10 cose da sapere sulla cucina filippina e dove assaggiarla a Milano

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    Ma voi lo sapevate che il primo ristorante classificato su TripAdvisor a Milano è filippino? Io no, però è stato un buon motivo per andare alla scoperta di questa cucina e soprattutto di questa comunità, che secondo l’ultimo censimento sembra essere la più popolosa della città. Se questo è stato possibile, è grazie a tutti i filippini che ho conosciuto e con cui ho passato il ferragosto all’Idroscalo, il lago artificiale definito “il mare della città” dove spesso si ritrovano per le occasioni speciali. Sono stati loro, infatti, a svelarmi ciò che ho imparato sui piatti più diffusi nelle Filippine e dove trovarli a Milano. Dunque, non mi resta che condividere con voi e raccontarvi dieci cose che ho imparato sulla cucina filippina.

    1. I filippini a Milano: la comunità più popolosa della città

    I dati parlano chiaro: secondo un censimento di fine 2019, la comunità più numerosa per cittadini residenti a Milano è quella filippina. Pensate che nel 1970 erano solo in 16, divenuti poi 1551 negli anni Ottanta e 6505 a metà degli anni Novanta. Così, di fronte a un numero in tale crescita, il governo filippino ha deciso di aprire un Consolato Generale come punto di riferimento per i filippini presenti, di cui la maggior parte originari dell’isola di Luzon, proprio come la famiglia che abbiamo conosciuto all’idroscalo. Da questo momento in poi il numero di residenti è cresciuto sempre più, fino a superare i 50.000, tant’è che oggi si parla ormai di seconda generazione, visto che la maggior parte sono nati qui e parlano più milanese dei milanesi. Non a caso, proprio a Milano, nel centro della città, vicino al Duomo, è stato aperto il primo fast food in Europa della catena filippina Jollibee, un vero simbolo.

    2. Jollibee: pollo fritto e spaghetti al banana ketchup

    Chickenjoy Jollibee

    jollibee.it

    Jollibee è il fast food più famoso delle Filippine, con ben 1.100 punti tra Asia e America del Nord. Durante i suoi primi mesi di apertura a Milano è stato praticamente impossibile riuscire a mangiare qui, se non a costo di stare ore in fila (io, ad esempio, non ci sono ancora riuscita). In ogni caso, quando ce la farò, i ragazzi all’Idroscalo mi hanno detto che sono due i piatti da provare assolutamente, in quanto simboli per eccellenza del fast food filippino: il pollo fritto Chickenjoy, che pare essere fritto alla perfezione; e gli spaghetti, che sono ormai già leggenda. Siete sicuri di voler sapere che cosa c’è? Di base gli ingredienti sembrano essere i seguenti: carne fritta tipo wurstel e salsiccia, pomodoro, formaggio, il tutto cosparso di banana ketchup, un condimento di frutta a base di purea di banana, zucchero, aceto e spezie, che si usa molto nella cucina filippina. Insomma, io non vedo l’ora di provarli! Ma sempre all’Idroscalo, ci hanno raccontato che per loro “questa con pollo o spaghetti è una merenda. A pranzo e cena, invece, mangiamo sempre carne (o pesce) e riso, una costante dei nostri pasti”.

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    3. Barbecue e marinature: sisig e adobo 

    Nelle Filippine è molto diffuso il barbecue, non solo in occasioni speciali o feste, ma ogni volta che si può. Prima della cottura alla griglia, però, quello che differenzia questa usanza filippina è il particolare tipo di marinatura, che prevede alcuni ingredienti insoliti. La carne, infatti, si fa marinare per almeno una notte (anche se più sta, meglio è, dicono) con sprite (esatto, avete letto bene), aglio, pepe, sale, soia, zucchero e limone. Le carni più utilizzate sono di maiale e di pollo, meglio se le parti più grasse. E in abbinamento sempre riso, che non manca mai a tavola, anche perché ricordiamo che nelle Filippine ci sono migliaia di chilometri di risaie, in quanto tra i dieci principali produttori al mondo.

    Un altro piatto di carne dove è molto importante la marinatura è il sisig, preparato con varie parti di maiale, tra cui orecchie, cervello, cartilagini; lo amava molto lo chef Anthony Bourdain che nei suoi libri scrisse: “una volta provato conquisterà i vostri cuore”. Il sisig prevede tre fasi: bollitura per rimuovere eventuali peli e intenerire la carne; marinatura con limone e aceto, e infine frittura – di solito in ghisa – con cipolla, pepe, peperoncino.

    Adobo Pork

    Foto di Giulia Ubaldi

    Infine, c’è l’adobo, che indica proprio la marinatura della carne con aceto, soia, aglio, foglie di alloro e pepe. Si può preparare con qualsiasi tipo di carne, ma anche con pesce o verdure, e quello che non manca mai è l’abbinamento con il riso. Le preparazioni più diffuse sono l’adobong manok, dove è usato il pollo, o il binalot na adobo porl, con arrosto di maiale ricoperto o racchiuso da foglie di banano; per questo a volte vi potrebbe capitare di sentire l’adobo definito come un involtino, ma la parola indica in realtà la marinatura. Adobo, infatti, viene dallo spagnolo adobar, che significa appunto “marinatura”, “salsa”, a dimostrazione di quanto l’influenza spagnola sia una costante continua nelle Filippine, anche in cucina.

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    4. L’influenza spagnola: aglio e Lechon

    Nella cucina filippina, a causa degli anni di dominazione, si sente molto l’influenza spagnola. Questa ben si evince dalla presenza dell’aglio ovunque, in qualsiasi piatto (così come anche della cipolla). “L’ingrediente che permea la nostra cucina è l’aglio” ci raccontano all’Idroscalo, “ogni piatto ne contiene una quantità incredibile, tant’è che non ci vengono nemmeno in mente sapori senza aglio. Ogni gusto sa sempre prima di aglio!”

    E poi nelle Filippine si è diffuso come piatto nazionale il lechón, molto consumato in Spagna e in altri paesi ispanici. Si tratta di un maiale intero che viene arrostito lentamente sul carbone oppure sul legno, dove continua a girare e cuocersi un po’ come la porchetta. La parola lechón deriva dal termine spagnolo leche, che significa latte e si riferisce al maiale da latte utilizzato per la preparazione di questo piatto, che ovviamente si accompagna sempre con un po’ di riso.

    5. L’influenza orientale: soia, pancit, ravioli e involtini 

    involtino-filippino

    Foto di Giulia Ubaldi

    Oltre all’aglio, un altro ingrediente praticamente onnipresente in tavola è la soia. Ricordiamo, infatti, che le Filippine sono comunque un gruppo di isole in mezzo all’Oceano Pacifico, in Estremo Oriente, vicino a paesi quali Cina, Thailandia, Indonesia. Per questo è innegabile anche una certa influenza orientale in cucina, che per questo la rendono tra le più ricche e interessanti che ci sia. Insieme ai piatti citati tra i più comuni si mangiano spesso i pancit: si tratta di spaghetti di soia, o di riso, conditi con verdure, carne e pesce, che variano molto a seconda della regione in cui ci si trova. Poi ci sono i siomai, cioè i ravioli filippini con carne di maiale macinato, carote, castagne, acqua, cipollotti, aglio, salsa di ostrica (altro ingrediente molto utilizzato) e soia, uova e pepe. Non da meno l’involtino primavera in stile filippino, molto simile a quello che troviamo nei ristoranti cinesi, con carote, zucchine, verza, germogli di soia e uova (di solito di anatra). Tutti questi piatti sono quelli che trovate da Mabuhay, il primo ed unico vero ristorante di cucina filippina a Milano, nonché il primo su Tripadvisor della città.

    6. Mabuhay, il primo ristorante su TripAdvisor a Milano 

    Pancit

    Foto di Giulia Ubaldi

    Il 22 luglio del 2019 a Milano ha aperto Mabuhay, probabilmente senza sapere che nel giro di poco tempo sarebbe diventato il primo ristorante della città in classifica su TripAdvisor. Al di là dei gusti personali e del sistema di valutazione, vi assicuriamo che Mabuhay la vittoria se la merita tutta. I proprietari sono una famiglia originaria di Los Baños, una municipalità delle Filippine, situata nella Provincia di Laguna, nella Regione del Calabarzon: in cucina c’è Dario Jr Guevarra, insieme alla moglie Catherine Guevarra e al figlio Dario IV Guevarra. Qui da provare sono assolutamente i pancit, che per altro arrivano in una versione molto abbondante, ma anche gli involtini e l’adobo; insomma, tutti i piatti fino al dolce per eccellenza, l’halo halo.

    7. Halo Halo, il dolce simbolo della cucina filippina 

    Forse è questo uno dei simboli della cucina filippina, un dolce molto originale, unico nel suo genere. Si tratta di un miscuglio di vari ingredienti che possono variare da una ricetta all’altra, tra cui banane (o altri frutti), patate o fagioli dolci, tapioca, crème caramel, cocco (molto presente, anche come bevanda), nata de cocco (una gelatina), latte evaporato, gelato, ghiaccio tritato e igname viola o ube, una specie di tubero originario delle aree tropicali dell’Asia, da non confondere con il taro. Forse vi sembrerà strano, ma vi assicuro che se ben fatto (e bisogna saperlo fare) questo dessert è molto gustoso e rinfrescante, perfetto per chiudere un pasto in vero stile filippino. Da Mabuhay è squisito, ma non è da meno anche la versione più gourmet che preparano da Yum o quella più casalinga di Fave.

    8. Yum: la cucina filippina gourmet 

    Cheesecake Yum

    Foto di Giulia Ubaldi

    “Yum è un’altra cosa: è la versione gourmet della nostra cucina, ma non è quella che mangiamo di solito”. Su questo all’idroscalo sono tutti d’accordo, così abbiamo deciso di andare a provare questo ristorante, e in effetti si tratta di una versione estremamente raffinata della cucina filippina. Qui sono d’obbligo i vari pancit e adobo di maiale (squisito!), ma soprattutto la cheesecake di patate viola, anche perché yum è sia l’abbreviativo di “buono” in inglese che di patate viola in filippino, ci spiegano al locale. In ogni caso, abbiamo mangiato benissimo, quindi vi consigliamo vivamente di provare anche questo posto per avere un’idea completa della cucina filippina. “Ma la nostra” continua una ragazza all’idroscalo, “resta una cucina di strada”.

    9. Street food: Fave e The Rolling Filipino Fast Food

    Spiedini Fave

    Foto di Giulia Ubaldi

    La cucina filippina è un mangiare molto di strada. Nelle Filippine lo street food è la norma, è pieno di baracchini che vendono cibo, soprattutto spiedini. “Da noi tutto ciò che si può mettere sugli spiedini è street food”. A tal proposito, a Milano c’è da anni un punto di riferimento in piazza Vesuvio, vicino al Consolato: è un foodtruck fucsia, tenuto da Jenny e dalle sue due figlie, originarie della capitale, Manila, che non a caso si chiama The Rolling Filipino Fast Food, indicare proprio involtini e spiedini. Ma se questo è stato il primo, non è più il solo: oggi infatti gran parte dei filippini, ci svelano sempre all’idroscalo, predilige Fave StreetFood House (già dal nome ha voluto proprio rendere l’anima della cucina filippina di strada), in via Friuli, all’altezza di Corso Lodi. In effetti, qui trovate proprio la cucina di casa, con tantissimi tipologie di spiedini, vero barbecue con tantissima carne alla griglia e poi tanti altri piatti che variano di continuo. Insomma, la cucina di tutti i giorni.

    10. La festa nazionale di Indipendenza

    Tutt’altra cosa è sono i piatti che preparano in occasione della loro festa nazionale di Indipendenza dalla Spagna, ogni 12 giugno dal 1898. Forse è proprio questo uno dei momenti migliori per provare la cucina filippina, in quanto si tratta dell’evento annuale più atteso e più partecipato da tutti, non solo milanesi ma anche provenienti da altre parti del Nord Italia. Ogni anno cambia il luogo di incontro, ma spesso si è celebrato proprio all’Idroscalo: “è un momento importante perché ricordiamo la nostra lotta per la libertà come nazione indipendente, festeggiando la bellezza e la ricchezza della nostra cultura attraverso la danza, musica, la cucina e una sfilata in costumi tradizionali”. Dunque, il prossimo 12 giugno vi consigliamo di informarvi perché anche se oggi troviamo la cucina filippina in vari ristoranti, è anche vero che non c’è occasione migliore di questa festa per conoscere la comunità filippina presente nella vostra città e alcuni dei loro piatti.

    E voi avete mai provato qualche piatto della cucina filippina?

    L’articolo 10 cose da sapere sulla cucina filippina e dove assaggiarla a Milano sembra essere il primo su Giornale del cibo.

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