Cinema, in Svezia e Danimarca riaprono i set. L’Italia? Aspetta Tom Cruise

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Nessuno dubitava che i primi sarebbero stati loro. Gli intrepidi nordici, gli audaci scandinavi, i promotori della convivenza con il virus con negozi e bar aperti, i fautori del lockdown soft. In Svezia e Danimarca i set di cinema e tv sono stati riaperti, avvisa Variety, previa l’implementazione di un codice di prevenzione dell’infezione Covid-19.

The Square, il film svedese di Ruben Östlund, vincitore della palma d’oro a Cannes nel 2017.

Le linee guida sono raccolte in un documento intitolato Nordic Film Guide, compilato in base alle informazioni raccolte da enti governativi dalla compagnia di produzione Hobby Film che si occupa principalmente di pubblicità (tra i suoi clienti H&M, Netflix, McDonalds e Heineken).

Se i livelli di sicurezza saranno garantiti (e lo si vedrà nelle prossime settimane) il modello scandinavo potrebbe rappresentare un laboratorio per tutti, da Hollywood a Cinecittà.

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Le regole svedesi

Queste le regole: la Svezia – dove non sono state imposte restrizioni drastiche per combattere la pandemia (scuole, ristoranti e luoghi di lavoro sono rimasti aperti) – darà l’ok per riprese con un massimo di 50 persone presenti sul set, mentre la Danimarca, che dal 16 marzo aveva introdotto provvedimenti più severi per frenare la diffusione del virus (scuole, uffici, negozi, ristoranti e teatri chiusi), ha dato il via alle produzioni cinematografiche già dal 14 aprile.

Per garantire il distanziamento sociale, le produzioni dovranno avere “troupe più snelle e una pianificazione rigida” si legge nella Nordic Film Guide, dove si prevede nonostante tutto un calo della produttività di circa il 10%.

Malncholia del danese Lars von Trier (2011)

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Poca gente, tanto spazio

Per le riprese in interni, “ogni persona in qualsiasi momento dovrà avere a disposizione quattro metri quadrati“, mentre le scene di massa sono fuori discussione. In compenso, ed è uno degli articoli più interessanti del codice di regolamentazione: “non esistono disposizioni ufficiali per quanto riguarda baci, scene di sesso e scene che richiedono a un attore di toccare il viso di un altro”. Ma è saggiamente sconsigliato di coinvolgere attori “a rischio di malattie gravi” e quelli sopra i 70 anni.

Video casting

Il casting infine verrà eseguito in remoto tramite videoconferenze o attraverso file inviati dagli attori. La Svezia permette anche di effettuare riprese in luoghi pubblici, mentre la Danimarca preferisce valutare caso per caso. Vita grama comunque per chi si appresta a fare film in questo periodo: niente catering e tanto meno buffet, solo mono porzioni, ma in compenso mascherine disponibili per tutti.

E l’Italia?


Tom Cruise in Mission: Impossible.

E in Italia? La più grossa produzione bloccata dall’epidemia, Mission: Impossible 7, Tom Cruise protagonista, se tutto va bene potrebbe riprendere in giugno, scrive Variety. Ma molte sono le incognite. In America in questo momento, studio, produttori e sindacati stanno cercando la quadratura del cerchio: come lavorare in un’industria che per sua natura non può permettersi di garantire il distanziamento? La Directors Guild of America qualche settimana fa ha nominato Steven Soderbergh, regista di Contagion (e quindi esperto in materia) alla guida di una task force che, con la collaborazione di epidemiologi ed esperti vari, dovrebbe pianificare la road map. Ma anche in questo caso sarà necessario stabilire nuovi standard. E non sarà un’impresa da poco. Basterà misurare la febbre a tutto lo staff? Fare i test per verificare chi ha gli anticorpi? Si favoleggia di isolare le troupe e i cast dagli amici e dalla famiglia per tutta la durata delle riprese in modo da creare un ambiente “sterilizzato”.

Tom Cruise (Photo by Emmanuel Wong/Getty Images for Paramount Pictures)

Controllo con privacy

Ma tutto questo andrà fatto nel totale rispetto della privacy di ognuno: per nessuna ragione infatti sarà possibile rivelare il nome di chi è stato infettato. Senza contare che le assicurazioni giovano un ruolo cruciale in America e nel cinema in particolare: uno dei problemi di più difficile soluzione sarà quella della “responsabilità”. Se un attore o un membro della troupe prende il virus, i produttori e gli studio sono legalmente perseguibili? Il rischio zero, obiettivo di ogni produzione hollywoodiana, ormai è una chimera. E se il nodo delle assicurazioni si riuscisse a sciogliere, resta l’osso duro dei sindacati.

Il costo dell’operazione

Troupe ridotte e distanziamento=più tempo necessario per girare i film. I produttori già prevedono di limitare il numero di ciak per accelerare le riprese, cosa che dispiacerà tanto ai registi, come agli attori e di scaglionare e accorciare le pause pranzo, cosa che irriterà i macchinisti. Saranno necessarie trattative e nuovi accordi andranno stilati. Intanto Tom Cruise che farà? Per Variety, che cita insider agli studio, “molte produzioni in corso verranno riconfigurate per girare interamente negli Stati Uniti. Mission: Impossible 7 potrebbe dover fare a meno del capitolo italiano”.

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