Neanche il Coronavirus è riuscito a frenare il sessismo nel 2020

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Il 2020 verrà ricordato principalmente come l’anno in cui è avvenuta la diffusione di un nuovo e sconosciuto virus letale che ha letteralmente stravolto le nostre vite. Tuttavia, da ben prima del 2020, in Italia e nel resto del mondo dilaga un virus altrettanto allarmante che non conosce distanziamento fisico di nessuna sorta: il sessismo. Questa piaga sociale affonda le proprie radici nelle fondamenta sostanzialmente patriarcali della nostra società e si declina in tante e pericolose sfaccettature. Il 2020, con l’avvento del Coronavirus, ha – si spera temporaneamente – messo in pausa tutte le principali attività che, da sempre, hanno scandito la vita terrena, ma il sessismo no. Non c’è DPCM che tenga, le discriminazioni, la violenza, le offese hanno continuato indisturbate a inquinare l’esistenza di donne e uomini che non rientrano in una visione tossica e machista del mondo.

La mercificazione delle donne

Ad aprire le danze ci ha pensato il buon vecchio Amadeus che, in qualità di direttore artistico della 70° edizione del Festival di Sanremo, ha riservato alle sue 10 compagne di viaggio lo stesso trattamento che un commerciante riserverebbe alla merce esposta in vetrina. Basti pensare che “Bellissima” è stata la key-word dell’intera conferenza stampa. Il conduttore, infatti, presentando con estrema superficialità le 10 donne che lo avrebbero accompagnato sul palco dell’Ariston, si è concentrato solo ed esclusivamente sulle loro doti fisiche, omettendo completamente il bagaglio di traguardi e competenze condotto fin lì da ognuna di loro.

Ma, nel 2020, la mercificazione del corpo femminile da parte della società non finisce certo qui. Una delle vittime più note è senza dubbio la cara e MINORENNE Greta Thunberg. Ci tengo a sottolineare la minore età della giovane ambientalista svedese per enfatizzare ulteriormente la volgarità e la gravità di ciò che ha dovuto subire. La sua immagine è stata infatti sfruttata per la realizzazione del nuovo logo aziendale di una nota compagnia petrolifera canadese. In particolare, l’illustrazione ritraeva Greta tenuta per le sue inconfondibili trecce, mentre subisce violenza da parte di un uomo. L’immagine, pur destando scalpore in ogni angolo del globo, è stata – come da tradizione – bollata in quanto goliardia e nessun provvedimento legale è stato preso nei confronti dell’azienda.

Ma non c’è da stupirsi che nel mondo accadano ancora oggi episodi di questo genere se consideriamo il livello delle opinioni espresse in diretta nazionale da un noto psichiatra italiano. L’esimio Raffaele Morelli, infatti, non si è fatto scrupoli nel sostenere a spada tratta una visione più che arcaica secondo cui una donna è tale solo nel momento in cui la sua femminilità viene ufficialmente riconosciuta e approvata dallo sguardo maschile. Dopo aver pronunciato frasi del calibro di “Se una donna esce di casa e gli uomini non le mettono gli occhi addosso, deve preoccuparsi perché vuol dire che il suo femminile non è in primo piano” e, a seguire “se il femminile viene soffocato, una donna perde la possibilità di realizzare la sua identità”, Morelli ha pensato bene di rincarare la dose attaccando la scrittrice Michela Murgia, che ne aveva precedentemente criticato le uscite, a suon di “zitta, zitta e ascolta”. Insomma, un encomiabile esempio di come, nel 2020, NON ci si dovrebbe assolutamente rivolgere non tanto a una donna quanto a un qualsiasi essere umano.

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50 sfumature di body-shaming

Tra le diverse sfaccettature di cui il fenomeno del sessismo è ricco assai figura senza dubbio anche il body-shaming. Forse vi starete chiedendo perchè questa pratica per cui il corpo di una persona, a prescindere dal sesso, è fatta oggetto di scherno e offese compaia in questa digressione, ma la ragione è presto evidente. Ripercorrendo i titoli di giornale del 2020, a esserne colpite sono sempre e solo donne. Coincidenze? Non credo. È il genere femminile, infatti, a dover sottostare a severi diktat estetici imposti da media e società, senza mai potersi arrogare il diritto di gestire la propria fisicità in maniera libera e autonoma. Il body-shaming, allora, non sarà per la parità dei sessi, ma è sicuramente un atteggiamento democratico e a finirne vittime sono indistintamente donne di tutti i tipi e di tutte le forme.

In particolare, nel 2020, è possibile evidenziare diverse sottocategorie del fenomeno: c’è il body-shaming post-partum che ha colpito in particolar modo l’attrice Blake Lively e l’influencer italiana Beatrice Valli. Entrambe sono state duramente attaccate sui social perchè hanno avuto l’ardore di non rimettersi prontamente in forma a distanza di pochi mesi dal parto. Un comportamento davvero inaccettabile, non c’è che dire.

C’è poi il body-shaming anti-age, di cui è possibile riportare l’esempio divenuto virale di Heather Parisi, La donna, ex ballerina di anni 60 e 4 volte madre, si è trovata a dover affrontare i commenti dei detrattori più nostalgici, incapaci di accettare la naturale comparsa dei segni del tempo sul viso della donna che preferisce invecchiare naturalmente piuttosto che sfoggiare una forma di bellezza manipolata e stereotipata.

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Alla mia personale lista si aggiunge poi anche il body-shaming disinformato, rivolto, ad esempio, a chi si occupa di informazione e non di spettacolo. A chi lavora con la testa e non con il corpo. Ne è esempio lampante Giovanna Botteri, giornalista impegnata, professionista encomiabile, lavoratrice instancabile, ma non abbastanza curata per non finire tra le grinfie della satira e degli haters sui social a causa dei capelli fuori posto durante gli aggiornamenti quotidiani sul Coronavirus come corrispondente estera in Cina.

Infine, abbiamo la variante più subdola di body-shaming, quella “all’inverso”. Si vedano i casi di Adele e Katia Follesa. Donne note, amate e a volte aspramente criticate per le loro forme “burrose”, attaccate anche quando queste forme da burrose sono passate a sinuose per motivi su cui nessuno, tranne le dirette interessate, ha il diritto di sentenziare. Dunque, cosa ci insegna questa digressione? Che, – parafrasando il capolavoro sempre verde di Antoine – qualunque cosa fai, se sei donna, sempre pietre in faccia prenderai.

Sessismo e politica: un binomio (im)perfetto

Anche la politica è un terreno insidioso per le donne. Forse più degli altri. Da sempre appannaggio di una maggioranza maschile, fatica ad accogliere e a dare credibilità a chi, per tradizione, è stato erroneamente definito il sesso debole. E così accade che, nel 2020 e nel bel mezzo di un intervento, una consigliera regionale, nella fattispecie Monia Monni, venga zittita da un avversario politico del sesso opposto a suon di “stai bona”. Anche in questo caso assistiamo all’ennesimo atteggiamento aggressivo di un uomo che vede sgretolarsi sotto ai piedi le fondamenta patriarcali su cui aveva adagiato comodamente tutta la propria esistenza.

Mascolinità tossica: quando il sessismo tocca anche gli uomini

Ma il sessismo non miete vittime soltanto tra le donne. Anche gli uomini posso cadere nella rete di questo atteggiamento nocivo e profondamente sbagliato. Ne sanno qualcosa Fedez e Ghali. Il primo finito nel mirino degli avvoltoi social dopo aver postato una foto della propria manicure. Il secondo, oggetto dei commenti omofobi da parte del collega Gue Pequeno, che lo ha definito addirittura “un fake della musica” per aver sfoggiato con grande orgoglio un elegantissimo completo rosa. Critiche che, per l’ennesima volta, ci pongono di fronte a un problema tanto subdolo quanto ignorato, dannoso per gli uomini così come per le donne: la mascolinità tossica, causa primaria del sessismo. Sebbene se ne parli poco, anche gli uomini devono piegarsi a diktat comportamentali che ne confermino il livello di virilità. Non ti piace lo sport? Non sei un vero uomo. Ti capita di commuoverti? Non sei un vero uomo. Ti vesti di rosa o ti metti lo smalto? Forse che sei gay? E altre 1.000 diavolerie con cui gli uomini vengono incasellati a seconda dei propri gusti e inclinazioni in una scala immaginaria che va da “effemminato” a “uomo alpha”. Un sistema che nel 2020 non solo non ha senso di esistere, ma va scardinato dalle fondamenta in un’ottica di maggiore inclusività.

Revenge porn e il double standard di genere

Ma sessismo è anche assistere ai double standard a cui sono sottoposti uomini e donne in base al proprio sesso biologico. Prendiamo il caso di un ragazzo e una ragazza che, come coppia, decidano di riprendersi durante un atto sessuale. Lo decidono e lo fanno entrambi per motivi su cui – nuovamente – non spetta a noi speculare né esprimere giudizi e con un tacito accordo di fiducia reciproca. Accade, poi, che i due si lascino e il ragazzo decida “per scherzo” di condividere il video sulla chat del calcetto. Ma lui, dentro di sè, sa che questo non è uno scherzo ed è consapevole delle conseguenze a cui andrà incontro la ragazza. Un uomo presente nella conversazione riconosce nella giovane la maestra di scuola del proprio figlio e, invece di redarguire il compagno di squadra, inoltra il materiale alla moglie. La donna, a propria volta, non prende le parti della giovane, completamente all’oscuro del fatto che il video in cui è ritratta sia stato divulgato a terze parti senza il proprio consenso, ma pensa bene di minacciarla e mostrare tutto alla preside. La giovane si ritrova sola contro tutti e, oltre a subire umiliazioni e minacce, perde persino il lavoro, privata di qualunque forma di empatia e solidarietà femminile. Lui, invece, può camminare a testa alta. In fondo, ha fatto solo una bravata. Una bravata meglio nota come “revenge porn” che, dal 2019, in Italia è un reato punibile con la reclusione da uno a sei anni e una multa da 5.000 a 15.000 euro. E no, questo racconto non è frutto della mia fantasia, ma un fatto realmente accaduto sul finire di quest’anno in provincia di Torino. Un fatto emblematico per capire la sostanziale differenza di trattamento che spesso viene riservata a uomini e donne, a grande discapito di queste ultime, in tutti gli ambiti ma specialmente quando si parla di sesso. In fondo, si sa, gli uomini sono dei latin lover, le donne, invece, delle poco di buono.

Femminicidio: l’ultimo e terribile livello del sessismo

E, infine, il livello più estremo e atroce del sessismo. Quello a cui non si dovrebbe arrivare mai. Il femminicidio. Nel 2020, mentre il mondo sembra essersi fermato, la violenza di genere ha continuato indisturbata a mietere vittime tra le mura di casa. Quel luogo che per molti è un porto sicuro, per tanti altri si è trasformato in una prigione da cui è difficile uscire indenni, perchè colpisce indistintamente da ceto sociale, grado di istruzione o dato anagrafico e non si ferma di fronte ad alcuna regola di distanziamento sociale. È in questo contesto che sono morte 81 donne nel 2020 secondo gli ultimi dati diffusi dall’Eures. Un nome tra tutti quello di Lorena Quaranta. Studentessa di medicina 27enne, strangolata a mani nude dall’uomo che amava. Oggi Lorena ha ricevuto una laurea honoris causa, ma nessuno potrà mai darle indietro la sua vita. A lei, come alle altre donne uccise da coloro che, più di tutti, avrebbero dovuto proteggerle.


Quanta strada c’è ancora da percorrere?

E dunque, cosa si evince da questa riflessione? È evidente che la strada da percorrere per ottenere una maggiore equità ed estirpare i semi del sessismo sia ancora lunga e in salita, ma la consapevolezza è maggiore ed episodi come quelli sopra elencati non passano più – fortunatamente – in sordina. Nel nostro piccolo, ecco cosa possiamo e dobbiamo fare per raggiungere il prima possibile la meta: sensibilizzare, denunciare, far sentire la nostra voce, esigere il rispetto che meritiamo, inculcare i principi di equità di genere nelle nuove generazioni, sin dalla più tenera età, conoscere l’opinione delle persone di cui ci circondiamo e intavolare con esse discussioni che siano realmente costruttive sul tema, conoscere i nostri diritti in termini di giurisprudenza per imparare a farci valere al di là di umiliazioni e minacce senza fondamento. Insomma, trasformiamoci giornalmente nel nostro vaccino anti-patriarcato.

Fonte articolo Alfemminile

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Redazione MusaNews
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