Il giorno dei funerali di Sua Maestà la Regina Elizabetta II è infine arrivato, dopo essere stato minuziosamente programmato in ogni suo dettaglio nel corso degli ultimi cinquant’anni. La Sovrana è scomparsa all’età di 96 anni dodici giorni fa, dopo un regno durato più di settant’anni. Un lungo itinerario ha condotto il suo feretro dalla dimora di Balmoral, dove la sovrana si è spenta, fino a Buckingham Palace e poi a Westminster Hall, dove in questi giorni più di quattrocento mila persone le hanno reso omaggio.
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Gli inglesi erano pronti a questo momento? Forse non del tutto, considerato che in molti ci hanno detto essere stato un vero e proprio “fulmine a ciel sereno”. D’altronde la Regina Elisabetta era diventata ormai una presenza così costante da essere data quasi per scontata, come se fosse destinata a vivere per sempre. A colpire, d’altro canto, è l’organizzazione capillare ed efficiente con cui la città di Londra ha allestito un evento di portata internazionale e al contempo estremamente intimo. Intimo perché si percepisce il sentimento di unione che lega tutte le persone che si stanno riversando per le strade per un solo ed unico motivo: salutare per l’ultima volta uno dei simboli più iconici del loro Paese. E lo stanno facendo con una gioia che sublima il giorno di dolore – coperto, forse non per caso, dal tipico cielo plumbeo londinese – trasformandolo in un momento di collettiva solidarietà. Un qualcosa che forse in Italia non abbiamo mai davvero sperimentato, se non fosse per i pochi giorni in cui, all’inizio della pandemia, intonavamo l’Inno di Mameli dai balconi alle 18 in punto.
Funerali Regina Elisabetta: le persone accalcate intorno alle transenne
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Le strade e i parchi che costeggiano il percorso che il feretro della Regina Elisabetta attraverserà, seguito a piedi da figli e nipoti, si sono riempite di persone fin dalle prime ore del mattino. Per non parlare di tutti quelli che con le tende si sono accampati in prossimità delle transenne ormai da giorni. Quello che più fa sorridere, spostandosi tra la gente, è osservare il dispiegamento di sedie da campeggio che spuntano come funghi su prati e marciapiedi. E poi ci sono i bambini, partecipi e al contempo quasi inconsapevoli: qualcuno fa un disegno, altri giocano a Forza Quattro, mentre i più incontenibili corrono da una parte all’altra. La sensazione è quella di trovarsi in un giorno di Ferragosto nella più frequentata delle zone da picnic: le persone mangiano qualche sandwich, qualcuno beve un the caldo e i più stanchi fanno un sonnellino sui plaid distesi tra le foglie.
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Tutto si svolge nel silenzio e nella più pacifica concordia: nessuno schiamazzo, nessun litigio, nessuna baruffa per accaparrarsi il miglior posto. Le persone stanno in piedi da ore senza muoversi di un passo, attente a non perdere la posizione che con fatica hanno conquistato. Noi siamo qui, in mezzo a questo ordinato fermento, rispettosi di fronte a una simile dimostrazione di unità e affetto. Da St. James Park è tutto, and God Save the King.