Con i più piccoli fare le previsioni sul futuro è particolarmente ostico, ma attenzione: è una buona notizia! La vita dei bambini parla per sua natura al tempo futuro, è protesa in avanti, è programmata per compiersi sorprendentemente, quindi gli adulti che in questo momento si stessero interrogando sui giovanissimi credo che complessivamente possano stare tranquilli: tra tutte le fasce evolutive coinvolte nell’attuale emergenza sanitaria, i piccoli sono coloro che possiamo immaginare se la caveranno meglio. Grazie alla loro plasticità, saranno in grado più di altri di integrare questa esperienza con il resto del loro romanzo personale. Certo, a patto di essere adeguatamente agevolati dall’adulto che non dovrebbe farsi trovare povero di parole ed emozioni per dare ordine a quanto sta accadendo: i grandi dovrebbero puntare le loro fiches sulla funzione di “reverie”, che conoscono bene le mamme dei lattanti. Si tratta della competenza di chi offre pensieri già pensati di buona qualità, per metterli a disposizione di chi è più piccolo e da solo non saprebbe fare l’operazione di mentalizzazione degli eventi.
Adulti, non potete controllare tutto
La lezione per gli adulti è quella di rivedere la loro ambizione (tanto alta quanto ingenua!) di gestire e controllare tutto: la vita capita nel bene e nel male, e questo spaventa più i grandi che i piccoli proprio perché i primi sono più rigidi e strutturati. Ora più che mai è come se fossero i nostri figli ad indicarci la via, che è quella dell’adattamento e, spesso dell’improvvisazione.
Vicinanza coi piccoli, distanza coi grandi
I genitori mi pare che loro malgrado abbiano toccato con mano come la relazione con i figli sia definitivamente spogliata degli elementi di sacralità e mistificazione tipici della nostra cultura: le famiglie sono fatte per volersi bene, ma a debita distanza e nei dovuti ruoli! Gli adulti non sono (più) solo madri e padri, ma professionisti, amici di altri, utenti di palestre e corsi, speriamo anche coniugi. Credo però che in quarantena siano tornati in contatto con le reali esigenze dei figli piccoli: fino ai tre anni di sicuro, ma poi almeno fino ai sei, quella di stare tanto “dentro”, rivolti sulla famiglia, con mamma e papà. Insomma, molto meno orientati sul “fuori” e gli stimoli esterni di quanto possano avere ritenuto le famiglie che hanno precocemente fatto debuttare i piccoli sulla scena sociale, per poi riprenderseli da grandi, in preda a mille paure spesso ingiustificate. Mettiamoci allora in tasca l’opportunità di riprendere contatto con i bisogni profondi dei figli: presenza per i piccoli, distanza per i grandi!
La nostra ricchezza? le relazioni
Ogni crisi contiene un’opportunità, anche questa conterrà del buono. Deve, contenere del buono. La responsabilità degli educatori sarà proprio valorizzarlo per potercene fare tutti qualcosa, e per me il pezzettino prezioso sarà il ritorno all’essenziale: l’attenzione per la presenza dedicata all’altro, su cui investire in relazione molto più che in cose da fare. Grave per noi e per i più piccoli, se scorderemo tutto senza avere imparato niente di come i rapporti siano la nostra più autentica forma di libertà.
E voi cosa avete imparato da questo periodo?
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