Le relazioni difettose – La nostalgia di un amore finito e la solita domanda: “Come sarebbe stato?”

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Voglio scrivere questo pezzo di vita perché l’ho raccontato poco credendo di non essere capita o semplicemente di essere ridicola.


Lo incontrai ad un matrimonio. Mi cercò il giorno dopo e mandandomi un messaggio iniziammo a scriverci.

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Conviveva da qualche anno con la sua compagna, ma a suo dire una storia ormai “alla frutta”. Ci credetti. Come fanno tutte le donne che ormai hanno deciso di buttarsi a capofitto in una storia d’amore.

I nostri messaggi… (solo quelli in 3 anni) erano diventati il sole durante le giornate grigie. Poi dopo qualche mese decidemmo di vederci.

Con il cuore a mille aprii la porta di casa e dopo aver preso un caffè insieme ci ritrovammo a fare l’amore dopo mezz’ora. Non era mai successo prima nella mia vita. Tutti i miei paletti morali caddero nel giro di un caffè. Ci siamo assaggiati, mangiati come se ci conoscessimo da tutta la vita.

Da lì in poi il tormento. Io mi sono innamorata subito del suo odore, le sue mani, del modo in cui mi sentivo fra le sue braccia…”a casa”, ma non era scattato tutto questo anche per lui.

Iniziò così la fase del oggi ci sono domani no. Dicevo basta, lui diceva ancora. Io ancora, lui basta. No cene, no passeggiate mano nella mano, no compleanni o Natale, ma solo tanta confusione.

Ci vedevamo circa una volta al mese… nel mio letto, due ore di assoluto legame anche senza fare l’amore, ma pelle a pelle credendo di essere stati creati per questo.

“Io sono fatto per stare qui” mentre mi abbracciava…poi ancora il nulla. Non ha mai lasciato la sua compagna ma non voleva nemmeno staccarsi da me.

Poi un giorno sparì come se non fossimo mai esistiti.. Mesi, anni, riassunti in queste righe…ma dentro al cuore una ferita mai rimarginata.

La mia vita è cambiata ad una cena tra amici dove ho trovato l’amore della mia vita. Quello vero che ti sceglie dal primo sguardo e ti fa capire cosa significa amare. Quello che non lascia dubbi e che ti fa riinnamorare di te.

A distanza di un anno eccolo di nuovo l’uomo sparito nel nulla. Doveva vedermi, salutarmi come avrebbe dovuto fare un anno prima.

Accettai, perché purtroppo avevo bisogno di capire molte cose. Chi va via così ti lascia il cuore gonfio di domande. Un caffè… in un bar finalmente. Seduti l’uno di fronte all’altro come non era accaduto nel tempo di quell’amore (amore?).

Un incontro magico… ma questa volta forte del fatto che qualcuno a casa mi sta aspettando. Non sono caduta ancora una volta nel suo imbroglio. Non lo farò mai più... ma il pensiero per lui è ancora oggi un indomabile rimpianto.

Perché volente o nolente il pensiero è “chissà come sarebbe stato”. Lui avrà sempre un posto nel mio cuore.
G.

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La risposta

Cara G.,

prima di tutto buon 4 maggio, è la fase due, l’inizio della semilibertà. Questa quarantena progressi non ne ha proprio portati, speriamo almeno riesca nell’impresa di separare l’essenziale dal non. Mi pare molto più visibile agli occhi, l’essenziale, ultimamente.

Passi da queste parti e porti la questione – molto ben brevemente posta – della nostalgia per un grande amore finito chissà perché. Porti sensazioni esotiche di mondi passati, malinconie rarefatte, Sofia Coppola e musiche di Antonello Venditti.

Di buono il tempo che passa ha poche cose, la faccia non è più quella di una volta, i capelli non ne parliamo, ma di sicuro la perdita dei vent’anni – verso i 35 – un miglioramento te lo garantisce: ti risvegli implacabile spirito pratico, qualcuno la chiama aridità, pessimismo, mancanza di tenerume, e invece la diagnosi è fausta.

I rimpianti sentimentali e altre emozioni dolenti e sognanti a un certo punto muoiono di morte improvvisa e mortale. Tutto coinciderà con una relazione di quelle ordinate e comuni, sai le relazioni con la r minuscola, quelle che durano senza epica e lacrime – le preoccupazioni si spostano dall’io ipersensibile al mutuo.

I puntini sulle i, dritti

Passato inesploso. È nostalgia, cazzate – quante volte sarà passato Philip Roth con questa frase per codeste rubriche? Venticinque? Quaranta? Tra poco questa citazione fa l’esame di maturità.


Già dicemmo che nostalgia è quando il passato non vuole passare. Preferendo altri punti di osservazione, la nostalgia è tempo libero, è un giorno di malumore come tutti gli altri. Nella vita minimizzare ed evitare l’analisi, sennò non si finisce mai. Vorremo mica metterci appresso a ogni pensiero che esce dalla stalla?

Volevo solo dirti che “Chissà” non è una parola seria, G. Non andiamo mica a finali alternativi. Ci pigliamo quello che ci danno, e senza troppe storie.

Però facciamo una pazzia, oggi. Andiamoci dietro, a questa ossessione. Leviamocela davanti, io e te, adesso. Ho il chiavistello della stanza dei segreti.

Non è così gravemente complicato e divinatorio, il “Cosa sarebbe successo se”. Anzi è facile. Basta chiedere a chi l’impresa l’ha fatta – per impresa intendo: soffrire, morire, dormire, riprovare, vincere ed essere acclamato tra i peana.

Definiamo vincere, però: quando il destino ti consegna innamorato a puntino il catorcio che ti piaceva come non ti piaceva nessuno, neanche tutto l’oro del mondo.

La risposta alla fatidica domanda

Scusa se parlo per certezze empiriche, ma ce le ho. Ero giovane, fui così fessa da partire per la crociata, uno spreco di settimane, mesi e poi interi calendari. E vinsi, e ci fu poco da vantarsi. Il nume mi mise a parte del (non così) grande segreto: la gente che ti piaceva tanto era perché la vedevi poco.

Chiedi a chi ci ha messo due, tre, dieci anni. Tutti piangono il tempo perso, nessuno il grande amore. Qualcosa vorrà dire.

E allora torniamo alla tua domanda. Per ogni “Come sarebbe stato?” la risposta è sempre “Niente di che”.

Tutte le lettere di Ester Viola

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