Chi non può controllarsi, dovrà obbedire, secondo Nietzsche

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dominare se stessi

“Chi non sa comandare a se stesso deve obbedire”, scriveva Nietzsche. E aggiungeva “più d’uno sa comandare a se stesso, ma è ancora molto lontano dal saper obbedire a se stesso”. L’autocontrollo, saperci dominare, è ciò che ci permette di dirigere la nostra vita. Senza autocontrollo siamo particolarmente vulnerabili a due meccanismi di manipolazione e dominio: uno si verifica al di sotto della soglia della nostra coscienza e l’altro è più esplicito.


Chi ti fa arrabbiare, ti controlla

L’autocontrollo è ciò che ci permette di rispondere piuttosto che reagire. Quando siamo in grado di controllare i nostri pensieri ed emozioni, possiamo decidere come rispondere alle circostanze. Possiamo decidere se una battaglia vale la pena di essere conbattuta o se, al contrario, è meglio lasciar perdere.

Quando non siamo in grado di controllare le nostre emozioni e i nostri impulsi, ci limitiamo a reagire. Senza autocontrollo, non c’è il tempo necessario per riflettere e trovare la soluzione migliore. Ci lasciamo semplicemente andare. E spesso ciò implica che qualcuno ci manipolerà.

Infatti, le emozioni sono stati molto potenti che dinamizzano il nostro comportamento. La rabbia, in particolare, è l’emozione che più ci spinge ad agire e che ci lascia il minor spazio di riflessione. La scienza ci rivela che la rabbia è l’emozione che identifichiamo nel modo più veloce e accurato sui volti altrui. Rivela anche che la rabbia cambia le nostre percezioni, influenza le nostre decisioni e guida il nostro comportamento, andando oltre la situazione che l’ha originata.

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Sulla scia degli attacchi dell’11 settembre, ad esempio, quando i ricercatori della Carnegie Mellon University indussero sperimentalmente uno stato di rabbia nelle persone, scoprirono che questa influenzava non solo la loro percezione del rischio rispetto al terrorismo, ma anche le loro percezioni su eventi quotidiani come prendere l’influenza e le loro preferenze politiche.

Quando siamo arrabbiati, le nostre risposte sono prevedibili, quindi non è un caso che gran parte della manipolazione sociale a cui siamo sottoposti si basi sulla generazione di emozioni come la rabbia e gli stati che spesso la accompagnano, come l’indignazione e l’ira. Infatti, i contenuti con il maggior potenziale di diventare virali in Internet sono quelli che generano rabbia e indignazione. I ricercatori della Beihang University hanno scoperto che la rabbia è l’emozione più diffusa nei social network e ha un effetto domino che può portare a pubblicazioni piene di rabbia fino a tre gradi di separazione dal messaggio originale.

Quando reagiamo spinti esclusivamente dalla rabbia o da altre emozioni, senza averle filtrate attraverso l’autocontrollo, siamo più suggestionabili e più facili da manipolare. Naturalmente, quel meccanismo di controllo si verifica solitamente sotto il livello di coscienza, quindi non siamo consapevoli della sua esistenza. Per disattivarlo basterebbe fermarsi un secondo prima di reagire per riprendere il controllo a cui fa riferimento Nietzsche.

Se non hai le idee chiare sul tuo percorso, qualcuno lo deciderà per te

“Non tutti vogliono portare il peso di ciò che non è ordinato; ma fanno le cose più difficili quando glielo ordini”, diceva Nietzsche riferendosi alla tendenza abbastanza diffusa a fuggire dalle nostre responsabilità e lasciare che gli altri decidano per noi.

Sviluppare l’autocontrollo significa anche riconoscere che siamo responsabili delle nostre azioni. Tuttavia, quando le persone non sono disposte ad assumersi tale responsabilità, preferiscono lasciarla nelle mani degli altri, in modo che siano loro a decidere.

Il processo iniziato l’11 aprile 1961 a Gerusalemme contro Adolf Eichmann, tenente colonnello delle SS naziste e principale responsabile delle deportazioni di massa che hanno posto fine alla vita di oltre 6 milioni di ebrei, è un esempio estremo dell’abdicazione del controllo.

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Hannah Arendt, una filosofa ebrea di origine tedesca fuggita negli Stati Uniti, scrisse quando si trovò faccia a faccia con Eichmann: “nonostante gli sforzi del pubblico ministero, chiunque poteva vedere che quest’uomo non era un mostro […] la spensieratezza pura e semplice […] fu ciò che lo predispose a diventare il più grande criminale del suo tempo […] Non era stupidità, ma una curiosa e autentica incapacità di pensare”.

Quest’uomo si considerava un “semplice ingranaggio  della macchina amministrativa”. Aveva lasciato che gli altri decidessero per lui, lo controllassero e gli dicessero cosa fare. Arendt se ne rese conto. Capiva che persone completamente normali possono commettere atti atroci quando lasciano che gli altri decidano per loro.

Chi sfugge alle proprie responsabilità e non vuole farsi carico della propria vita, lascerà che altri si assumano questo compito. Dopo tutto, se le cose vanno male, è più facile incolpare gli altri e cercare capri espiatori che esaminare la propria coscienza, intonare il mea culpa e lavorare per correggere gli errori commessi.

Il concetto di Übermensch di Nietszche va nella direzione opposta. Il suo ideale di superuomo è una persona che non risponde a nessuno tranne a se stesso. Una persona che decide seguendo il suo sistema di valori, ha una volontà di ferro e, soprattutto, si assume la responsabilità della propria vita. Quest’uomo autodeterminato non si lascia manipolare da forze esterne, tanto meno permette agli altri di dirgli come dovrebbe vivere.

Coloro che non hanno sviluppato un locus of control interno e non hanno sufficiente forza di volontà avranno bisogno di regole chiare che provengono dall’esterno e li aiutino a dirigere la loro vita. Quindi i valori esterni prendono il posto degli autovalori. Le decisioni degli altri guidano le loro decisioni. E finiscono per vivere la vita che qualcun altro ha scelto per loro.

Fonti:

Fan, R. et. Al. (2014) Anger is More Influential Than Joy: Sentiment Correlation in Weibo. PLoS ONE: 9(10).

Lerner, J. S. et. Al. (2003) Effects of Fear and Anger on Perceived Risks of Terrorism: A National Field Experiment. Psychological Science; 14(2): 144-150.

Hansen, C. H. & Hansen, R. D. (1988) Finding the face in the crowd: an anger superiority effect. J Pers Soc Psychol; 54(6): 917-924.

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