L’impatto psicologico della quarantena e come ridurlo: una rapida review delle evidenze

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The Lancet, 26 febbraio 2020

Articolo originale di Samantha K Brooks, Rebecca K Webster, Louise E Smith, Lisa Woodland, Simon Wessely, Neil Greenberg, Gideon James Rubin

La diffusione del Coronavirus, a partire da dicembre 2019, ha visto diversi paesi nel mondo adoperarsi per richiedere a coloro che sono entrati a contatto con il virus di mettersi in auto-quarantena in casa o di richiedere assistenza presso strutture dedicate alla quarantena. 

Ma cos’è la quarantena, nello specifico? Essa si riferisce alla “restrizione di spostamenti per persone che sono state potenzialmente esposte a una malattia contagiosa, per accertarsi che non si ammalino e per prevenire il rischio di infettare altri individui”. Quarantena è dunque diverso da “isolamento”, che si riferisce alla separazione di persone diagnosticate come affette da una malattia altamente contagiosa dalle persone non malate. Ciononostante, i due termini vengono spesso utilizzati in modo intercambiabile, soprattutto in comunicazioni fatte al pubblico (per esempio dai media). 


Le misure attuate ad oggi a causa della diffusione del coronavirus dalla Cina sono ravvisabili anche in situazioni analoghe risalenti ad anni passati, come ad esempio durante l’epidemia di SARS nel 2003, quando tali misure furono attuate in Cina e in Canada, oppure l’epidemia di Ebola nel 2014 che ha richiesto la quarantena di numerosi stati dell’Africa occidentale. 

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La decisione di proporre la quarantena agli abitanti di un paese dovrebbe basarsi sulle migliori evidenze scientifiche in merito, e questo perché la quarantena può essere un’esperienza altamente spiacevole per coloro che la vivono, soprattutto se pensiamo agli operatori attivamente coinvolti nella gestione dell’emergenza (infermieri, medici, operatori sanitari etc.). La presente revisione scientifica, dunque, è stata svolta per comprendere quale sia l’impatto psicologico della quarantena: bisogna infatti soppesare costi e benefici di una decisione così drastica come una quarantena di massa obbligatoria. Inoltre, l’OMS richiede questo tipo di revisioni scientifiche con lo scopo di raccogliere le più recenti evidenze sul tema e poter produrre linee guida per il pubblico. 

A partire da 3 piattaforme elettroniche (PudMed, PychINFO, Web of Science), sono stati selezionati 3166 articoli, di cui solo 24 inclusi nella presente revisione. Tra i criteri di inclusione, vi sono:

  • articoli di ricerca primaria;
  • pubblicati su riviste peer-reviewed;
  • essere scritti in inglese o italiano (lingue degli autori);
  • i partecipanti inclusi negli studi sono stati in quarantena al di fuori di contesti ospedalieri per almeno 24 ore;
  • inclusione di informazioni riguardanti la salute mentale, il benessere psicologico e/o fattori associati a disturbi psicologici.

 

L’impatto psicologico della quarantena

Gli articoli analizzati hanno considerato la quarantena imposta a seguito della SARS (2003), dell’Ebola (2014), dell’influenza pandemica H1N1 (2009-2010), della MERS e dell’influenza equina. Tra i dati più rilevanti della revisione scientifica, emergono i seguenti:

  • in diversi studi, si evidenzia come chi ha trascorso un periodo in quarantena, confrontato con persone non in quarantena, ha mostrato nelle settimane successive alla fine dell’isolamento sintomi di sofferenza psicologica, ansia e paura, irritabilità e nervosismo, tristezza, umore deflesso e depressione, rabbia e confusione, insonnia. Queste conseguenze appaiono particolarmente marcate per gli operatori che hanno lavorato direttamente con i contagiati; in questi casi, infatti, i soggetti mostravano stanchezza, distacco dagli altri, ansia nell’avere a che fare con pazienti febbricitanti, rifiuto di andare a lavoro. 
  • Rilevanti le differenze tra bambini in quarantena e non, con prevalenza 4 volte superiore di sintomi ascrivibili a un quadro di disturbo post-traumatico da stress; aspetti di tipo traumatico sono stati rilevati anche in una percentuale di genitori. 
  • Relativamente agli studenti universitari, non sono stati riscontrate differenze significative tra studenti in quarantena e non (forse per la giovane età dei ragazzi e le scarse responsabilità, se confrontate ad adulti lavoratori).
  • Alcuni studi hanno esaminato gli effetti a lungo termine, evidenziando che una percentuale di operatori sanitari mostrava alti sintomi depressivi anche dopo 3 anni.
  • Importante l’impatto sul comportamento, con particolare riferimento ad abuso di alcolici e dipendenze, e più in generale comportamenti di evitamento (luoghi affollati, persone che starnutiscono e tossiscono).

 

Predittori pre-quarantena dell’impatto psicologico

I dati rilevabili sui fattori pre-quarantena predittivi di un impatto psicologico negativo sono piuttosto eterogenei e talvolta discordanti. Interessante che gli operatori sanitari risultano la categoria che maggiormente risente di conseguenze successive alla quarantena, sperimentando vissuti di frustrazione, impotenza, solitudine, paura e ansia, tristezza, senso di colpa, e sintomi post-traumatici.

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Fattori di stress durante la quarantena

  • Durata della quarantena: gli studi mostrano che all’aumentare della durata della quarantena, peggiorano i sintomi di disagio psicologico, in particolare sintomi di stress post-traumatico, rabbia e comportamenti di evitamento. 
  • Paura di infettarsi: aumenta la percezione di sentirsi contagiosi, nonché l’allarme ad ogni minimo sintomo fisico collegato alla malattia, e questo aspetto può proseguire anche nei mesi successivi alla cessazione della quarantena. 
  • Frustrazione e noia: la reclusione, la perdita di una routine, la riduzione di contatti sociali e fisici con le altre persone sono condizioni frequentemente associate a noia, frustrazione e senso di isolamento.
  • Provviste e forniture utili insufficienti: le persone che dispongono di supporti primari inadeguati, come cibo, acqua, vestiti, presentano maggiore ansia e rabbia anche a mesi di distanza dalla fine della quarantena. Diversi studi, inoltre, hanno rilevato che nelle condizioni di emergenza dettate dai virus spesso la sanità pubblica non è stata in grado di fornire nei giusti tempi prodotti di prevenzione sufficienti, come mascherine e termometri, o beni di prima necessità, come cibo e acqua. Tali aspetti inficiano sensibilmente lo stato psicologico di chi è in quarantena. 
  • Informazioni inadeguate: ultimo punto, ma non per importanza, molti studi hanno rilevato come fattore di stress l’insufficienza di informazioni fornite da fonti sanitarie autorevoli, causando confusione sia rispetto alle linee guida cui attenersi e anche rispetto alle reali motivazioni e alla portata della quarantena stessa. Questa mancata chiarezza, infatti, ha portato molte persone a temere il peggio per la propria salute.

quarantena

Fattori di stress post-quarantena

  • Aspetti economici: il disagio legato alla perdita economica di coloro che si trovano a dover interrompere bruscamente la propria attività a causa della quarantena appare tra i più importanti fattori di rischio, con conseguenze a lungo termine in termini di salute psichica. In particolare, uno degli studi sulla SARS mostra come in Canada i soggetti con guadagno annuo inferiore a 40.000 dollari canadesi risentivano di disturbi post-traumatici e depressivi in misura nettamente maggiore rispetto al resto della popolazione. In tal senso, minori sono gli introiti di una famiglia, maggiore dovrebbe essere il supporto, per esempio garantendo ove possibile il lavoro in remoto da casa, oppure offrendo sussidi che coprano il periodo della quarantena. 
  • Stigma: il tema della stigmatizzazione rientra tra i fattori di stress; è stato osservato infatti che spesso le persone che hanno trascorso periodi in quarantena vengono emarginati ed evitati per qualche tempo dopo la fine della reclusione. Tale emarginazione viene mostrata attraverso comportamenti come: evitamento fisico, rifiuto di inviti sociali, paura e sospetto, fino a commenti critici. In paesi ad alta densità culturale tale situazione può accentuare lo stigma legato alle differenze etniche e religiose. Anche in questo caso, dunque, la diffusione di informazioni chiare e corrette sembra ridurre drasticamente il rischio di stigmatizzazione.

 

Cosa fare per limitare le conseguenze della quarantena

Di fronte a una diffusione massiccia di una malattia ad alto rischio, la quarantena può essere una misura preventiva necessaria. Tuttavia, come suggerito da questa revisione scientifica, vi sono numerosi effetti psicologici negativi di cui tener conto, soprattutto per quanto riguarda le ripercussioni a lungo termine. Questo vuol dire che nell’attuare tali misure restrittive bisogna tenere conto anche di questi aspetti.

In generale, la revisione scientifica condotta non mostra come predisponenti allo stress fattori socio-demografici particolari, seppur persone con una fragilità psicologica pre-esistente necessitino di maggiore attenzione e supporto. Un altro aspetto importante di cui tener conto è il supporto alla categoria degli operatori sanitari.

Cosa fare, dunque, nello specifico per limitare le conseguenze negative di una quarantena?

  • Limitare la durata della quarantena: posto che maggiore è la durata della quarantena, peggiori sono le conseguenze a livello psicologico, sembra ragionevole limitare la quarantena al periodo di incubazione della malattia, e non oltre, per minimizzare gli effetti sullo stato psicologico delle persone. Imporre una quarantena forzata per un periodo prolungato indefinito, com’è stato a Wuhan in Cina [e attualmente in Italia], può essere fortemente dannoso. 
  • Dare più informazioni possibili alle persone: la paura di essere contagiati o di contagiare, la percezione amplificata di sintomi somatici legati alla malattia, sono tutti aspetti facilmente riscontrabili in chi vive un periodo di quarantena. Tali aspetti, tuttavia, possono essere facilmente esacerbati dalle scarse e inadeguate informazioni fornite da fonti sanitarie pubbliche e autorevoli. Per questo una corretta circolazione di informazioni deve essere posta tra le priorità di una misura così drastica come la quarantena.
  • Fornire provviste e forniture utili: beni primari e risorse devono essere fornite il più rapidamente possibile, creando piani d’intervento mirati.
  • Ridurre la noia e supportare la comunicazione: isolamento e noia sono causa di sofferenza. Per questo risulta importante fornire a chi è in quarantena strumenti e suggerimenti pratici per affrontare e gestire tali stati emotivi. Tra questi strumenti, telefoni, reti sociali in remoto (come i social media), linee telefoniche di supporto psicologico, sono tutti strumenti necessari, e non “di lusso”. Poter comunicare con i propri familiari e conoscenti diviene essenziale in periodi prolungati di isolamento sociale. Tali misure contribuiscono a ridurre vissuti di isolamento, stress e panico. Importanti anche le linee telefoniche dirette fornite dai servizi sanitari, per coloro che nel periodo di quarantena sviluppano la sintomatologia legata alla malattia. Infine, gli studi mostrano che gruppi di supporto per coloro che hanno vissuto periodi di quarantena possono essere uno strumento molto utile, volto a condividere emozioni ed esperienze difficili legate all’isolamento.
  • Particolare attenzione agli operatori sanitari: il supporto da parte dell’Istituzione organizzativa in cui lavora un operatore sanitario è di fondamentale importanza per prevenire vissuti di colpa legati al non poter essere di aiuto ai colleghi, nonché per tutelare la salute mentale degli operatori stessi.
  • Altruismo v.s. compulsione: non ci sono studi che evidenziano le differenze tra la quarantena obbligatoria e quella volontaria. Ad ogni modo, rinforzare il messaggio che prevenire il contagio attraverso la quarantena aiuta a proteggere gli altri, soprattutto i più vulnerabili, e che le autorità sono grate a chi si attiene a tali misure preventive, aiuta a prevenire i problemi di natura psicologica, nonché ad aderire maggiormente alle restrizioni. Tuttavia, a tale condotta deve corrispondere un’adeguata informazione (come sottolineato sopra), soprattutto relativamente a come tutelare chi vive in casa.

 

Conclusioni

La revisione scientifica qui proposta evidenzia che le ricadute sulla salute mentale a seguito di misure restrittive, come la quarantena, possono essere vaste, considerevoli e a lungo termine. Ciò, tuttavia, non vuol dire che la quarantena non debba essere utilizzata, poiché i danni di una tale omissione sarebbero ben più gravi. Risulta però fondamentale che nel definire una misura così drastica siano tenuti in considerazione i risvolti psicologici, e, quindi, che siano attuate misure che rendano questa esperienza il più tollerabile possibile. Per riassumere, i punti fondamentali sono:

  1. fornire informazioni chiare: le persone in quarantena devo poter comprendere la situazione;
  2. è essenziale una comunicazione efficace e veloce;
  3. devono essere fornite le provviste necessarie (mediche e generali);
  4. il periodo di quarantena deve essere breve e la durata non dovrebbe essere modificata, se non in circostanze estreme;
  5. la maggior parte degli effetti negativi derivano dall’imposta restrizione alla propria libertà; una quarantena volontaria appare associata a minor sofferenza e a conseguenze a lungo termine più lievi;
  6. gli operatori della sanità pubblica dovrebbero enfatizzare la scelta altruistica dell’auto-isolamento.

Se l’esperienza della quarantena è negativa, le Istituzioni devono tenere a mente che le conseguenze a lungo termine influenzeranno non solo i singoli individui, ma anche il sistema sanitario e politico.

 

Traduzione ed editing a cura di Katiusha Hall  

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