L’altro giorno ho incontrato una persona che mi diceva “Dottore, dottore, sono brutta”, e in realtà non era vero, non era una donna particolarmente brutta, ma si vedeva brutta e in fin dei conti è questo quello che conta.
La signora mi dice “Ho visto in uno dei tuoi video che anche tu in passato avevi degli aspetti di te che non ti piacevano, come hai fatto tu a superare questa impasse?”
E allora, sulla spinta di questa domanda, cari amici, voglio condividere con voi 4 lezioni che mi sono portato a casa e che mi hanno aiutato nel tempo a convivere con dei difetti fisici nei quali non ci ritroviamo.
1. Imperfezione vs unicità
Il primo lo riassumiamo nella formula: imperfezione VS unicità.
A scuola, ad esempio, almeno dalle elementari fino al liceo, io mi sentivo brutto. Lo ero davvero?
Sinceramente non lo so, ma poco conta in realtà. Quando ti senti brutto ti muovi nel mondo come se lo fossi veramente, e poi attivi dei meccanismi strani per cui vai a trovare solo delle conferme a quella che è l’idea che tu hai nella testa.
Però è anche vero che ogni muro ha una crepa al suo interno e quella crepa è molto importante, perché è da quella crepa che può entrare la luce a illuminare la stanza.
Cosa significa tutto questo?
Che puoi vedere quel tuo difetto come un “handicap”, oppure puoi vederlo come un dono, come un’unicità tua che ti permette di distinguerti dagli altri. Tanto prima tu accetterai questa crepa come una parte della tua unicità, tanto più in fretta riuscirai a crescere su tutti gli altri fronti.
Quali?
Vediamoli con il prossimo punto.
2. Un limite ti obbliga a lavorare su tutto il resto
E in particolare sul fatto che un limite può essere un qualche cosa che ti facilita e ti obbliga a lavorare su tutto il resto.
Io a scuola sono sempre andato male. Ero lì, studiavo, ma non capivo, e quindi non riuscivo magari a farmi amici gli altri perché stare al mio fianco per loro “non faceva figo”, e ho dovuto inventarmi – proprio alla luce di questo limite – altri modi per stringere le relazioni.
E quindi magari io ero quello che ascoltava di più, o che faceva ridere di più le persone, o che le supportava. Ed ecco allora che grazie al mio presunto limite intellettivo mi sono visto obbligato a lavorare su altre competenze che se invece io fossi stato super intelligente, brillante e smart, non avrei mai sentito il bisogno di dover far crescere, sviluppare.
In soldoni, quindi, cerca anche tu di esplorare quali altre leve ci sono intorno a ciò che tu consideri essere un difetto e sulle quali tu appunto puoi concentrarti per provare a cambiare la situazione.
E questo perché occuparti di qualcosa è molto più utile di preoccuparti di quella stessa cosa.
Nel primo caso riesci ad attivarti per cercare di risolvere la situazione e voltare pagina, nel secondo invece non fai altro che subirla.
3. Impegnati a superare il tuo difetto
Terzo punto da considerare è l’impegno che investi nel cercare di superare quel difetto.
Certo, devi accettare che sei in un determinato modo, ma al contempo devi anche continuare a lavorarci per perfezionarti.
Se senti ad esempio di essere brutta, o brutto, puoi lavorare comunque sulla tua estetica, su come ti vesti, su come ti presenti, su come ti pettini. Ci sono diverse persone piuttosto brutte che però si tengono molto bene e quindi poi risulta anche piacevole stare al loro fianco e questo le valorizza.
Io ad esempio non mi sentivo intelligente, però continuavo a lavorare su di me per cercare di capire le cose, di semplificarle, e proprio grazie a questi sforzi nel cercare di semplificarle che poi, guarda un po’ il caso cosa ha voluto, sono qui a spiegare dei concetti di psicologia in veste di divulgatore.
4. Cerca il tuo mercato
La quarta ed ultima riflessione ha a che fare con il cercare il tuo mercato.
Ricordo a questo proposito una lezione che avevo fatto da allievo ancora in una scuola di psicoterapia nella quale il nostro professore raccontava di una ragazza molto bella che era andata in seduta da lui che si sentiva molto brutta.
Cercare di convincerla in quella situazione non serviva a nulla, perché più lui le diceva: “No ma guarda, sei bella, sei bella, bella”, più lei invece di sentiva brutta, brutta, brutta.
E allora il professore ad un certo punto le ha detto qualcosa del tipo: “Beh, signorina, in questo mondo è pieno di persone che hanno un gusto dell’orrido, lei non deve fare altro che cercare quel tipo di persone”.
Ora, benché ascoltata fuori dal contesto di terapia possa sembrare un po’ strana questa uscita io credo che racchiuda al suo interno – questa frase – un qualche cosa che riguarda un po’ tutti noi.
Dobbiamo cercare il nostro mercato, ovvero quel luogo, quello spazio, quelle persone capaci di valorizzare i nostri punti di forza di mettere invece in secondo piano quelli di debolezza.
Se ad esempio prendi una persona fisicamente molto brutta, ma da un punto di vista mentale molto brava ad ascoltare le altre persone, e la fai sfilare su una passerella di moda, probabilmente si sentirà molto a disagio, perché non stai mettendo a risalto le sue competenze.
Se invece la prendi e la metti a parlare, ad esempio, in banca allo sportello con i clienti, allora lei si sentirà molto più a suo agio e anche la sua autostima crescerà. E come all’interno di un circolo virtuoso, al crescere dell’autostima magari si prenderà poi anche più cura di sé stessa e magari diventerà anche più curata nell’atteggiamento e anche nel fisico.
Amici, queste erano le mie 4 riflessioni, ma sono curioso di sapere quali sono le vostre,
Come fate voi, come avete fatto a sopravvivere alle vostre imperfezioni fisiche? Aspetto di leggervi nei commenti sottostanti.
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L’articolo Sentirsi brutti: come diventare belli e accettare i propri difetti sembra essere il primo su Psicologo Milano.