C’era una volta il Servizio Pubblico. C’era una volta una RAI di qualità, che offriva, oltre all’informazione, l’Approfondimento. Un approfondimento di qualità.
Lo spunto ce lo ha fornito la trasmissione di Enrico Mentana, andata in onda mercoledì 28 aprile alle 21. 30 su La7, dedicata alla presentazione dell’ultimo libro di Michele Santoro intitolato “Nient’altro che la verità”. Un libro complesso, articolato, dove al centro vi è una figura inquietante ed emblematica, quella di un killer della Mafia: Maurizio Avola. Dalle sue sconvolgenti parole che, in alcuni passaggi procurano un’indescrivibile senso di repulsione, si sviluppa, quasi naturalmente, un’analisi sul periodo delle stragi mafiose degli anni 90’.
Si ripercorrono sentieri dolorosi della nostra memoria, della nostra storia recente. Si riscoprono sentimenti che non possono essere dimenticati, perché non si possono dimenticare persone che hanno dato tutto loro stessi, fino alla morte, per lo Stato, in ossequio alle sue leggi. Già lo Stato. Una parola enorme, un concetto ai più sconosciuto. Cos’è oggi lo Stato? Chi sarebbe disposto oggi a morire per lo Stato? Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono il simbolo di uomini che sono morti come fedeli servitori dello Stato. Uno Stato che, però, li aveva lasciati colpevolmente soli.
Le stragi mafiose del 1992
Il dialogo tra Michele Santoro e Maurizio Avola, fatto di domande specifiche riguardanti la strategia stragista della mafia di quegli anni, ci consegna risposte di una crudezza e crudeltà lancinanti. Il quadro che viene fuori è agghiacciante. Alcuni lo sospettavano, molti lo hanno descritto in articoli o libri, quasi nessuno lo aveva mai raccontato in televisione in una maniera così chiara, basandosi sulle dichiarazioni di un uomo d’onore, ovvero di una persona che conosceva molto bene uomini e pensieri mafiosi.
Quelle stragi sono delle ferite ancora aperte, perché fino a quando non si comprenderà completamente chi ha voluto uccidere Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, se non si saprà con certezza se si trattò soltanto di un’enorme iniziativa mafiosa o se insieme alla mafia vi erano parti malate dello Stato, questo paese non crescerà mai. Lo dobbiamo a Fiammetta Borsellino, figlia di Paolo, presente in studio insieme a Mentana, e a tutti i familiari delle vittime delle stragi mafiose e terroristiche.
Dov’è finita la Vera RAI?
In tutto questo ventaglio di emozioni forti che riaffioravano ascoltando argomenti che ci riportavano indietro di trent’anni, una domanda nasceva spontanea: La RAI dov’è? Una volta trasmissioni come quelle di Enrico Mentana sarebbero andate in onda sulle varie reti RAI. La RAI non era soltanto semplice informazione, da Servizio Pubblico qual era, finanziato da tutti noi attraverso il pagamento del canone, offriva una merce oggi rarissima: l’approfondimento. Erano altri tempi e vi erano altri interpreti.
Sergio Zavoli, Enzo Biagi, Giovanni Minoli, Michele Santoro, Gard Lerner, Enrico Mentana, Bruno Vespa solo per citarne alcuni. Ognuno con il proprio punto di vista, destra, sinistra, centro, chi più estremista chi più moderato, ognuno poteva scegliere la fonte alla quale abbeverarsi, oppure, ed era la cosa migliore da fare, cercare di ascoltare tutti i punti di vista per crearne uno proprio, personale. Ma tutto ciò era possibile solo quando la RAI faceva davvero la RAI ovvero quando era Servizio Pubblico.
Ora i tempi si sa che cambiano, ma per quanto riguarda la RAI questo cambiamento non è sinonimo di crescita, ma di regresso. Se il Servizio Pubblico inizia a parlare di target, di budget siamo completamente fuori strada. In nome di questi concetti, che possono andare bene per una televisione commerciale, il prodotto finale è alquanto deludente. Vi sono alcune trasmissioni che, per essere gentili, possiamo definire improponibili, con presentatori impresentabili e contenuti discutibili, che non vengono viste se non da pochissimi telespettatori.
Una volta il motto della Vera RAI era “DI TUTTO DI PIU’”, oggi potrebbe essere “LO STRETTO INDISPENSABILE” e forse, per eccesso, non sarebbe nemmeno tanto veritiero.
Articolo di Stefano Vori