Look da casa, i più belli della storia del cinema

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Talvolta, nella storia del cinema, i pigiami e le camicie da notte sono stati tanto iconici quanto gli abiti da sera più spettacolari.

Camicia over e gambe nude

Certo, il tubino nero di Colazione da Tiffany che sanciva il legame tra Audrey Hepburn e lo stilista Givenchy è indimenticabile; ma chi non ricorda la camicia da smoking, elegantissima e over, con cui l’attrice dormiva nel film? Quel look con tanto di mascherina turchese e tappi per le orecchie a nappina, in quanto a stile, non aveva nulla da invidiare all’impeccabile little black dress.


Anche Jane Fonda vestiva maschile in A piedi nudi nel parco: con un pigiama azzurro da uomo di cui indossava solo la parte sopra, lasciando le gambe nude in bella vista per Robert Redford. L’alternativa? Una felpa, scollata e over, da usare al posto del vestito, come in Flashdance.

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Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany (1961).

Il pigiamone

È sempre una certezza, soprattutto nei giorni più freddi. Consolatorio nei momenti di bisogno, se in pile morbido è come un abbraccio avvolgente a cui non rinunceremmo neanche per trasformarci da Bridget Jones nei suoi momenti più neri a Kim Basinger in 9 settimane e 1/2.

Renée Zellweger in Il diario di Bridget Jones (2001).

Sottovesti e babydoll

Proprio la sottoveste di Kim Basinger nel celebre film di Adrian Lyne, in effetti, è entrata nell’immaginario collettivo come simbolo di seduzione: semplice e bianca, nascondeva un paio di auto-reggenti in rete altrettanto candide. Nulla di più innocente. Come quella color carne di Gwynet Paltrow ne I Tenenbaum (2001). O il babydoll in seta a fiori chiari di Michelle Pfeiffer in Scarface (1983), con un top aperto davanti che oggi potremmo benissimo vedere addosso a qualche it-girl come pezzo forte di un look streetstyle.

Michelle Pfeiffer in Scarface (1983).

Vestaglie o abiti da sera?

Mentre ha un fascino vintage tutto suo l’abito lingerie, aderente e profilato in pizzo, di Maggie “la Gatta”: aka una Elizabeth Taylor super passionale che cerca di riconquistare il marito Paul Newman in La gatta sul tetto che scotta (1958).

Del resto, i look da casa più studiati erano proprio quelli di una volta. Quando le dive Hollywoodiane della Golden Age avevano la piega dei capelli sempre fatta ed elegantissime vestaglie che oggi verrebbero scambiate per abiti da sera. Bellissima quella in raso bianco di Lauren Bacall ne Il Grande sonno (1946), o il kimono di Marlene Dietrich in Shanghai Express (1932); per non parlare di quella in velluto rosso con cui Rossella O’Hara faceva impazzire Rhett Butler in Via col vento. Dei veri e propri cult.

Lauren Bacall ne Il Grande sonno (1946).

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