando nettamente i classici retail, ce lo dice l’analisi annuale relativa al 2019 a cura di ThredUp.
Sempre più consumatori scelgono di acquistare usato. Eppure, soprattutto in Italia, l’idea del negozio vintage si lega ancora a un immaginario polveroso, quello della sciura malinconica che per nulla al mondo rinuncerebbe ad abbinare borsa e scarpette.
L’idea dietro al servizio moda che vedete qui ci è venuta proprio riflettendo su questo pregiudizio. Perché dovremmo identificare il vintage in una specifica generazione o tipologia di consumatore? La risposta è che non dovremmo farlo, infatti.
Partendo da questo presupposto abbiamo chiesto di posare a due ragazze ventenni, Cecilia e Pascaline, che per l’occasione hanno indossato alcuni capi d’archivio provenienti da una delle boutique meneghine più apprezzate, Madame Pauline.
Aperta nel 2013 da tre soci proprietari di 20134LAMBRATE, Madame Pauline – nome squisitamente e volutamente francese – nasce con l’idea di ricreare in centro città, Foro Buonaparte, ndr una boutique “alla vecchia maniera” che possa però trasmettere contemporaneità.
Sono passati ben sette anni dall’apertura e la clientela è decisamente cambiata. Come ci racconta Alessandro, uno dei tre soci, “la consapevolezza del consumo etico è aumentata parallelamente al percepito del vintage come qualcosa d’avanguardia. L’unicità che si ricerca nell’acquisto di certi capi e accessori rende il second hand un mercato sempre più appetibile e competitivo”.
« L’idea è quella di rivedere i canoni estetici, per questo motivo la nostra proposta si presenta come un mix di epoche e stili differenti »
Come si fa quindi a promuovere un’immagine fresca dell’usato griffato? “L’idea è quella di rivedere i canoni estetici, per questo motivo la nostra proposta si presenta come un mix di epoche e stili differenti”, continua Alessandro “solo in questo modo è possibile creare uno stile personale, partendo dalla reinterpretazione di ciò che è già esistito”.
La gonna tubino si sdrammatizza con un paio di sneakers, i pantaloni in seta con un trench interamente decorato da bottoni e le gambe si preparano a un po’ di sole primaverile scoperte quanto basta dal kilt multicolore. Osare con i colori, mixare le stampe, e navigare tra epoche diverse della moda alla ricerca del proprio stile personale.
Perché il linguaggio del vintage è quello della creatività, un linguaggio universale.
- Abiti dall’archivio di Madame Pauline, scarpe Reebok
- Fotografia: Alessandro Mitola
- Talent: Pascaline e Cecilia
- Moda e casting: Francesca Crippa
- Make-up e hair: Ginevra Calie
- Sitting editor: Sara Moschini
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