Spy Game — e non è il film con Brad Pitt

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Seppure Dio abbia creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, rischiando di rasentare la perfezione, è anche vero che assemblarlo per primo deve aver inevitabilmente causato qualche difetto di fabbrica.

Ad esempio: soglia del dolore
praticamente inesistente, forte repulsione per la pulizia del suo habitat,
disinteresse per la comunicazione, scarsa attitudine nell’arte
dell’improvvisazione — ed è proprio grazie alle pecche strutturali dell’uomo,
se poi Dio si è trovato costretto ad aggiustare il tiro con la donna.

E sono quasi certa che quando ha
progettato la mamma, avesse un grande disegno in testa. Sapeva di poter
affidare a lei soltanto le questioni più importanti e le ha concesso il
privilegio di partorire con dolore, di pulire la casa, di fare la raccolta
differenziata e di spiegare ai figli che cos’è il Coronavirus.

Ma le mamme — che sono pronte a tutto —
non traducono le questioni di cui sopra come un colpo basso dell’Altissimo, al
contrario, tutto il pacchetto rappresenta un’occasione di mostrare il loro
valore al cospetto dell’umanità. O anche solo l’opportunità di portarsi a casa
una specializzazione mammifera.

Laura ha quasi quarant’anni, fa la
cassiera in un supermercato, è sposata e ha due figli: Stefano e Fabio. Il
primo ha undici anni, l’altro ne ha quattro.

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Vive al terzo piano di una palazzina del
centro, senza cortile, senza giardino.


Da quando il Governo ha imposto la
chiusura delle scuole, sua madre si è trasferita da lei per aiutarla con i
bambini che non può accudire, a causa dei turni di lavoro.

Stefano è più grande, ha capito in
fretta che cos’è questo virus che uccide le persone, ma Fabio è più piccolo e
trovare un modo semplice per fargli capire ciò che è difficile anche per i
grandi, ha messo Laura a dura prova.

“Mamma, andiamo al parco?”

“Non possiamo andarci amore, hanno detto
che è pericoloso, dobbiamo restare a casa.”

“Ma perché? Prima ci andavo e andavo
anche all’asilo dai miei amici…”

Le si spezza il cuore, perché lo stesso
Dio che le ha concesso il privilegio di raccontare le favole, non ha pensato di
fornirle un libretto d’istruzioni specifico per le pandemie?

Se non fosse, però, che la mamma non è
un uomo: lei è nata per comunicare e l’improvvisazione è il suo cavallo di
battaglia.

“Questa malattia è una
birichina…”

A quelle parole, lo sguardo di Fabio
riprende interesse.

“Le piace giocare a nascondino.”
continua la mamma. “Non solo sa infilarsi nei posti più strani, è addirittura
invisibile e nessuno riesce a trovarla.”

Gli occhioni stupiti che la fissano
invogliano Laura a continuare. “La vedi solo quando ti ha già fatto tana…
perché è anche velocissima.”

“Più veloce di Superman?” chiede
rapito.

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“È anche più veloce di Superman.”
risponde lei annuendo. “Ma ha un punto debole…”

Fabio pende dalle sue labbra.

“Quale?” le chiede.

“Covid non riesce mai a fare tana ai
bimbi bravi che restano a casa: qui sei al sicuro.”

Seppure inizialmente, l’espressione
sollevata del bambino avesse fatto credere alla mamma di essersela cavata con
una storiella, il quesito che le pone un secondo più tardi, fa crollare il suo
castello.

“E quando tocca a lui contare?”

Bella domanda: per ora tocca a noi fare
il

countdown dei giorni di
quarantena.

La mattina seguente, Laura si sveglia
piano piano per non farsi sentire da Fabio, che dorme con lei, ma lui si
sveglia. Apre gli occhietti e guarda la mamma in piedi, fuori dal letto. “Stai
a casa con me, mamma?”

“Non posso amore, devo andare a
lavorare, altrimenti come faccio a comprarti i giochini?” sussurra
accarezzandolo.

La penombra è sufficiente a mascherare i
suoi occhi lucidi, che cercano di distrarsi rimboccando le coperte.

“Ti lascio con la nonna e ti prometto
che appena si può, la mamma ti compra un giochino.”

“Va bene mamma, io dormo ancora un po’.
Buonanotte.”

Ringrazio la mia fonte anonima per avermi ispirata  e il mio amico del cuore, Antonino Valenti, che mi ricorda sempre che Benigni esiste e che io glielo ricordo.

Illustrazione di Valeria Terranova

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