Il test di Coombs consiste in un esame del sangue che serve per rilevare la presenza di anticorpi in grado di attaccare i globuli rossi, importante quindi – per le donne in gravidanza – per poter verificare la compatibilità del gruppo sanguigno di madre e feto o, in generale, per valutare la compatibilità dei gruppi sanguigni in vista di una trasfusione o diagnosticare forme di anemia.
Il test di Coombs è stato ideato nel 1945 da alcuni immunologi di Cambridge, Robin Coombs (da cui prende il nome), Arthur Mourant e Rob Race. Quando una donna è all’inizio della sua gravidanza, dovrà effettuare questo esame per poter determinare l’eventuale presenza del fattore Rh (che può essere positivo o negativo), anche detto antigene D.
L’antigene D, così come quello AB0, si trovano sulla superficie dei globuli rossi e vengono riconosciuti dal sistema di difesa dell’organismo. Se la donna in gravidanza ha un gruppo sanguigno Rh negativo e il feto ha un gruppo sanguigno Rh positivo, il sangue della madre e quello del bambino non saranno compatibili. Al primo contatto tra il sangue dell’uno e quello dell’altro (che accada al momento del parto o di un aborto o durante un’amniocentesi), l’organismo della donna riconoscerà il feto come estraneo e, alla gravidanza successiva, spingerà il suo sistema immunitario a produrre anticorpi anti-Rh per poter distruggere i globuli rossi del feto, percepiti come “estranei” e “nemici”. Questa reazione provocherà un’anemia emolitica nel feto.
Capiamo quindi quanto sia importante effettuare il test di Coombs per una donna in gravidanza: questo esame permetterà di rilevare la presenza di anticorpi anti-Rh, diagnosticando un eventuale rischio di anemia emolitica per il bambino che sta per nascere. Si potrà in questo modo cercare di prevenire la malattia emolitica.
Il test di Coombs, che può essere diretto o indiretto, non viene usato solo in gravidanza, ma anche in caso di malattie autoimmuni, tumori o per verificare la compatibilità tra due tipi di sangue in seguito a una trasfusione. Scopriamo assieme tutto quello che c’è da sapere su questo test, quando effettuarlo e come interpretare i risultati positivi o negativi. Prima, però, ecco a te un video su come coccolare il tuo piccolino dentro la pancia:
Quando eseguire il test di Coombs diretto?
Il test di Coombs consiste in un semplice prelievo del sangue, che può essere prescritto dal medico di famiglia o da un ematologo. Può essere di sue tipologie: diretto o indiretto. Il test di Coombs diretto ha lo scopo di individuare gli anticorpi sulla superficie dei globuli rossi ed è prescritto ai pazienti che soffrono di un’anemia la cui origine non è nota.
Una volta prelevato il sangue, i globuli rossi vengono isolati e incubati con il cosiddetto “siero di Coombs”, ossia un siero a base di anti-immunoglobuline (Ig) dell’uomo, in grado di riconoscere gli anticorpi presenti sulla membrana dei globuli rossi (i famosi anti-Rh). Se le anti-immunoglobuline si legano agli anti-Rh, il test risulterà positivo, se invece gli anticorpi non risultano presenti e non si ottiene il legame il test risulterà negativo.
Il test di Coombs diretto viene prescritto per malattie come la mononucleosi infettiva, la tubercolosi la malattia emolitica del neonato, l’artrite reumatoide. Viene prescritto inoltre a chi ha avuto una supposta anemia da trasfusione, dovuta a sangue non compatibile, oppure un’anemia emolitica dovuta a farmaci (comune di solito dopo l’assunzione di alcuni antibiotici).
Quando eseguire il test di Coombs indiretto?
Il test di Coombs indiretto serve a rilevare la presenza di anticorpi anti-Rh nel sangue, che possono attaccare e distruggere i globuli rossi. Questo test viene prescritto a chi è entrato in contatto con un sangue diverso dal proprio, quindi – ad esempio – nel caso di una trasfusione o durante la gravidanza.
Una donna incinta si sottopone a questo esame perché gli anticorpi anti-Rh nel suo sangue, qualora presenti, potrebbero attraversare la placenta e aggredire i globuli rossi del feto, causandogli un’anemia emolitica, anche detta MENF. La MENF rischia di portare alla morte intrauterina del feto. Si tratta di una malattia che di rado si presenta alla prima gravidanza, ma è sempre bene fare questo test nell’esame di controllo di routine entro il primo trimestre, per poi ripeterlo alla 28esima settimana di gravidanza.
Come interpretare un risultato positivo?
Se il test di Coombs diretto risulta positivo, significa che il test ha rilevato la presenza si anticorpi legati ai globuli rossi. Se il risultato del test, invece, è negativo, vuol dire che non ci sono anticorpi sulla superficie dei globuli rossi e, di conseguenza, i sintomi che erano stati riscontarti hanno altre motivazioni.
Se il test di Coombs indiretto risulta positivo significa che ci sono degli anticorpi anti-Rh nel sangue. A questo punto sarà fondamentale per la donna incinta fare una visita medica approfondita che possa determinare se il risultato positivo sia dovuto a una reazione a una trasfusione, all’autoimmunità, a un’infezione, all’uso di farmaci o, appunto, all’incompatibilità tra il gruppo sanguigno proprio e del feto, che potrebbe portare allo sviluppo di un’anemia emolitica.
Per ulteriori informazioni sul test di Coombs, puoi consultare il sito dell’Istituto Superiore di Sanità.
Fonte articolo alfemminile