Gigi Riva come Maradona. L’ultimo imperatore

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Diego Armando Maradona è venuto a mancare il 25 novembre. In questi giorni è stato un susseguirsi incessante di testimonianze in ricordo del fuoriclasse argentino. Giornalisti, scrittori, allenatori ed ex allenatori, calciatori ed ex calciatori, dirigenti di calcio ed ex dirigenti di calcio, hanno fatto a gara a chi avesse conosciuto meglio Diego Armando Maradona, attraverso il racconto di mille aneddoti. Tutti si sono sentiti in diritto di parlare. Tutti hanno adoperato parole dolci, tutti hanno espresso giudizi benevoli, tutti sentivano già la mancanza del campione argentino. Che, poi, tutti fossero assolutamente sinceri viene da dubitare, poiché, perlomeno alcuni, esprimevano giudizi sostanzialmente diversi quando Diego era ancora in vita.

Ma qui non ci addentreremo in polemiche sterili e, al momento, fuori luogo.

Del Diego Maradona campione inarrivabile in campo, non vi è nulla da aggiungere a quanto hanno detto e scritto in queste ore. L’aspetto che ci preme evidenziare del campione argentino, è capire come e perché sia diventato un’icona.  Cosa lo ha reso così unico, oltre i suoi infiniti pregi calcistici, agli occhi del popolo argentino ed a quello della città che lo ha adottato sportivamente, ovvero Napoli?

Per illustri scrittori napoletani e non solo, Maradona ha rappresentato l’uomo del riscatto sociale, di colui che ha dato volto e voce a chi volto e voce non aveva mai avuto prima di lui. Colui che combatteva l’arroganza   del potere, si chiamasse FIFA, Juventus o Stati Uniti. Che contro il potere si è scontrato frontalmente, pagandone anche un caro prezzo. Non solo, quindi, un fenomeno in campo, ma anche una figura carismatica al di fuori del rettangolo di gioco, con una sua potenza evocativa, che affondava le proprie radici nell’animo più profondo dei suoi tifosi. Ne aveva tirato fuori tutto l’orgoglio, un orgoglio da sbattare in faccia al potente di turno. Come tutti gli uomini, baciati dal talento o meno, aveva le sue debolezze. Quelle debolezze, quelle frequenti cadute nella sua vita privata, lo hanno reso più umano e per questo, o anche per questo, ancora di più amato.

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Un quadro umano, oltre che sportivo, così articolato, con mille sfaccettature, con mille tonalità intermedie tra il bianco ed il nero, ha fatto venire in mente, diciamo per analogia, come da noi, in Italia, vi sia un fuoriclasse di uomo, un fuoriclasse anche nella sua proverbiale riservatezza, un ex fuoriclasse in campo, che è diventato un simbolo, non solo di una città, ma di un’intera regione. 

Il suo nome è Luigi Riva, per tutti Gigi e la Sua regione è la Sardegna.


Sposò il Cagliari e la Sardegna nel 1963 e da allora nessuno l’ha più divisi. 

Un continentale che s’innamorò di una meravigliosa isola. Per sempre.

Gigi Riva è nato a Leggiuno, sulle rive del lago Maggiore, il 7 novembre 1944 ed ha da poco compiuto 76 anni. Un uomo del nord. Il grande giornalista Gianni Brera lo soprannominò Rombo di tuono perla potenza del suo tiro. 

“Lo coniò il 25 ottobre del 1970. Il Cagliari campione d’Italia vinse a San Siro con l’Inter 1-3. Sul Guerin Sportivo Gianni Brera scrisse: «Il Cagliari ha subito infilato e umiliato l’Inter a San Siro. Oltre 70mila spettatori: se li è meritati Riva, che qui sopranomino Rombo di Tuono».

Quel giorno in cui Brera lo soprannominò Rombo di Tuono – La Nuova Sardegna

Come Diego Maradona è stato colui che ha guidato il Napoli alla vittoria dei suoi unici 2 scudetti, Riva è stato la punta di diamante del Cagliari che, nel 1970, divenne Campione d’Italia. La prima, ed unica volta, per la società sarda, esattamente 50 anni fa. Dopo mezzo secolo è ancora lui l’eroe intoccabile ed indiscutibile di quel trionfo.

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Gigi Riva, come Diego Maradona, calciava soltanto di sinistro, il destro lo usava per camminare. Grande in acrobazia e forte nel gioco aereo, è stato uno degli attaccanti più forti del mondo nei primi anni settanta. Per tre volte è stato il capocannoniere del campionato italiano. Ancora oggi detiene il record di segnature con la maglia azzurra della nazionale italiana: 35 reti. 

Gigi Riva, come Diego Maradona, ha resistito alle milionarie lusinghe dei grandi club del nord. 

Gigi Riva, come Diego Maradona, ha detto no alla Juventus, la società che più di tutte lo ha tentato.

Gigi Riva, come Diego Maradona, è diventato il simbolo di una terra meravigliosa, ma non ricca, Negli anni 70’ tanti sardi lasciavano la loro terra per andare a lavorare al nord. Torino. Milano, Genova formavano il famoso triangolo industriale, cheoffriva lavoro e speranza a tanti italiani, soprattutto del nostro meridione. Riva, per questi lavoratori, rappresentava la loro grande rivincita. Nessuno riuscì a strapparlo ai sardi, al Cagliari, alla Sardegna. “Gigi è solo nostro”, pensavano ed avevano ragione.

Per Gigi Riva vi è soltanto il Cagliari, come per Diego Maradona vi era solo il Napoli.

Il 9 febbraio 2005, prima dell’incontro della nazionale italiana contro la Russia, giocata allo stadio Sant’Elia di Cagliari, la società sarda ha ufficialmente ritirato per sempre la magica maglia numero 11, quella indossata per tutta la carriera in rossoblù da Rombo di tuono.

Dal 2019 Gigi Riva è diventato Presidente Onorario del Cagliari.

Lo scrittore Giulio Angioni, ricordando la fama mondiale della grande ala sinistra, racconta come, in un paese esotico e lontano, registrandosi in un albergo, il concierge non riesce a decifrare sul passaporto la parola Cagliari, finché non fa il collegamento: “Ah, Cag-liari, Gigi Riva!”.

Gigi Riva – Wikipedia

Vi sono uomini e campioni che, nonostante abbiano sposato una maglia, una città o un’intera regione, appartengono a tutti, sono un patrimonio universale. 

Gigi Riva come Maradona. L’ultimo imperatore, del Cagliari e della Sardegna, è un patrimonio mondiale del calcio.

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