Mascherine, dal fazzoletto al filtro: storia dell’accessorio essenziale per la nostra nuova vita

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«Da alcuni anni mi preoccupo che le gocce di liquido proiettate dalla bocca del chirurgo o dei suoi assistenti possano causare infezioni sulle ferite dei pazienti». Inizia così la lezione intitolata “Sull’uso della maschera durante l’operazione” del professor Paul Berger, chirurgo francese, davanti alla Società chirurgica di Parigi il 22 febbraio 1899. 

Quando è nata la mascherina

La mascherina, emblema dell’emergenza pandemica che ci ha catapultato in una dimensione che stiamo accettando piano piano, dopo averci detto che non serviva a nulla per mesi, ora è diventata addirittura obbligatoria per decreto. E sarà così probabilmente per lungo tempo. 

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Determinare con esattezza quando sono state utilizzate per la prima volta è difficile, ma qualche indicazione ce l’abbiamo. Intorno alla metà dell’800 l’igienista tedesco Carl Flügge dimostrò che la normale conversazione poteva diffondere dal naso e dalla bocca goccioline cariche di batteri  infettando la ferita chirurgica e confermando la necessità di una maschera per evitarlo.

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Già in uso nel Rinascimento

Ma già molto prima che la scienza medica comprendesse che batteri e virus possono fluttuare nell’aria e farci ammalare, le persone avevano improvvisato maschere per coprirsi il viso.


Lo racconta Christos Lynteris, docente presso il Dipartimento di Antropologia Sociale dell’Università di St. Andrews, esperto di storia delle maschere mediche. E porta l’esempio di alcuni dipinti di epoca Rinascimentale, in cui si vedono individui che si coprono il naso con i fazzoletti per evitare malattie.

La peste bubbonica del 1720

Ci sono persino quadri del 1720, che dipingono una Marsiglia epicentro della peste bubbonica, in cui i becchini trasportano corpi con una stoffa avvolta intorno a bocca e al naso.

Allora, però lo facevano per proteggersi dall’aria perché, all’epoca, si credeva che la peste fosse nell’atmosfera, emanata dal terreno. È comunque dal 1897 che i medici iniziano a indossare definitivamente in sala operatoria le prime maschere: grazie appunto al francese Paul Berger.

Dal fazzoletto al filtro

Insomma, per quanto sembrino un prodotto semplice, ci è voluto in realtà più di un secolo per creare questi dispositivi sanitari come quelli  di cui adesso abbiamo grande bisogno. Ma soprattutto per renderli realmente efficaci.

Le prime, infatti, erano poco più di un fazzoletto legato intorno al viso, e non erano in grado di filtrare l’aria. Più che altro, evitavano che il medico tossisse o starnutisse direttamente sulle ferite del paziente. 

Alle mascherine chirurgiche filtranti ci si arriva ancora più avanti: fu, infatti, una pestilenza scoppiata in Manciuria, quella che oggi conosciamo come la Cina del Nord nell’autunno del 1910 a far comprendere a un medico di nome Lien-teh Wu che l’unico modo per contenere il contagio diffuso attraverso l’aria erano delle mascherine filtranti. 

E così ne sviluppò un tipo di garza più dura e cotone, da avvolgere saldamente attorno al viso e a cui aggiunse diversi strati di tessuto per filtrare le inalazioni. La sua invenzione fu una svolta e, tra gennaio e febbraio del 1911, la produzione di mascherine respiratorie passò a numeri esorbitanti diventando essenziale nel contrastare la diffusione della peste.

La maschera N95 così come la conosciamo è stata approvata il 25 maggio 1972, e da allora la tecnologia ha permesso di migliorare sempre di più il prodotto, lasciando inalterato, bene o male il design, rimasto lo stesso del dottor Wu.

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