Penélope Cruz: «Da quando ho figli, le mie priorità sono cambiate»

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Avrebbe dovuto interpretare una regista determinata a riportare in auge una star del cinema per conto di un miliardario. Di Competencia Oficial-Official Competition, il film diretto dai registi argentini Mariano Cohn e Gaston Duprat e che avrebbe dovuto riunire Penélope Cruz all’amico Antonio Banderas, sono solo queste le poche notizie finora trapelate. Le riprese in corso a Madrid sono state interrotte a causa del diffondersi del coronavirus. Ma se Penélope ha due film per il momento in ghiacciaia (oltre a Official Competition, anche Love Child dell’americano Todd Solondz in cui interpreta la madre di un aspirante attore di Broadway con una insana ossessione per lei), potremo rivederla sul grande schermo nella prossima stagione, quando i cinema riapriranno, in Wasp Network di Olivier Assayas.
Penélope Cruz con Gael García Bernal in Wasp Network

Presentato in concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, questo film di spionaggio (adattamento del libro Os Últimos Soldados da Guerra Fria di Fernando Morais) racconta del rapporto teso tra Cuba e gli Stati Uniti negli anni ’90, ultimi focolai di una Guerra fredda che sembra non finire mai. Penélope Cruz interpreta la moglie di un pilota di aviazione cubano infiltrato, partito alla volta della Florida per combattere gruppi terroristici anti-castristi. Suo partner nel film è il grande amico Édgar Ramírez (con cui ha recitato nella serie tv American Crime Story: L’assassinio di Gianni Versace). Penélope incarna ancora una volta il personaggio di una donna forte, abbandonata dal marito che lei crede traditore della rivoluzione.

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Penélope Cruz Venezia

Penélope Cruz sul red carpet di Wasp Network a Venezia

La incontriamo a Parigi prima della sfilata Chanel Métiers d’art, al Grand Palais, e prima delle restrizioni imposte dal diffondersi del coronavirus. Ambasciatrice della maison Chanel, la star spagnola intrattiene con il marchio un rapporto importante, iniziato con Karl Lagerfeld e sfociato in maniera naturale nella collaborazione attuale con Virginie Viard, il nuovo direttore. Secondo il suo connazionale e amico Pedro Almodóvar, Penélope Cruz appartiene alla «famiglia delle grandi attrici mediterranee». Scalza, stretta in un trench di Chanel in pelle rossa, gusta fette di prosciutto Bellota che prende delicatamente con le dita. Minuta, le articolazioni sottili, il viso punteggiato di lentiggini, conserva un fascino da ragazzina. 

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Lei è amica della maison Chanel e aveva una speciale vicinanza con Karl Lagerfeld: come valuta il lavoro di Virginie Viard?
Penso che Virginie abbia saputo conservare l’essenza della maison, combinandola con il suo tocco personale. È molto moderna e profondamente Chanel. Per fare fronte a questa sfida, c’era bisogno di qualcuno di grande talento. E che si tratti di una donna, per giunta, è ancora meglio.

In Wasp Network lei interpreta Olga, una donna tradita, che resta sola a Cuba per convinzione politica e per crescere i propri figli. Come si è preparata per questo ruolo?
Per potermi calare nei panni di un personaggio cerco sempre di capirlo a fondo, pur senza condividerne necessariamente le scelte morali. Non mi chiedo mai se abbiamo qualcosa in comune, non è questo il punto. Olga è molto estrema nelle sue scelte, a differenza di me, tanto nella politica quanto nella vita. Per interpretare questo ruolo ho discusso molto della situazione politica dell’epoca con alcuni esuli cubani in Spagna e negli Stati Uniti. E anche con il mio insegnante di dizione, Pavel, che mi ha aiutata a lavorare sull’accento cubano, difficilissimo da padroneggiare! Abbiamo lavorato assiduamente per mesi, è una musicalità totalmente diversa da quella dello spagnolo che si parla in Spagna. Più passa il tempo più mi specializzo nei diversi accenti! Per Escobar-Il fascino del male (Loving Pablo), in cui ho interpretato l’amante di Pablo Escobar, ho dovuto imparare l’accento colombiano. Per la serie in cui ho interpretato Donatella Versace, ho adottato un accento italiano con una sfumatura americana. Interpretare Donatella è stata una vera sfida, perché tutti conoscono il suo leggendario modo di parlare e il suo accento calabrese.

Penélope Cruz e Javier Bardem.

Penélope Cruz con il marito Javier Bardem


Lei è una delle poche attrici europee con un’eccezionale carriera internazionale. Quali sono i registi francesi che ama di più?
Adoravo Claude Chabrol, ci scambiavamo regolarmente messaggi con l’idea che un giorno avremmo lavorato insieme, ma purtroppo non è stato così. Sono stata a lungo ossessionata dal suo film L’Inferno, interpretato da Emmanuelle Béart (1994, ndr). Mi trovo bene in Francia, e poi ho avuto il privilegio di ricevere un premio César onorario nel 2019… Mi piacerebbe molto girare con Nicole Garcia, abbiamo in programma di incontrarci presto. L’estate scorsa ho lavorato a un film di spionaggio ad alto budget, 355, con la mia amica Jessica Chastain, e prossimamente sarò occupata con un altro film indipendente. Prima giravo quattro film all’anno, ma da quando ho figli rifiuto molti progetti, le mie priorità sono cambiate. Faccio solo un film all’anno, due al massimo, e scelgo le riprese più brevi, o quelle non troppo lontano da casa. Tutto ruota intorno alla mia famiglia. Il mio punto fermo è Madrid, dove vivo con mio marito, Javier Bardem, e i nostri figli, Leonardo e Luna. Anche quando ho vissuto a Los Angeles negli anni 2000, vi ho sempre fatto ritorno, è qui che abitano i miei cari, i miei amici, Pedro…

A Madrid ha partecipato con Bardem alla COP 25, la Conferenza internazionale sul clima. Che tipo di ambientalista è?
Nel mio piccolo cerco di cambiare abitudini, insegno ai miei figli a risparmiare l’acqua, a riciclare, a non comprare prodotti con imballaggi in plastica usa e getta, e così via. La crisi climatica è ovviamente uno dei problemi più impellenti in assoluto. Forse sono troppo ottimista, ma credo che stiamo assistendo a un’autentica presa di coscienza collettiva. I dati scientifici sono sotto gli occhi di tutti.

Harvey Weinstein è stato condannato a 23 anni negli Stati Uniti. In Francia, Adèle Haenel ha rotto un tabù con la sua confessione sconvolgente. Cosa pensa dei cambiamenti radicali in atto nel mondo del cinema?
Tutto questo mi tocca personalmente, è ovvio. Ma credo sia un errore parlare solo del ristretto ambiente cinematografico. Di abusi ce ne sono ovunque e tutti devono essere denunciati con forza. Insegnanti o infermiere, per esempio, non hanno necessariamente la stessa voce che possiamo avere noi attrici. Ecco perché faccio parte di Time’s Up, un’organizzazione che raccoglie fondi per le vittime di abusi. Il primo passo è quello di aiutare le persone a trovare il coraggio di parlare. Il secondo è quello di mettere a loro disposizione un avvocato per difendere i propri diritti. Al Festival di San Sebastián in Spagna (dove ha ricevuto un trofeo d’onore, ndr), ho parlato di violenza domestica, in particolare dei femminicidi, troppo numerosi nel mio Paese.

Ha dedicato il premio a Pedro Almodóvar…
Pedro mi ha offerto dei magnifici ruoli femminili. Nel suo ultimo film, Dolor y Gloria, ho interpretato sua madre, un grande onore! Per me è come un fratello maggiore. È sempre sincero, con lui non ci sono mai problemi e questo mi fa stare bene. Ci vediamo spesso a Madrid, parliamo di progetti cinematografici. Siamo sempre stati molto legati. Lo avevo capito prima ancora di incontrarlo, lo ammiravo così tanto! Quando ci siamo visti per la prima volta, era come se ci conoscessimo già… Io avevo 16 anni, mi disse che ero troppo giovane per recitare nei suoi film. E poi mi ha richiamata, per fortuna! È un creatore assoluto, scrive, dirige, monta, sogna le sue storie per mesi prima di realizzarle. Quando lavoriamo insieme mi chiede di essere vulnerabile, di lasciare da parte il mio ego, di partire da zero. Con Pedro bisogna essere come un blocco di argilla a cui lui dà forma e da rifinire insieme. E poi lui sa che non ho più paura di interpretare ruoli di donne mature. Allora mi dico: benvenuto il prossimo decennio!

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