Claudia Rivelli, sorella della famosa attrice Ornella Muti, lo scorso 15 settembre è stata arrestata a Roma. Il capo d’accusa? Aver importato sostanze stupefacenti dall’Olanda “con cadenze trimestrali”. Claudia Rivelli ha patteggiato per un anno e cinque mesi. L’inchiesta che l’ha vista protagonista riguarda il traffico di droghe sintetiche. Queste venivano acquistate sul dark web e importate dall’estero. Non irrilevante è stato anche l’aiuto del figlio della donna in questo colpo.
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La Rivelli è stata accusata di aver importato sostanze stupefacenti dall’Olanda “con cadenze trimestrali”. Più precisamente, la sorella dell’attrice “importava vari flaconi di Gbl provvedendo a inviarne parte al figlio residente a Londra dopo averne sostituito confezione ed etichetta riportante indicazione ‘shampoo’ in modo da trarre in inganno la dogana”. Il Gbl è una sostanza subdola e pericolosa. Viene chiamata comunemente “Droga dello stupro” o “Droga dell’amore”.
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Claudia Rivelli è stata accusata non solo di importarla ma anche di inviarne parte al figlio residente a Londra. All’inizio la sorella della Muti ha provato a giustificarsi. Le sue parole sono state: “La droga la uso per pulire l’auto di mio figlio e per lucidare l’argenteria. Per me è una specie di acquaragia. Me l’ha fatto scoprire mia madre, che la utilizzava da vari anni: prima di morire aveva chiesto a mio figlio di ordinarla su internet, ma invece di un flacone ne sono arrivati due. Ha pagato lui, io non sono pratica“.
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Sorella Ornella Muti droga dello stupro. Claudia Rivelli ha patteggiato
Le parole di Claudia avrebbero potuto ingannare gli investigatori. Ma sono stati ritrovati alcuni messaggi su Whatsapp che hanno incastrato la sorella dell’attrice. Ecco le chat incriminanti con il figlio: “Pacco arrivato e nascosto“. Questo è stato l’inequivocabile messaggio della signora. Segue la risposta del figlio: “Fammi sapere notizie mano a mano, se no mi agito troppo fino a giovedì”. Riguardo questo fatto sul verbale dell’inchiesta si legge: “Il tenore delle chat WhatsApp e la circostanza che l’indagata camuffasse il reale contenuto delle spedizioni appaiono elementi oggettivamente indicativi della piena consapevolezza e della volontà di quest’ultima di realizzare condotte penalmente rilevanti”.