Avete mai giocato ad “acchiapparella”? Un gioco nel quale un gruppo di giocatori scappano da uno designato a prenderli uno alla volta in uno spazio definito.
C’è chi corre e chi rincorre.
Basterebbero queste tre righe per descrivere la situazione attuale del calcio d’elite, quello professionistico, quello delle tv senza antenna e del buffering senza fibra.
Il calcio degli stadi vissuti come asset strategici ma privi di emozione sociale, dei led futuristici e della passione ragionata.
Una convulsa corrida in cui ci sono più toreri che tori dove tutti vogliono la stessa cosa ma ognuno a modo suo, sottolineando la propria posizione dominante e prospettica.
Sempre per il bene del Calcio ovviamente.
Abbiamo chiuso l’estate con la Superlega, abbiamo aperto la nuova Stagione con la volontà della FIFA di far organizzare il Mondiale ogni due anni.
“Una proposta a tutela di tutti” così Gianni Infantino ed i suoi scienziati senza camice hanno evidenziato l’esigenza di rendere più accessibile, più vicina, la Competizione sportiva più seguita al mondo nel pieno rispetto della fluidità del mondo attuale.
Dietro il mantello dei posti di lavoro e dello sviluppo del calcio degli altri.
C’è da stupirsi?
Io direi di no.
Perché questa è solo una delle tante rincorse al cambiamento, elemento che agli occhi degli scienziati è quasi necessario per il successo ed il futuro dello Sport più bello del Mondo.
Siamo partiti dallo stravolgimento della formula della Coppa dei Campioni trasformata nella attuale Champions League. La Champions League non bastava più, andava pensata la Superlega perché i ragazzi vedono Netflix e giocano a Fortnite, la Superlega tra qualche tempo diventerà un blocco alle frontiere mondiali, le stesse che nel futuro dovranno aprire alla prima partita su territorio lunare.
Rincorrere e non Correre.
Soluzioni estemporanee, che tirano al presente cercando di scrivere uno strano futuro e non tracciati imprenditoriali nel quale ormai il calcio deve assolutamente muoversi.
Già imprenditoriali. Perché chi nega che il Calcio sia ormai da circa 60 anni condizionato dalla Politica, dall’Industria, dalla Finanza e dalla Comunicazione si pone come un componente dell’Inquisizione contro Galileo Galilei.
E’ fuori dalla realtà.
La crescita e l’esposizione lo hanno reso un mercato. Nel quale ogni Società o Ente cerca la sua fetta attraverso scelte ed interventi più o meno sostenibili con la copertura sempre più invisibile “per il bene del calcio”.
Ma la gestione imprenditoriale che condiziona il mercato, che ne crea altri, che lo condiziona e lo modifica deve avere visione dei propri interessi in relazione al mondo nel quale opera, trovando come prima soluzione scelte che siano rispettose del sistema e dei suoi operatori.
Tutto questo per rendere quel mercato solido e non solo competitivo, strutturato e non solo al passo con i tempi.
Già al passo con i tempi. Secondo l’assioma moderno che prevede più esposizione e meno fidelizzazione diretta. Più calcio meno passione.
Una ricerca affannata ed affannosa della partecipazione a mille attività collaterali e di contorno, con poco focus sul Calcio giocato nei suoi 90’.
Esempio: si parla da anni ormai dello sviluppo del Calcio africano come potenziale inespresso e volano di crescita di un Continente pieno di risorse. Anche qui si vuole partire dal vertice per cambiare la base, in un contesto nel quale si fa ancora fatica ad organizzarlo sotto il punto di vista sportivo, tecnico e dirigenziale.
Si vuole sovraesporlo e responsabilizzarlo prima di farlo crescere nelle componenti che contraddistinguono un’organizzazione.
Ma a volte il futuro da scrivere non è la soluzione e allora ci vengono in mente meno rincorse e più ritorno alle origini. Più reale e meno virtuale.
E dentro questa visione possono muoversi logiche industriali, tecnologiche e futuristiche. Si può e dovrebbe farlo cercando di tutelare ciò che di buono è stato fatto, senza farlo risultare necessariamente obsoleto.
Chiudo con l’etica, quella che piace tanto a tutti. Una piccola nota.
Spesso i cambiamenti proposti si coprono del vestito dei propositi sociali, dietro il rispetto delle minoranze.
Il Calcio non ha bisogno di essere accessibile ed inclusivo. Uno sport che può essere giocato ovunque, che non premia le caratteristiche fisiche o di genere, questi due aggettivi ce li ha nella sua natura, nella sua essenza. Come ha nella sua essenza il merito e le tradizioni.
Lasciatelo stare.
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