In questi giorni è circolata la notizia che nella Politica agricola comune europea (PAC) potrebbe essere inserita anche la possibilità di realizzare un vino analcolico Docg o Igp, dunque certificato, allungato con acqua. Tante le reazioni di viticoltori e associazioni ma l’Ue smentisce.
Ad oggi in Europa non è permesso realizzare vino analcolico a denominazione protetta, ossia certificato come Dop, Igp, ecc. La Coldiretti alcuni giorni fa ha però fatto sapere che la nuova bozza di PAC, che si sta discutendo in questi giorni e che entrerà in vigore a gennaio 2023, vorrebbe consentire anche tale possibilità, permettendo tra l’altro di allungare il vino analcolico con acqua.
L’aggiunta di acqua sarebbe concessa così da pareggiare il volume iniziale del liquido che in parte si perde nel momento in cui si effettua il processo di “dealcolazione”. Dure le repliche a questa notizia:
“Togliere l’alcol dal vino ed aggiungere acqua è l’ultima trovata di Bruxelles per il settore enologico già sotto attacco con la proposta di introdurre etichette allarmistiche per scoraggiarne il consumo, previste nella Comunicazione sul ‘Piano d’azione per migliorare la salute dei cittadini europei. In questo modo viene permesso ancora di chiamare vino, un prodotto in cui sono state del tutto compromesse le caratteristiche di naturalità per effetto di trattamento invasivo che interviene nel secolare processo di trasformazione dell’uva in mosto e quindi in vino. Un inganno legalizzato per i consumatori che si ritrovano a pagare l’acqua come il vino” scrive Coldiretti Giovani in una nota.
Si era scatenata già una bufera quando l’Agi, riportando quanto dichiarato da una fonte interna al Parlamento Europeo, ha smentito :
“la proposta della Commissione Europea non contiene alcun riferimento all’aggiunta di acqua nel vino”.
Naturalmente la possibilità di estendere le etichette di denominazioni come Dop e Igp ai vini dealcolati è un argomento che viene effettivamente trattato nel testo della PAC ed ha una certa rilevanza considerando che la sua realizzazione favorirebbe le esportazioni nei paesi arabi (dove la maggior parte dei cittadini non può o non vuole consumare alcolici). Ma anche nel nostro paese potrebbe esserci una fetta di consumatori allettati dalla possibilità di consumare un vino con etichetta di origine controllata.
Il tema dunque rimane caldo ma sembra che il rischio “annacquamento” sia scongiurato e inoltre, a rassicurare ancora di più produttori e consumatori, ci ha pensato Paolo De Castro, europarlamentare esperto di politiche agricole:
“L’accordo non obbligherà nessuno: ogni Stato avrà la possibilità di recepire questa opportunità o di scrivere una norma più restrittiva e in ogni caso la parola finale spetterà alle singole denominazioni e quindi ai consorzi”
Anche gli esponenti di spicco di varie associazioni legate all’enologia tra cui Bernard Farges presidente della Federazione europea dei vini a denominazione di origine, Efow, ricordano che poi a fare la differenza, anche nel caso l’Ue permetta determinate cose, vi è la denominazione stessa:
“È importante ricordare che la denominazione deve e può mantenere il controllo delle sue specifiche”
Gli esperti del settore vinicolo continuano comunque a discutere e molti non sono d’accordo ad estendere la possibilità di produrre vini analcolici anche alle bottiglie certificate.
C’è da dire però che il negoziato in sede europea è ancora in corso, aspettiamo dunque di sapere esattamente cosa stabilisce la PAC prima di “fasciarci la testa”.
Fonti: Coldiretti / Agi
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