Il Coronavirus ha aggravato ulteriormente la condizione delle mamme

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L’Italia non è un paese per mamme. No, non si tratta del titolo di un film d’autore prossimo a uscire nelle sale dei cinema. È ciò che si evince da un rapporto redatto da Save the Children il cui titolo è di per sé già abbastanza eloquente: “Le equilibriste: la maternità in Italia 2020”. Divise costantemente tra lavoro, famiglia e casa, le donne italiane non potevano che guadagnarsi l’appellativo di equilibriste. Si tratta di un complimento volto a elogiare il nostro essere multi-tasking o una definizione che mette in luce i disagi comportati dall’essere mamme lavoratrici in Italia?

Una situazione già complicata prima dell’emergenza sanitaria

L’emergenza Coronavirus è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Un vaso, però, già colmo sul punto di straripare. Che se ne discuta in televisione, in parlamento o al bar, pare che la responsabilità di tutto, dalla gestione dei figli alla cura della casa, sia di appannaggio esclusivo delle donne. Basti pensare che, ancora prima che il COVID-19 colpisse il nostro Paese, il 31, 5 % delle donne disoccupate non cercava nemmeno lavoro per dare priorità alla famiglia, mentre, sempre per lo stesso motivo, il 28 % delle donne occupate è arrivato al punto di lasciare la propria attività. Percentuali destinate ad aumentare vertiginosamente in mancanza di provvedimenti adeguati atti ad arginare le terribili conseguenze che questo momento storico minaccia di comportare.


Il carico domestico è tutto sulle loro spalle

Con la chiusura definitiva delle scuole di ogni ordine e grado, il carico – già pesante – abbandonato sulle spalle delle donne si è ulteriormente aggravato. Dalle interviste condotte nel corso del report, 3 mamme su 4 affermano che per loro il carico di lavoro domestico è persino aumentato, non potendo più contare su aiuti esterni per l’accudimento di figli/e, anziani/e e persone non autosufficienti. E non pensiate che la DAD (didattica a distanza) le abbia svestite per qualche ora dal ruolo di madri, permettendo loro di dedicarsi al lavoro senza distrazioni. Tutto il contrario. Il sistema di didattica a distanza non è così intuitivo come si crede e spesso esige la sorveglianza costante di un genitore che sia pronto a intervenire per aiutare i figli alle prese con modalità e protocolli a cui non erano né pronti né abituati. Un genitore che, il più delle volte, è di sesso femminile e si chiama mamma. A questo proposito, l’indagine su donne e cura in tempo di Covid condotta da Ipsos per conto della onlus WeWorld ha rivelato che il 60 % delle donne italiane ha dovuto gestire da sola tutto il carico familiare e il 63 % di loro è convinta che, finché gli istituti scolastici non riapriranno, la situazione rimarrà invariata.

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Famiglia o carriera? Una scelta apparentemente inevitabile

E così capita ancora che le donne siano poste di fronte a una scelta drammatica e apparentemente inevitabile, una scelta che raramente riguarda gli uomini, o meglio, i papà. Famiglia o carriera? Perché, non illudiamoci, non è così scontato che in Italia sia possibile soddisfarle entrambe. “Scusi signorina, ma lei non avrà mica intenzione di rimanere incinta, non è vero?” e altre mille domande illecite e discriminanti che numerose donne riportano di aver ricevuto durante i colloqui di lavoro, per cui non resta loro che figurarsi due soli possibili scenari futuri: la casalinga disperata e insoddisfatta, privata di qualsivoglia autonomia economica, oppure la donna in carriera fredda e calcolatrice che ha in mente soltanto i soldi. Una via di mezzo sembra essere interrotta per lavori in corso e, in attesa che qualcosa si smuova, l’Italia resta uno tra i paesi con il più basso tasso di occupazione femminile e il più alto tasso di povertà tra le famiglie con figli minorenni, una diretta conseguenza della concentrazione di famiglie monoreddito registrata nel nostro Paese.

A questo proposito, Antonella Inverno, responsabile delle politiche per l’infanzia di Save the Children, esorta le istituzioni a elaborare “un piano straordinario per l’infanzia e l’adolescenza” altrimenti le famiglie si sentiranno abbandonate e le responsabilità cadranno nuovamente solo e soltanto sulle donne. In mancanza di servizi per la primissima infanzia, molte di quelle impiegate nei settori in cui è richiesta la presenza fisica potrebbero decidere di non tornare al lavoro, mentre le lavoratrici che possono continuare procedere in smart-working rischiano di essere ulteriormente oberate da un sovraccarico di doveri professionali e domestici, che si mescolano senza alcuna pietà. Condivisione dei compiti con il proprio compagno o marito: non pervenuta. Tempo libero per il benessere personale, neanche a dirlo.

Insomma, la strada per la parità dei sessi con annessa equa divisione dei compiti è ancora in salita. Per le donne, però.

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