Cominciamo questa nuova rubrica di recensioni, “L’arte di vincere” (dal film sugli Oakland Athletics di Bennett Miller con Brad Pitt), parlando di coloro che stanno immediatamente alle spalle di noi atleti: gli allenatori.
Possiamo considerarli tanto il braccio destro di uno sportivo, al pari di un compagno di squadra, come un terzo genitore che li deve indirizzare ad un unico scopo, ma che può anche fornire consigli di vita.
“Parola di allenatore: regole di vita” (“The Playbook”) è una docu-serie realizzata da Netflix e uscita sulla piattaforma streaming nel 2020. Non è molto impegnativa da vedere, essendo una sola stagione da 5 episodi di circa 30 minuti ciascuno, ma è un bel modo di riflettere su quelle piccole accortezze che i coach hanno nei nostri confronti.
A volte potremmo non renderci conto dell’influenza delle loro parole, ma ogni minimo gesto e ogni frase sussurrata hanno un’enorme ripercussione sulla mente, specialmente in situazioni delicate e cariche di adrenalina come possono essere una partita o un match.
Sono cinque gli allenatori che vengono intervistati:
- Glenn “Doc” Rivers, basket;
- Jill Ellis, calcio femminile;
- José Mourinho, che non ha bisogno di tante presentazioni;
- Patrick Mouratoglou, tennis;
- ed infine Dawn Staley, basket femminile.
Come ogni persona al mondo sono tutti diversi e con approcci differenti, ma il loro scopo comune è tirare fuori il meglio dai talenti che hanno davanti. Andiamo a scoprire come.
Doc Rivers: il sacrificio
Doc Rivers esordisce con “sono umano e commetterò degli errori”. Come le stelle sportive sbagliano così lo fanno i loro primi sostenitori. Per poter vincere, l’attuale allenatore dei Philadelphia 76ers utilizza due parole fondamentali: sacrificarsi e cambiare, che vengono spesso ripetute anche dagli altri quattro. Tutto deve essere realizzato sempre nel bene della squadra, anche se questo non li renderà felici.
Una sola parola, o meglio stile di vita, racchiude tutto ciò che Doc Rivers vuole trasmetterci: Ubuntu. Guardate il primo episodio della serie per apprendere ed applicare questa “filosofia”.
Jill Ellis: l’importanza della sconfitta
Jill Ellis, invece, dimostra come sia più facile essere un “underdog”, la squadra sfavorita, piuttosto che la squadra a dover fuggire dalle altre. I campioni hanno sempre qualcosa da dimostrare, devono continuare ad evolvere e migliorare. Tuttavia, sono proprio i fallimenti a permetterci di sperimentare poiché “non esiste lezione più dura che una sconfitta”.
Inoltre, sempre in questo episodio, si focalizzano su un’importante lotta sostenuta proprio dalle calciatrici della nazionale statunitense: una retribuzione al pari di quella degli uomini. Secondo Ellis le sue giocatrici sono “la voce per le donne di tutto il mondo”.
Josè Mourinho: rischio e sostegno
José Mourinho, da parte sua, ci vuole insegnare due grandi lezioni: ci sono regole che vanno infrante e “se sei pronto al peggio, vuol dire che sei pronto”. Come coach sa benissimo che i suoi ragazzi (come li chiamano spesso tutti e cinque in questa intervista), in alcune partite, hanno un bisogno viscerale del loro allenatore a bordo campo, ma è anche necessario che sappiano leggere il gioco da soli.
Come per Doc Rivers, anche per lui prima di qualunque stella del calcio viene la squadra e il bisogno di crederci fino alla fine, così come il saperlo trasmettere ai propri giocatori. Sa di essere “nato per questo ruolo” (citando le sue testuali parole).
Patrick Mouratoglou: il limite è solo mentale
Ci allontaniamo dagli sport di squadra con Patrick Mouratoglou e il suo tennis. Ci spiega che in questo mondo i giocatori, soprattutto i campioni, devono essere perfetti. Tuttavia, fallimento e frustrazione da debolezza possono convertirsi in forza se imparati a gestire. Avere l’attenzione del proprio atleta è fondamentale, ma anche leggere il suo linguaggio del corpo è indispensabile per capire cosa pensa veramente.
Come mostra lui stesso con molti dei suoi giocatori “certi limiti sono solamente mentali”; Mouratoglou sostiene che si impari commettendo errori, uscendo quindi dalla zona di comfort (come dirà nell’episodio successivo Staley).
Dawn Staley: la regola delle 24 ore
Chiudiamo questa avventura nei dietro le quinte proprio con Dawn Staley, allenatrice delle South Carolina Gamecocks, che ha imposto alle sue atlete la “regola delle 24 ore”: hanno solamente un giorno per crogiolarsi nella vittoria o disperarsi nella sconfitta, poi si deve andare avanti. Essendo lei stessa una ex cestista, sa per prima che spesso in campo si pensa troppo ma bisogna avere il coraggio di rialzarsi sempre e comunque. Inoltre è la prima a rendersi conto e a parlare dell’importanza dei tifosi per gli atleti.
Insomma, non si tratta della solita serie o film che racconta le disavventure romanzate di un coach o di un giocatore. Siamo sul campo quello vero, tra ragazzi, allenatori e tifosi. Questi sono solo alcuni dei preziosi insegnamenti che possiamo assorbire dalla serie. Magari il nostro sport non c’entra neanche lontanamente con quelli di questi fantastici cinque, ma non dobbiamo mai soffermarci alle apparenze, se non altro per gli importanti temi di attualità dei quali spesso gli sportivi si fanno portavoce: dal razzismo alla parità di genere, alla lotta mentale che affrontiamo quotidianamente.
L’articolo “Parola di allenatore: regole di vita” (Netflix) proviene da Nati Sportivi.