La pandemica Via Crucis di un Papa solo

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via crucis papa francesco
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Il sagrato di San Pietro semi deserto con una piccola, meravigliosa rappresentanza di bambini. Una grande luce nel buio pandemico.

Il sagrato di San Pietro, Venerdì Santo anno 2021. La pandemia di Covid-19 detta ancora le sue condizioni. Le persone presenti sono poche, rigorosamente a distanza e con le mascherine rigorosamente a coprire nasi e bocche. Poche persone ma tra loro vi è una piccola e straordinaria rappresentanza di una comunità meravigliosa: quella dei bambini. Immaginiamo il dispiacere di Papa Francesco nell’osservare lo splendido sagrato di San Pietro privato della sua naturale energia vitale: i fedeli.

Ma se in questi otto anni di pontificato abbiamo imparato a conoscere un po’ questo Papa, immaginiamo, allo stesso modo, la sua infinita gioia nell’osservare che una piccola comunità di bambini illuminava la comunità di fedeli presenti per la celebrazione della Via Crucis. Un’esigua comunità in rappresentanza di un popolo, quello dei bambini, che la pandemia sta sottoponendo ad uno sforzo inimmaginabile, difficilmente sostenibile e dalle conseguenze imprevedibili.

Le parole dei bambini, il pensiero di Francesco

Inizia la Via Crucis, inizia la narrazione dell’ultimo tratto di vita di Gesù ed inizia il racconto dei bambini, della loro Via Crucis quotidiana nell’anno della pandemia. Si succedono le stazioni, si succedono stati d’animo che lentamente conducono al buio dell’animo umano, rappresentato da una croce e dall’uomo che, a quella croce, è inchiodato. I bambini raccontano le loro storie, fatte di buone azioni e pensieri altruistici e se, qualche volta, sono stati un po’ egoisti, hanno compreso l’errore e, a quell’errore, hanno immediatamente posto rimedio.

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Quei pensieri, quelle voci, quei disegni, seguono una trama precisa, delineata chiaramente. Essere cristiani vuol dire essere un tutt’uno con l’altro, incontrarlo, porgergli la mano, sorridergli, entrare in comunione con lui. Quei pensieri, quelle voci, quei disegni sembrano un distillato teorico del pontificato di Papa Francesco. Quella scelta di prendere il nome del Santo di Assisi per il suo pontificato è il primo, fortissimo segnale di cambiamento. La Chiesa è nata povera, deve rimanere povera e tutto quello che possiede deve essere a disposizione degli ultimi, degli emarginati, di coloro che non hanno voce.

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Francesco, il Papa visto come un rivoluzionario

Questo pensiero papale così netto, così in contro tendenza alla tradizione cattolica, ha fatto sì che Papa Francesco appaia, alla parte conservatrice delle gerarchie ecclesiastiche e dei media, un rivoluzionario, un Che Guevara con dimora in Vaticano. Con Che Guevara Papa Francesco ha in comune il paese d’origine, la grande e splendida Argentina, e, soprattutto, un’innata idiosincrasia verso un potere che predilige i pochi a danno dei tanti. SeChe Guevara era una personalità scomoda, Papa Francesco è un Papa scomodo. Scomodissimo.

A quei bambini, a quei volti innocenti, che hanno un’intera vita da vivere, Papa Francesco vuole insegnare soprattutto una cosa: non accettare mai i soprusi, non rimanere mai passivi quando qualcuno, attraverso azioni deplorevoli o utilizzando parole vergognose, ferisce, mortifica, umilia le persone, soprattutto le più deboli e indifese. Papa Francesco sta seminando per riuscire a vedere i germogli di una Chiesa Nuova, Umana, Cristiana, ovvero una Chiesa che sia davvero l’immagine di Cristo in terra.

Il cammino è aspro, difficile, pieno di trappole. E quelle trappole sono disseminate ovunque. Tanti non amano Papa Francesco. Non amano il suo pensiero, non amano le sue rivoluzionarie aperture, non amano quel vento di rivoluzionario cambiamento che è entrato insieme a lui in Vaticano il 13 marzo 2013. Se Papa Francesco è tanto apprezzato anche da laici, agnostici o non credenti è perché vuole fare uscire la Chiesa dal buio morale in cui è sprofondata, attraverso un vero, autentico ritorno alle origini. 


Un ritorno che veda nuovamente al centro di tutto l’UOMO, Ogni Singolo Uomo.

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