Fase 2: l’ansia della nuova normalità e la paura di uscire (anche in vacanza)

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I danni causati

da questo lungo isolamento si vedranno con il tempo. Gli esiti, dicono gli esperti, si vedranno soprattutto a lungo termine, ma cominciano a farsi sentire. 

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Sindrome della capanna

Pur essendo ora nella Fase 2 e quindi in quella che ci dovrebbe proiettare, si spera, verso l’uscita dal tunnel, questi mesi di isolamento sociale forzato, hanno impattato in maniera molto forte sulle nostre vite da un punto di vista psicologico ed emotivo.

E quello che molte persone stanno sperimentando ha già un nome: gli psicologi la chiamano “sindrome della capanna” ossia lo stress eccessivo che assale alcune persone davanti alla prospettiva di lasciare la “sicurezza della propria casa” e tornare alla normalità di prima.


Paura di non farcela

Dopo mesi di quarantena, infatti, c’è chi vive con ansia la ripresa dei ritmi precedenti, per paura di non farcela o perché ormai ha sviluppato nuove abitudini. Le nostre case, con tutte le difficoltà, in questo periodo, sono diventate un rifugio, ci hanno tenuto al sicuro dal coronavirus. E ricominciare a uscire là fuori dove il mondo è cambiato, non è facile per tutti.

Inutile negare che siamo stati sottoposti a un evento eccezionale e decisamente molto stressante che, nel bene o nel male, ha modificato il nostro modo di comportarci. E il timore, più o meno accentuato, di uscire di casa, può essere una delle più comuni reazioni.

Diversi fattori entrano in gioco e alimentano la voglia di rimanere confinati. Primo fra tutti il rifiuto di vedere (e accettare) che i propri riferimenti sono mutati: uscire significa prendere atto di com’è cambiato il mondo che si conosceva: città semi deserte, negozi chiusi, persone con mascherina e guanti. La nuova realtà può disorientare.

Se a questo, si aggiunge che meno si esce di casa, meno voglia si avrà di uscire e che le certezze a livello sanitario non sono esattamente certezze, viene a crearsi un senso di inadeguatezza difficile da superare.

Ansia da mezzi pubblici

Una ricerca realizzata dalla società di consulenza strategica Nomisma in collaborazione con CRIF rivela che l’idea di prendere i mezzi pubblici spaventa il 41% della popolazione, mentre il 39% ha paura di avere contatti ravvicinati (a meno di un metro) con altre persone. Solo l’8% è totalmente privo di timori riguardo le prime uscite post quarantena. 

Le vacanze vicino casa

Si raffredda addirittura la voglia di vacanza: secondo quanto rivela un’indagine di Confturismo-Confcommercio in collaborazione con Swg, solo il 20% degli italiani vorrebbe fare le valigie appena l’emergenza sanitaria sarà conclusa.

La maggior parte, invece, più che ferie estive immagina una stagione di gite di pochi giorni vicino alla propria città.

Più della metà degli intervistati, il 57%, dichiara che, anche dopo la fine dell’emergenza, non si muoverà per fare una vacanza, mentre il il 32% dichiara che farà vacanze, ma di 2 o 3 giorni e senza allontanarsi troppo dalla propria residenza.

L’indagine rivela anche che, dopo mesi di lockdown, la priorità per gli italiani è quella di stare all’aria aperta e frequentare le persone che si amano. 

“Fogo” vs “Fomo”

E se qui da noi, questo nuovo fenomeno viene chiamato “sindrome della capanna”, negli Usa il nome usato è “FOGO” ovvero Fear of going out, in contrapposizione al più famoso e forse decaduto “FOMO”, ovvero la paura di perdersi qualcosa e che gli altri stiano facendo qualcosa di più bello di noi.

E così, sostituendo una fobia all’altra, ricominceremo e andremo avanti. Non si preoccupi, quindi, il governo di sottolineare che la Fase 2 non è un “liberi tutti”. La nostra mente lo ha capito fin troppo bene.

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