Sono un grande amante del mare, ne ho attrazione e paura.
Al tempo stesso non ho la predisposizione per la disciplina velica, per approfondire tutte le procedure, le necessità, i doveri e le conoscenze che servono per governare le onde ed il vento.
Ci ho provato, ho frequentato un corso per la patente nautica ma nonostante il fascino ed un prof super mi sono fermato alla ricerca della direzione del vento.
Ma sono nato con Azzurra e sono cresciuto con il Moro di Venezia, il baffo di Paul Cayard, le notti passate a vedere uno sport del quale sapevi di non sapere nulla.
Poi è arrivata Luna Rossa, che non ha creato una passione ma ha consolidato una voglia di vedere la Vela con spirito agonistico e non solo paesaggistico.
Ci ha fatto soffiare, cazzare e strambare sul divano rendendoci orgogliosi.
Poi, nonostante un altro tentativo di rinforzare la presenza non anglosassone con Mascalzone Latino, ci siamo un po’ persi per strada e quelli che prima consideravamo investimenti ci sono sembrati sempre di più soldi persi nell’oceano.
Ma questa evoluzione è sempre stata accompagnata da una grande curiosità ed attrazione verso le dinamiche sportive, gestionali, verso i ruoli di uno staff che deve sapersi coordinare per competere.
E come in formula 1 ingegneri, meccanici, timonieri, manager, tutti hanno un ruolo determinante per creare e sviluppare un’imbarcazione competitiva e strategie che, condizionate dal meteo e dal mare, possono cambiare in pochi secondi.
Dietro una gara c’è un lavoro clamoroso.
E se il livello competitivo è di spessore lo è stato di pari passo con la crescita tecnologica delle barche che oggi sono vere e proprie fuoriserie che presentano un mix tra trimarani ed aerei.
E questo superamento di schemi tradizionali, sia sportivi sia strutturali, che hanno puntato su un nuovo schema di gara e su modelli comunicativi da videogioco si è rivelato una vera e propria figata.
La velocità in tempo reale, le traiettorie virtuali, gli audio di gestione di comunicazione dello staff e la linea di volo tutto presentato con timone, scafo, vele e abbigliamento avveniristico e futuristico ha reso tutto più incredibilmente più accessibile nonostante praticamente non lo sia.
Il prodotto sportivo si è sommato con il prodotto televisivo e il risultato è stato oltre che di valore anche di grande interesse.
Continueremo a non capirci nulla di come e quando virare, continueremo a chiederci perché una vela debba chiamarsi come una squadra di calcio (Genoa) ma quando accenderemo la tv resteremo qualche minuto in più a vedere fluttuare sull’acqua qualcuno per il quale tiferemo anche un po’.
L’articolo Coppa America, una figata! proviene da Nati Sportivi.