Cara Ester,
mi sono imbattuto più volte nella tua rubrica e, provenendo da una storia più che tormentata, alla fine ho deciso di scriverti sperando in un’illuminazione.
Ho 23 anni, come puoi immaginare la mia vita non si compone di molte cose: università, amici, sport e drammi vari. Dichiarato da quando ne avevo 17, a 21 mi imbatto su Instagram in un ragazzo di 3 anni e mezzo più piccolo.
La storia non si rivela promettente in quanto dopo appena un mese si dice confuso e mi chiede una pausa che ovviamente culmina una settimana dopo con un palo.
Fa capolino qua e là, dice di non sapere, ha paura di svegliarsi il mattino dopo con l’ansia, ma alla fine, all’incirca un mese dopo la pausa, possiamo dirci fidanzati.
Inizia una storia che ad ora non so più come definire, se bellissima e coinvolgente o, col senno di poi, piena di difetti pronti a germogliare. Siamo una coppia scintillante, belli da vedere, dolce e un po’ bambino lui, più impostato e serio io.
La passione si spreca, il sesso (fenomenale) anche, ridiamo molto, condividiamo altrettanto. Ci amiamo o così ci dice la testa e da qui iniziano i problemi: lui ha bisogno di moltissime attenzioni, io, che non sono affatto esigente, gliele do, ma comincia a farsi sempre più capriccioso.
Il litigio è all’ordine del giorno, lui non è soddisfatto di quanto gli dimostro, ma la passione rimane viva, l’amore anche, finché l’oppressione non si fa intollerabile e io mi distacco per qualche giorno.
Riprende tutto, ma appena un mese dopo è lui a lasciarmi senza riuscire a spiegarsi e spiegarmi il perché, eppure continua a farsi vivo a giorni alterni.
Io divento il suo psicologo, lo sento parlare solo di tristezza e confusione, nessun mio tentativo vale per fargli cambiare idea. Mi lascia appeso per 5 mesi e io da bravo crocerossino perso di lui non dico una parola.
Finalmente qualcosa in lui si smuove, la mia disperazione pare essere valsa a qualcosa e la storia riprende, ma poco tempo dopo sono io a sentirmi confuso. Nemmeno una settimana dopo confesso di volerlo accanto a me, ho avuto soltanto una sbandata, ma lui essendosi sentito abbandonato mi rende la vita un inferno: litigi, minacce, tentativi di rottura, insulti irripetibili.
Io non lo tollero e mi faccio indietro, ma logorato dal rimorso e dal pensiero che tutto potrà tornare ad essere “perfetto” torno sui miei passi. Lui è sempre più insofferente, mi maltratta come se volesse punirmi, litighiamo e mi blocca ovunque, mi sottopone al trattamento del silenzio, io mi inibisco.
Scappo ancora e così per altre tre volte circa, ma ogni volta non rinuncio a credere che potremmo rinascere e così torno indietro, ma nulla. Lui diventa sempre più aggressivo, io lo assecondo come posso e nei limiti di quello che posso dargli in una situazione simile, ma ormai è diventato padrone della relazione.
Si interessa pochissimo, qualsiasi sia la questione la ragione è dalla sua parte, da me esige scuse incondizionate, continuo a subire i suoi insulti, le sue minacce (più volte per ripicca scrisse ad altri ragazzi).
Racconta i fatti nostri a tutti tra amici e parenti, mi descrive ai loro occhi come un mostro, mi riporta incessantemente le loro opinioni tutt’altro che lusinghiere, ogni volta è una pugnalata.
Quando sono io a esprimergli i miei disagi la sua risposta è molto spesso minima e strettamente indispensabile, quando lui mi esprime i suoi il mio dovere è quello di creare il migliore dei mondi possibili per lui, consapevole che se fallissi dovrei affrontare la sua collera.
Il suo cavallo di battaglia? Ricordarmi le volte che mi sono tirato indietro di fronte alla sua intolleranza, dimenticando opportunamente quest’ultima. Il suo menefreghismo e le sue manie di attenzioni mi sono più che chiare.
Mi rendo conto del suo narcisismo, forse patologico (aiutami a capire, ti prego!), e di fronte all’ennesima lite, all’ennesimo “i miei problemi sono più importanti dei tuoi”, proprio qualche giorno fa lascio affogare la storia nei suoi insulti, dopo due anni (di cui solamente 8 mesi sono stati vissuti con una parvenza di decenza), consapevole che non si metterà mai una mano sulla coscienza e non tornerà mai indietro, come è già successo.
Le domande sono: che cos’è stata veramente questa storia? Chi è lui? E come faccio a togliermi dalla testa il pensiero che sarebbe stato o potrebbe essere possibile risollevare le sorti di questa relazione?
Grazie di cuore, un abbraccio,
R.
La risposta
bisogna parlare ancora di questa nuova voga lessicale, il narcisista, che ho capito a volte è normale e a volte patologico. Non so la differenza, ma quando ci mettono dietro quel “patologico” mi fa sempre ridere.
Dimmi chi, leggendo il profilo diagnostico, non ha mai amato un narcisista. Ammettiamolo qui tutti insieme: non erano loro i narcisisti, eravamo noi (perlopiù ventenni) segretamente felici di fare i Presidenti della Crocerossa. Sono un po’ i brufoli dei vent’anni, i narcisisti.
E allora parliamo proprio di noi, di come eravamo a vent’anni: fessi. Non c’è rimedio, non c’è salvezza. Già questo vorrei che ti mettesse l’anima in pace.
La vera identità del narcisista
Questi che definiamo narcisisti senza tema di ridicolo (sto parlando al di qua del diritto penale, ovviamente) sono una razza conosciuta e non così sofisticata. Se ti do del narcisista a me pare di farti complimenti, pare una turba vera, prendi subito a meritare diagnosi e cura. Vai a vedere meglio e sono i normali approfittatori, gli opportunisti. La gentaccia va chiamata con parole da venti centesimi.
È troppo esotico, narcisista, vi viene voglia di essere anche io un po’ narcisista. Un po’ decandente, un po’ Grande Gatsby. Già dicemmo che c’è qualcosa di grosso, quando dici narcisista. Sa di monumento. Narcisista. Sarà potente, il narcisista. Con quel titolo che si ritrova.
L’abbiamo già fatto, ma cerchiamolo di nuovo su google, il narcisista, per farlo scendere dal piedistallo. Anzi, per salirci noi (vedrai che narcisista tra qualche anno farà la stessa fine di ipocrita, chi è senza peccato?)
Come riconoscere il narcisista
1. Il narcisista non è empatico. L’empatia è una strana bestia. Molto selettiva. Puoi essere solidale con le attrici del metoo, essere solidale col paguro bernardo che si estingue nei fondali del Mediterraneo e non essere molto empatico con uno che ti ama. Detestabile, ma legittimo. L’empatia è per legge solo in certi casi. Fuori dall’omissione di soccorso, (quasi) liberi tutti.
2. Il narcisista odia le manifestazioni di disagio emotivo altrui. E quindi c’è qualcuno che le ama? Che vagamente le sopporta? Ditemi un crollo emozionale intelligente come si fa e comincio anche io.
3. Il narcisista ha manie di grandezza. Siamo tutti sul pendolo tra carenze drammatiche di autostima e i quindici minuti di mitomania al giorno. Non siamo più operabili. Diagnosi collettiva.
4. Il narcisista ti ricatta psicologicamente. Chi non ha mai fatto un ricatto psicologico scagli la prima pietra.
5. Il narcisista si interessa solo dei propri sentimenti. Qui non si trova neanche la prima pietra.
Il PdCR
Lasciamo perdere il narcisista e curiamoci noi, R.
Vediamo chi è il PdCR, il Presidente della Crocerossa.
a) Accudisce. È sempre bello accudire, fa sentire fondamentali e
b) si nobilita da sé: guarda come sono comprensivo, sono o non sono tra gli ottimati della società?
Solo per dire che anche il PdCR non se ne va a mani vuote, caro R.
Davanti a questo disturbo, il nostro, la voglia di accudimento, la classificazione è trina:
Accepter. Quelli che così è la vita, vediamo che ne viene. Si sono rassegnati al primo fatto: che esistano i profittatori, i velenosi e che sia possibile innamorarsene.
Poi si sono rassegnati anche al secondo fatto: che curare è toccato a loro. Sono onesti con sé stessi e riconoscono il proprio stato di minus habens: se non ho abbastanza forze per andarmene, meglio usare quelle che ho per restare.
Sufferer. Hanno capito e ci stanno male. Perché ti amo, se è chiaro che ti faccio schifo? È un bel dilemma, poveracci. Fanno i Crocerossa senza provarci gusto.
Resister. Non solo hanno metabolizzato il carattere dell’animale, ma neanche più se ne curano. Stanno allegri, con certi sorrisi d’acciaio, mai disfattisti, mai nervosi, hanno dei caratteri al limite del disumano buono che certe volte pure il narcisista quasi s’innamora, da quanto sono solidi.
Conclusione
Finisce in due modi, R. Raramente il PdCR prende provvedimenti rapidi, come te, e drasticamente s’allontana (soluzione apprezzata da amici e psicologo e ammirata da tutti gli altri, tra cui me).
Il secondo è il metodo Crocerossa classico: rimane fino alla fine. Ci arriva quasi cadavere, ma alla fine si fa amare. Succede col tempo.
Il narcisista, che pure lui invecchia e frolla, sa che non troverà un altro suddito così devoto e quindi senza accorgersene s’affeziona alla servitù. Momento magico: il Crocerossa, appagato nella sua ambizione unica, l’ostinazione, fugge lontano lontano, fino ai confini dell’impero e così il narcisista (che torna più del cornuto) resta senza niente, a parte qualche visualizzato non risposto.
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