Come motivare gli altri a cambiare: leadership di controllo o leadership di contesto?

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Quando vogliamo motivare gli altri a cambiare tendenzialmente abbiamo due soluzioni a nostra disposizione: la leadership di controllo e quella di contesto.

Vuoi che tuo figlio studi. Gli controlli ogni giorno il diario, i compiti che ha fatto, scrivi nella chat di classe per sapere se ti sei perso qualche indicazione? Lo incateni al termosifone della biblioteca più vicina?

Vuoi che tua moglie non ti tradisca. Le controlli il cellulare? Le fai una testa così che non deve guardare gli altri? Le dici che quel vicino di casa carino non si lava i piedi da Italia ’90?

Vuoi che un tuo collaboratore arrivi puntuale al lavoro? Lo multi se è in ritardo? Gli buchi le ruote dell’auto affinché la sera non vada fuori a fare bagordi?

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Tutte queste soluzioni sono tipiche della leadership basata sul controllo, nella quale il tuo tentativo di condurre qualcuno verso un certo obiettivo (leadership viene da “to lead”, condurre) si basa principalmente sul meccanismo del controllo. 

L’alternativa è quella di lavorare non tanto su questa leva, ma sul contesto all’interno del quale il comportamento viene messo in atto.

In soldoni, che significa tutto questo?

Significa che se attorno a tuo figlio crei un ambiente nel quale sia per lui possibile confrontarsi serenamente su ciò che lo spaventa, potrai evitare di leggergli il diario segreto per scoprire cosa lo preoccupa. (Tanto il diario segreto di tuo figlio l’avrà comunque già letto di nascosto tua moglie) 

Se con il tuo partner costruisci un ambiente in cui la sincerità è premiata e benvenuta, non dovrai controllare che le cose importanti ti siano tenute nascoste.

Se in azienda promuovi efficacemente il valore della responsabilità, allora potrai evitare di controllare che i tuoi collaboratori svolgano bene il loro lavoro. Se non altro fallo per te stesso. Controllare che venga svolto il lavoro è più faticoso di fare quel lavoro tu stesso!

Dove voglio arrivare? Al fatto che il leader del futuro debba smetterla di lavorare sul controllo e occuparsi solo del contesto?

No. Il leader del futuro deve imparare a distinguere quando è opportuno controllare, e quando invece conviene lavorare sul contesto.

Infatti, ci sono alcune situazioni in cui controllare, per quanto finisca per logorare sia il controllore sia il controllato, è la cosa giusta da fare. In altre, invece, ti rendi conto che troppe regole limitano la libertà delle persone, che gradualmente disimparano a pensare con la loro testa, a innovare, a mettere la creatività in ciò che fanno.


Mi sono imbattuto nella lettura del libro “L’unica regola è che non ci sono regole”, che racconta della cultura della re-invenzione di Netflix, e gli autori ci forniscono alcuni punti fermi per decidere se affidarci al controllo o al contesto.

Vediamone insieme 2, che mi hanno dato particolarmente da riflettere.

1. Alta densità di talento

Il primo punto su cui interrogarsi è relativo alla densità di talento presente nel team che dobbiamo coordinare.

Abbiamo visto che un leader che lavora sul contesto si adopera per dare al suo staff tutte le informazioni possibili affinché le persone possano prendere ottime decisioni e portare a termine il loro lavoro senza supervisione o procedure che controllino le loro azioni.

Se ti rivolgi a un gruppo di persone altamente performanti, sai che probabilmente brameranno la libertà e daranno il meglio di loro, se le guidi con il contesto. 

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Se sono persone alle prime armi, invece, forse la strategia basata sul controllo è la più utile da scegliere.

Questo principio vale sul lavoro, ma non solo.

Metti che hai il figlio diciottenne che ha iniziato andare alle feste di sabato sera con amici più grandi di lui e sei preoccupato che beva alcolici e poi si metta alla guida in condizioni pericolose. Come affronti il problema?

Puoi optare per il controllo e decidere a quali feste tuo figlio può andare o no, monitorare le sue azioni quando è alla festa, geolocalizzarlo perfino quando va in bagno…

Oppure puoi creare un contesto che faccia in modo di allinearlo con ciò che vuoi.

Gli parli del motivo per cui gli adolescenti bevono e dei pericoli associati alla guida in stato di ebbrezza. Magari gli mostri un video su YouTube sui pericoli associati a queste situazioni e, quando lui comprende chiaramente la gravità dei pericoli associati al guidare dopo aver bevuto, allora lo lasci libero di andare a qualsiasi festa desideri. 

Tu cosa scegli? Controllo o contesto? 

Ovviamente dipende da diversi fattori, ad esempio dalla personalità di tuo figlio stesso: se in passato ha dimostrato una scarsa capacità di giudizio potresti optare per il controllo. Se invece tuo figlio è responsabile, magari scegli la strada del contesto. Ma ricordati che se tuo figlio è così, è perché tu hai lavorato per renderlo tale!

Quindi, prima domanda da porsi per decidere se lavorare sul controllo o sul contesto sul posto di lavoro è:

qual é la densità di talento con cui ho a che fare?

Se è elevata, hai un punto a favore del contesto, altrimenti del controllo.

 

2. Prevenire o innovare?

Un secondo punto sul quale riflettere è legato all’obiettivo che stiamo rincorrendo. Più nello specifico, dobbiamo capire se il compito è quello di prevenire dei possibili errori o, invece, quello di innovare, di pensare fuori dagli schemi.

Se ti concentri sull’eliminare gli errori, è meglio il controllo.

Ad esempio: ho collaborato a lungo con un’importante multinazionale che aveva cantieri in tutto il mondo e chi lavorava al suo interno era quotidianamente a rischio di incidenti sul lavoro. Il mio ruolo era quello di ridurre i rischi lavoro correlati.

In questa situazione, se avessi tolto mansionari, procedure, regole e compagnia bella, ci sarebbe stata una vera e propria ecatombe.

Se invece producessi aeroplani la cosa sarebbe diversa. In questo caso, se non avessi una miriade di procedure di controllo per garantire il corretto assembramento delle componenti, la possibilità di incidenti aumenterebbe drammaticamente.

Ma se ho l’obiettivo di innovare un determinato settore, di permettere ai miei collaboratori di pensare fuori dagli schemi, allora il rischio principale per la mia organizzazione è un altro. Con è più quello di commettere un errore, ma di diventare opprimente, di non lasciare ai miei collaboratori la libertà di partorire nuove brillanti idee per reinventare il business in cui sono inserito.

 

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Redazione MusaNews
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