Jim Carrey: «la mia nuova vita» (in un’autobiografia sui generis)

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“I am a lucky lucky man!”. Sono un uomo fortunato, anzi fortunatissimo! Non ha dubbi Jim Carrey, e via con quel sorriso immenso e la bocca che si allarga a elastico. Non so quante volte me l’ha ripetuto, nei primi 15 minuti della nostra conversazione: sta bene, ha trovato la pace.

Non ci vedevamo dai tempi di Scemo e + scemo 2, cinque o sei anni fa. Lui non è cambiato di una virgola, è rimasto sottile e pallido, lo stesso sguardo intenso che ti studia e poi, all’improvviso, esplode la sua risata, forse oggi più dolce e trattenuta.

THE MASK, Jim Carrey, 1994, © New Line/courtesy Everett Collection

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L’equilibrio ritrovato

Carrey prova a spiegarmi le ragioni del suo equilibrio esistenziale. «Ogni giorno imparo qualcosa di nuovo: sono attore, produttore, faccio commedia e dramma, sono un cartoonist e collaboro con il New York Magazine e Playboy, dipingo e ho persino un romanzo in uscita. Ecco, assaporo ogni ora della mia vita, ogni minuto della mia giornata». Nella vita e nel lavoro pare essere al centro di un allineamento cosmico di vibrazioni positive.

È felice, per esempio, di aver ripreso il suo ruolo in Kidding-Il fantastico mondo di Mr. Pickles, la serie comico-drammatica in cui nel ruolo del conduttore Jeff Pickles, un uomo sempre al bordo del baratro nervoso, esprime al meglio la sua malinconica disperazione esistenziale (il regista è lo stesso Michel Gondry che l’aveva diretto in Se mi lasci ti cancello).

SONIC, Jim Carrey, 2020. ph: Doane Gregory / © Paramount Pictures / courtesy Everett Collection

Bravo in tutti i ruoli

Il suo ultimo film, Sonic, basato sul popolare videogame in cui interpreta il geniale e folle scienziato Dr. Robotnik, aveva superato prima dell’emergenza sanitaria i 300 milioni di dollari al box office, e il quotidiano britannico Guardian sottolineava che Carrey nel film era «decisamente troppo bravo».

I tweet dell’attore, poi, sono seguiti da più di 18 milioni di persone, grazie anche alle caricature provocatorie e grottesche con cui si indigna contro un “Trump-Greedzilla” (da “greed”, avidità) con le sembianze di un mostro preistorico che terrorizza il mondo. Un cartoon di fine marzo raffigura il Presidente, a letto addormentato, telefonino in mano, che scorre un video della porno star Stormy Daniels mentre il coronavirus passa di soppiatto indisturbato. Sotto la striscia, la didascalia: «Il Presidente rassicura Wall Street in questi tempi di Covid-19 che può superare con grande successo enormi calamità».


THE TRUMAN SHOW, Jim Carrey, 1998

L’autobiografia

Il suo Memoirs and Misinformation, “ricordi e disinformazione”, una decostruzione coraggiosa e semi autobiografica della sua persona scritto per i tipi dell’editore Knoff, arriverà nelle librerie americane tra qualche mese. Scritto a quattro mani con il giornalista Dana Vachon, passerà in rassegna Hollywood, i privilegi e la solitudine della fama, amicizie, amori e cataclismi apocalittici. Insomma, un viaggio nella mente di un artista.

Giacchetta di pelle lucida marrone, camicia nera, agile e sorridente, i capelli corti e l’aria pulita, oggi Jim vuole che chi lo incontra veda un bravo ragazzo.

La comicità demenziale, la verve fisica e comica sono le caratteristiche dei film e dei personaggi che l’hanno reso famoso, da Ace Ventura: l’acchiappanimali a The Mask, a Scemo & più scemo. Come si crea e poi si ritorna a indossare nel tempo una simile maschera?

Seguo la mia musa, l’universo mi dà ispirazione (mi fissa dritto negli occhi). Se accade che mi vengano anche offerti  film seri, è perche il regista o lo scrittore trova in me la persona e la vibrazione giusta. Con Sonic poi avevo bisogno di farmi qualche risata, soprattutto dopo Kidding, che era dolore puro.

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Sembra avere ritrovato il ritmo, la fisicità virtuosistica e lo humor dark e rabbioso di un tempo.

Quella parte di me non mi ha mai abbandonato. Sono un ballerino della vita: non importa ciò che faccio, immagino sempre di fare capriole saltando i cespugli, nel mio cervello seguo passetti di danza (mostra con le mani movimenti coreografici). E mi chiedo: è possibile farlo? Io ci provo.

Anche nella vita reale?

Eccome. Quando preparo qualcosa da mangiare – ultimamente mi sono messo con impegno a cucinare – è un balletto, faccio piroette, giro su me stesso, poi ritorno in posizione (e mostra rapidi scatti), lancio la frittata in aria, e la raccolgo al volo, qualche volta finisce sul pavimento (ride), ma è una danza. Sono ritornato al movimento puro.

Alcuni dei personaggi che ha interpretato hanno una componente un po’ diabolica. C’è anche in lei?

Devi trovare te stesso in ogni personaggio che interpreti: se sei un assassino, è necessario scovarlo dentro di te. Il Dr. Robotnik l’ho trovato pensando che stiamo vivendo un’era in cui abbiamo sempre meno il controllo della nostra vita, le macchine prendono il sopravvento su tutto: l’auto si guida ormai da sola e forse, tra un po’ ti porterà direttamente al commissariato se prendi una multa per divieto di sosta…

SE MI LASCI TI CANCELLO, Kate Winslet, Jim Carrey, 2004, (c) Focus Features/courtesy Everett Collection

Ha recitato in commedie di straordinario successo, con autori prestigiosi, dipinge e pubblica cartoon in riviste importanti. Ora sta per uscire il suo memoir. Sta diventando più multitasking di un tempo?

Lascio via libera alla creatività, in qualsiasi direzione essa vada. Una volta temevo di lasciarmi andare, volevo concentrarmi su un’unica cosa, ora invece seguo l’estro del giorno, del momento: disegno una vignetta e se mi va inforco la bicicletta e pedalo come un matto attraverso Beverly Hills. Evviva! Magari mi immergo pure in una vasca di acqua gelida, così il mio corpo fa ciò che desidera e sente.

Questa è la felicità?

Posso solo dirle che ogni cosa mi bea e gratifica, ne apprezzo ogni istante; molto più di quanto mi capitasse in passato. Soprattutto apprezzo il lavoro di chi mi sta vicino, di chi realizza i film in cui recito, e apprezzo tutto quello che lei ha fatto per me, in questi anni, dico sul serio. Amo gli esseri umani e le cose che si possono fare insieme, mi crede? (è serissimo).

Mi dia qualche delucidazione in proposito…

Io lo chiamo il Reverse Big Bang (“Invertire il Big Bang”). Lei è la prima persona cui lo rivelo (ride). Un giorno – e non sto scherzando – l’ho provato fisicamente: ero accanto all’oceano e l’ho sentito condensarsi e penetrare nel mio orecchio come la punta di uno spillo. Qualcosa è in effetti successo nel mio cervello – shhhhssu – è entrato e ne è uscito come una nota musicale. Uuuuuuuhhh, ho registrato la nota, ho controllato la sua frequenza, era 758. In numerologia significa illuminazione, e ascesa a un livello superiore. Ma non penso affatto di averlo raggiunto, questo livello più elevato, perché poi mi capita di cadere, intorpidirmi di nuovo e poi risvegliarmi.

KIDDING, Jim Carrey, photo: Beth Corey Dubber / ©Showtime Network / Courtesy Everett Collection

Si sveglia e ricomincia da capo? Eccitante, ma estenuante…

Sì, vivo un susseguirsi di pisoli e risvegli, e credo fermamente nel sogno: ogni volta imparo qualcosa di nuovo e eccitante. E il mio romanzo… Lei penserà sia arrivato da un altro mondo, ma è tutto lì; io e la mia vita siamo lì.

Perché ripete che «niente è reale eppure è profondamente vero»?

Perché viviamo l’assurdo, come nell’universo di Joseph Heller o di Kurt Vonnegut, entrambi sempre con un occhio all’inconscio. Mi avvicino a certi spazi che mi offrono le risposte che ho inseguito da sempre. Anche questa è un’immensa fortuna.

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