Vita da cani — e non è il film di Mario Monicelli

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Vita da cani — e non è il film di Mario MonicelliVita da cani — e non è il film di Mario Monicelli


Io e Furio siamo in casa da quasi un mese. Abbiamo deciso di rimanere a Viterbo per senso di responsabilità nei confronti delle nostre famiglie e vi dirò questa quarantena forzata non mi dispiace.

Finalmente sono riuscita a ritagliarmi del tempo per fare alcune
cose che avevo messo in standby da tempo e poi con Furio è difficile annoiarsi:
è un uomo pieno di risorse.
La clausura ha tirato fuori lo chef che è in lui e il fai-da-te lo tiene
impegnato più del solito. L’unica a cui non è cambiato nulla è Frida, la nostra
bimba pelosa, che in questo periodo sta approfittando della situazione: non le
capita spesso di averci a portata di zampa 24 ore su 24.

È arrivata nelle nostre vite quasi otto anni fa, Frida è
ufficialmente ‘razza fantasia’, ma ufficiosamente levriero di taglia media, una
razza meglio conosciuta come “whippet”.
Quando la portai a casa, io e Furio stavamo insieme da qualche mese. Lui era a
L’Aquila, impegnato nel restauro della prima chiesa dopo il terremoto, e io mi
ero trasferita da qualche giorno nel nuovo appartamento. Ci vedevamo solo nel
weekend e dovendo stare da sola, decisi che era giunto il momento di avere il
cane tutto mio che avevo sempre desiderato. Trovai su Facebook l’annuncio di
una cucciolata. Furio non era molto convinto, ma io ero determinata.
Arrivai all’appuntamento e mi misi a chiacchierare con il proprietario che mi
raccontò di essere cittadino onorario di Ischia, l’isola di Antonio: era
destino.
Mi mostrò le due cucciole che dormivano beate in una scatola di cartone
imbottita. Quando avvicinai la mano, quella che sarebbe diventata la mia Frida
iniziò a leccarla. Con il cuore colmo di emozione la presi in braccio e andammo
a casa.
Chiamai Furio e gli dissi che avevo scelto una femminuccia, l’avrei chiamata
Frida perché era nera e aveva la coda bianca simile a un pennello. Quando la
vide, fu amore a prima vista.
Col passare del tempo, Frida cresceva e non sembrava un cane come gli altri.
Somigliava a un fenicottero: corpo piccino, zampe lunghe.
Io e Furio decidemmo di fare delle ricerche su internet e andando a ritroso,
trovammo un annuncio di un whippet maschio molto giovane che era scappato da
casa. Dalla somiglianza della foto, capimmo che era il fuggiasco che aveva
incontrato la mamma di Frida, anche il calcolo delle tempistiche combaciava.

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I levrieri sono noti per la velocità e quindi si tende a pensare
che siano cani bisognosi di grandi spazi e invece sono cani da divano. E a
proposito di uscite, in vista delle nuove disposizioni, noi non rischiamo di
trasgredire: dopo aver fatto ciò che deve, Frida fa dietro front e torna a
casa. Passa dal divano, alla poltrona, dalla poltrona al divano. E come se non
bastasse, dopo pranzo si accuccia sulla poltrona e dopo cena, quando ci
mettiamo tutti sul divano, lei si siede accanto a me e inizia a fissarmi con
sguardo severo e con sua zampetta mi fa capire che vuole essere coperta con il
suo plaid preferito. La principessa non ama la luce artificiale e per
sonnecchiare bene ha bisogno del buio.
Quando la rimproveriamo le ricordiamo che ci sono cagnolini che non sono
altrettanto fortunati, si pente di aver commesso qualche marachella, ma suoi
sensi di colpa durano poco.
In questo momento la invidio parecchio. Dorme tranquilla senza sapere cosa sta
succedendo nel mondo. È proprio così che vorrei sentirmi e se questa è una vita
da cani, ditemi dove firmare: nella prossima vita voglio essere il cane di casa
mia.


Testo e illustrazione di Valeria Terranova

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