Figlio, partner, genitore.
Questi tre – bene o male – sono i ruoli chiave che possiamo nel corso della vita andare a rivestire, e che diventano delle vere e proprie identità: tutti noi in fatti nasciamo figli all’interno di una famiglia, a un certo punto incontriamo un compagno o una compagna e i più fortunati hanno il privilegio di diventare anche padri, o madri.
Questi tre ruoli, queste 3 identità, sono molto forti, impegnative, caratterizzanti. É dunque bene equilibrarle nel corso della vita in maniera consapevole, altrimenti si possono creare delle problematiche.
Un esercizio interessante è quello di fare una specie di classifica tra questi tre ruoli.
Prova a farlo anche tu:
in questo momento ti senti più figlio della tua famiglia di origine, compagno/compagna del tuo partner o padre/madre dei tuoi figli?
Cioè, dovessi dire quale è la tua identità principale e poi quelle secondarie, che tipo di classifica emergerebbe?
Quando facevo molta terapia all’interno di quello che è diventato poi il mio centro clinico psicologico, chiedevo spesso di riflettere sullo spazio di vita occupato da queste tre identità e mi rendevo conto che ad esempio alcune coppie non riuscivano a decollare perché uno dei due partner era ancora troppo figlio della famiglia di origine, e non aveva energie e spazio mentale per concentrarsi sul ruolo di marito/moglie con la dovuta attenzione. In tal contesto poteva avere senso lavorare allora su quello che in gergo si chiama “svincolo”, ovvero allentare il cordone con la famiglia di origine per permettere alla persona di dedicarsi maggiormente alle altre identità potenziali.
É possibile, ad esempio, stare in un nuovo nucleo famigliare magari con uno o due figli già concepiti, se giochi un ruolo principalmente identificato con quello di figlio della tua famiglia di origine?
Oppure vedevo coppie in crisi perché mettevano entrambe all’ultimo posto di questo trittico l’essere marito e moglie, e in questo modo emergeva bene il fatto che non coltivando la complicità necessaria a una coppia per prosperare, questa poi inevitabilmente appassiva.
Vorrei fosse chiaro che non c’è una regola universale di un corretto bilanciamento tra ruoli, perché ogni fase di vita richiede nuovi assestamenti tra queste tre identità.
In una prima fase della relazione sentimentale, ad esempio, la coppia potrebbe stare al numero uno, e la famiglia di origine sullo sfondo, in modo da farla consolidare.
Con l’arrivo dei figli, chiaramente, il ruolo di genitore deve essere prioritario. Quando però cresceranno e usciranno di casa, allora l’identità di marito e moglie dovrà ritornare protagonista: un compito tanto più facile quanto più questa dimensione sarà stata coltivata nel corso degli anni. Insomma, la flessibilità tra questi ruoli è un elemento che ti farà vivere meno problematiche e che ti permetterà con maggiore flessibilità di passare da una fase all’altra di vita.
É quindi fondamentale:
- essere consapevoli di quello che stiamo facendo e della priorità che stiamo dando ai 3 ruoli in questione
- interrogarci sulla coerenza che questa classifica ha con la nostra effettiva fase di vita. Ad esempio: ho appena avuto un figlio? Ottimo, ma io sono ancora figlio al primo posto? Oppure sono pronto per far salire sullo scalino più alto l’identità di genitore?
In caso ci fosse uno scarto importante tra fase di vita e ruoli rivestiti, è bene a mio avviso attivarsi per minimizzare questo scarto. Se serve, ovviamente, anche con l’aiuto di un professionista.
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