I film psicologici sono una finestra che apre la Settima Arte ai disturbi mentali o agli stati disadattivi che ci sbilanciano. Sfortunatamente, molti non riescono a sfuggire agli stereotipi e ai cliché che trasformano i personaggi in caricature.
Ma quando esiste un buon lavoro di ricerca di base, i film psicologici possono lasciare un segno profondo, avvicinandoci ad una realtà diversa che vale la pena di conoscere, approfondire e comprendere. Se a ciò aggiungiamo una buona recitazione, abbiamo tutte le tessere necessarie affinché queste opere diventino autentici film di culto.
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Instinct (1999)
Con Anthony Hopkins e Cuba Gooding Jr. come co-protagonista, non poteva non generare grandi aspettative e devo dire che questo film le soddisfa pienamente tutte. Cuba Gooding Jr. è un giovane e promettente psichiatra che cerca di scavare in profondità nei segreti della mente di un antropologo (Anthony Hopkins) che è stato accusato di aver ucciso e ferito alcuni ranger durante la sua permanenza in Africa. Tuttavia, ciò che sembrava essere un semplice esame di routine in una prigione, diventa un viaggio nei meandri più oscuri della nostra società, dove viene messo in discussione il nostro desiderio di potere e di controllo. Un film che non lascia indifferenti, soprattutto per le domande che genera.
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A Beautiful Mind (2001)
Preceduto dall’omonimo romanzo di Sylvia Nasar che è stato nominato per un Premio Pulitzer, anche questa volta il film no è stato di meno. Infatti, ha vinto l’oscar per il miglior film insieme ad altre tre meritate statuette. Russell Crowe interpreta John Forbes Nash, Premio Nobel per l’Economia e schizofrenico. Il film è un affascinante viaggio nei misteri di questa malattia, grazie al quale se ne intravedono le fasi più oscure, ma è anche un inno alla speranza e, alla fine, cerca di togliere alla schizofrenia quell’alone negativo che gli viene attribuito nella nostra società.
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K-Pax (2001)
Ci sono film che non mi stanco mai di rivedere e questo è uno di loro, forse perché tutti noi che siamo stati così vicini alla malattia mentale ci siamo chiesti più di una volta qual è la “realtà”. Questo è precisamente il tema del film: Kevin Spacey, che interpreta un paziente apparentemente affetto da una sorta di psicosi, dice di essere venuto da un altro pianeta e, che presto, abbandonerà la Terra per tornare nella sua galassia. Jeff Bridges, lo psichiatra, prova di tutto per fargli prendere contatto con la realtà, ma mentre si occupa del suo trattamento all’interno dell’ospedale psichiatrico, le sue convinzioni cominciano a vacillare.
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Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975)
Con Jack Nicholson nel ruolo di protagonista, supportato da un ottimo Danny DeVito e una impeccabile Louise Fletcher; non mi sorprende che questo film sia stato il secondo ad ottenere i cinque premi più importanti della Academy. All’inizio il ritmo è un poco lento, ma poi si trasforma in un crescendo di emozioni. Quasi tutto il film si svolge all’interno di un ospedale psichiatrico nel quale Jack Nicholson è stato richiuso per valutare se sia veramente un malato mentale o se finge; dettaglio
importante dal momento che è stato accusato di stupro. Grazie alla trama, divertente e straziante allo stesso tempo, abbiamo l’opportunità di immergerci nei conflitti quotidiani che si svolgono all’interno di un qualsiasi istituto psichiatrico. Jack Nicholson è uno spirito libero che ha ceduto alla pressione di regole inflessibili o soffre realmente di un disturbo psichiatrico?
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Il cigno nero (2010)
Interpretato da Natalie Portman (la quale ha vinto l’oscar come miglior attrice), Mila Kunis e Vincent Cassel, questo è uno di quei film che si odiano o si amano, non c’è via di mezzo, come per tutti i film di Darren Aronofsky. Stremato dalle pressioni a cui è sottoposta a causa della sua carriera come ballerina e dalla concorrenza di Mila Kunis, Natalie Portman comincia a percepire che la sua forza fisica e mentale vanno scemando mentre il suo lato oscuro comincia ad emergere fino a quando non subisce una vera e propria crisi psicotica.
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Experiment (2001)
Questo film tedesco è basato sul famoso esperimento realizzato in una prigione ad opera del Dr. Zimbardo nei primi anni ’70. Si tratta di un film imprescindibile grazie al quale si possono vedere con precisione assoluta i cambiamenti che si verificano all’interno delle persone: i prigionieri e le guardie. Il rapporto che si stabilisce tra di loro ci induce a riflettere sui ruoli sociali, le norme e la natura degli esseri umani.
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Will Hunting, Genio Ribelle (1997)
Questo film si presenta con un curriculum di tutto rispetto: 9 nomination agli Oscar e, come se non bastasse, tra i protagonisti troviamo Matt Damon, Ben Affleck e Robin Williams. Matt Damon è un giovane brillante che appartiene alla classe bassa e operaia dei sobborghi di Boston, il quale spreca il suo talento per la matematica lavorando come impiegato delle pulizie all’università. Un giorno risolve di nascosto un problema matematico molto complesso e l’insegnante dopo averlo scoperto lo prende sotto la sua tutela. Tuttavia, quando il giovane irrequieto si trova di fronte alla possibilità di tornare in prigione, viene costretto ad andare da Robin Williams, uno psichiatra molto peculiare che riesce a trovare il modo migliore per fare breccia nel cuore del giovane riuscendo a risolvere i suoi conflitti interiori. La cosa interessante è che neppure lo psichiatra è libero da fantasmi e grazie a questo inusuale rapporto terapeutico, questi cominciano ad emergere.
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Ragazze Interrotte (1999)
Questo film ha un cast eccezionale, nel quale incontriamo Winona Ryder, Whoopi Goldberg, Brittany Murphy e Angelina Jolie, la quale ha vinto un oscar come migliore attrice non protagonista. Nel film si possono incontrare i vari disturbi psichiatrici, dalla bulimia alla sociopatia, per non parlare di una grave
depressione e del disturbo di personalità borderline. Tuttavia, il dettaglio più interessante è che il film è basato nelle memorie di Susanna Kaysen, una paziente di un ospedale psichiatrico negli anni ’60, periodo storico al quale il film fa riferimento.
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Shutter Island (2010)
Diretto da Martin Scorsese e interpretato da Leonardo DiCaprio, è uno di quei film che si odiano o si amano, ma per saperlo, si deve guardare attentamente fino alla fine. Nel film, Leonardo DiCaprio raggiunge un’isola sulla quale c’è un centro psichiatrico per indagare su di un presunto omicidio, ma nella stessa misura che la trama si sviluppa, tutto si complica e, i ricordi del passato riaffiorano alla mente del poliziotto facendogli prendere coscienza dell’omicidio che ha commesso. Tuttavia, DiCaprio si rifiuta di accettare la sua parte di responsabilità e scaccia ciò che considera essere solo dei sogni inquietanti. A un certo punto, il film diventa prevedibile, ma vi consiglio di non abbandonarlo, perché l’ultima scena vi ripagherà di tutto il tempo passato.
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Il silenzio degli innocenti (1991)
Normalmente non mi piacciono le trame violente, ma se parlando di film a sfondo psicologico ometto questo titolo rischio seriamente il linciaggio. Infatti, io stessa ho ceduto all’attrazione esercitata dagli attori principali che sono Jodie Foster e Anthony Hopkins; quest’ultimo è uno psichiatra molto intelligente che ora si trova in carcere, al quale ricorre Jodie Foster per chiedergli di aiutarla a catturare un pericoloso assassino seriale. Forse è superfluo sottolineare che è stato il terzo film a conquistare i cinque premi principali della Academy.
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Lo scafandro e la farfalla (2007)
Tratto dal romanzo “Lo scafandro e la farfalla” scritto da Jean-Dominique Bauby, questo film che ha rcevuto 4 nomination all’Oscar, è una di quelle storie che stimolano a porsi a molte domande sulla vita. Il protagonista è lo stesso scrittore, ex redattore della rivista Elle, che a causa di un incidente è completamente paralizzato, incapace di mangiare, parlare o respirare senza l’aiuto delle macchine. Poteva solo muovere un occhio, e questo divenne la sua finestra di comunicazione con il resto della gente, e con cui, lettera per lettera, dettò questo libro.
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The Aviator (2004)
Diretto da Martin Scorsese e interpretato da Leonardo DiCaprio, il film ricrea la vita di Howard Hughes, pioniere dell’aviazione. Si concentra su un periodo particolarmente oscuro e prolifico della sua carriera, quando pilotò i prototipi di aeroplani che progettò mentre produceva nel contempo dei film a Hollywood. Questa opera, che vinse 5 Oscar, ci introduce nell’inferno in cui cadde Hughes, che soffriva di un disturbo ossessivo-compulsivo che lo portò a isolarsi completamente dal mondo.
- Il lato buono delle cose (2012)
Interpretato da Bradley Cooper e Jennifer Lawrence, racconta la storia di un giovane che torna a casa dai suoi genitori dopo otto mesi rinchiuso in un ospedale psichiatrico per aver aggredito l’amante della moglie. Con un disturbo bipolare diagnosticato, il suo obiettivo principale è quello di recuperare la sua ex-moglie dimostrando che ha superato tutto e ha un atteggiamento positivo. Il film, che ha vinto un Oscar, lascia intravedere le difficoltà ei conflitti emotivi dei suoi personaggi, non solo il protagonista e, sebbene il finale sia abbastanza prevedibile, non per questo il messaggioè meno importante: ogni nube ha una apertura attraverso la quale entra la luce, che è il titolo originale in inglese: Silver Linings.
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L’uomo senza sonno (The machinist-2004)
Questo thriller psicologico, interpretato da un Christian Bale quasi irriconoscibile a causa della sua estrema magrezza, è tanto inquietante quanto interessante. La storia è incentrata su un meccanico che lavora come operaio in una fabbrica il quale soffre di insonnia per un anno, il che influisce sulla sua salute fisica e mentale. A poco a poco, questa incapacità di riposare, che alla fine si scopre a cosa è dovuta, gli presenta il conto, innescando una serie di sintomi psicotici che imprimono un ritmo vertiginoso al film. La storia è un cocktail psicologico in cui i flashback dello stress post-traumatico sono mescolati con la paranoia causata dalla mancanza di sonno, il tutto inquadrato in un disturbo dissociativo della personalità.
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L’arancia meccanica (1971)
Considerato da molti come il “film psicologico per eccellenza”, questo lavoro di Stanley Kubrick è basato nell’omonimo romanzo. Non è adatto a tutti i gusti, ma il copione e il modo di affrontare i problemi è ancora scioccante allora come adesso. Ambientato in una società distopica segnata da un’escalation di violenza giovanile, affronta numerosi disturbi mentali, dal disturbo di personalità antisociale fino alle tecniche comportamentali (terapia dell’avversione) che sono state effettivamente utilizzate in psichiatria per eliminare gli impulsi sadici. Il problema è che queste tecniche non eliminano le cause ma reprimono solo gli effetti.
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La pazza gioia (2016)
Beatrice, interpretata da Valeria Bruni, è una contessa loquace che è convinta di appartenere ai circoli intimi dei leader politici mondiali. In un istituto psichiatrico, dove è una paziente, incontra Donatella, interpretata da Micaela Ramazzotti, una giovane tatuata, vulnerabile e introversa con la quale apparentemente non ha alcun punto in comune. Tuttavia, le vite di entrambe le donne si intrecciano mentre intraprendono un viaggio alla ricerca della felicità. Traa tanti momenti folli, felici e pieni di energia si nascondono una profonda malinconia, la tristezza straziante e il vuoto esistenziale di entrambe le donne. La dettaglio interessante di questo film psicologico pluripremiato è che permette di avvicinarsi ai disturbi mentali da una prospettiva più positiva, senza nascondere i traumi e le responsabilità della società e di tutte quelle persone che il sistema ha rigurgitato.
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Un uomo che guarda il sudest (1986)
K-pax è un remake di questo straordinario film psicologico realizzato in Argentina. La trama si svolge in un sanatorio mentale a Buenos Aires, dove uno dei protagonisti, Ramtés, afferma di essere stato inviato da un altro pianeta per analizzare la stupidità umana. Lo psichiatra lo identifica come paranoico ma a poco a poco comincia a dubitare della sua diagnosi e dell’efficacia dei manicomi. I dialoghi riflessivi, insieme all’interessante empatia mostrata da Ramtés con gli altri pazienti, trasformano questo lavoro di Eliseo Subiela in un punto di partenza per mettere in discussione molte cose sulla nostra esistenza e sulla società. Possiamo chiamare “pazzo” chi dice che “la natura consente solo uno sviluppo molto lento. Favorisce più facilmente un cambiaamento di specie piuttosto che un cambiamento di coscienza”?
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Requiem per un sogno (2000)
Questo film psicologico è ispirato al romanzo omonimo di Hubert Selby Jr. Del 1978 e si trasforma in un viaggio, a volte soffocante, altre volte delirante, per la decadenza di quattro personaggi sprofondati nella solitudine e ossessionati con i loro sogni i quali finiscono intrappolati nella dipendenza. Da un lato troviamo Sara Goldfarb, interpretata da Ellen Burstyn, dipendente dalla televisione, dal cibo e le pillole per dimagrire. È la madre di Harry, interpretato da Jared Leto, cocainomane, insieme alla sua ragazza e al suo migliore amico. Questa vita fatta di sogni, fallimenti, ossessioni e dipendenze riesce a trovare una strana sintonia con i nostri obiettivi e le delusioni, trasformandosi in una critica amara ai valori che a volte veicola la nostra società.
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E ora parliamo di Kevin (2011)
Questo film psicologico è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Lionel Shriver. Racconta la storia di una madre interpretata da Tilda Swinton che non riesce a connettersi con suo figlio, che sembra soffrire di un disturbo antisociale della personalità. È un film straziante e drammatico che ci mette di fronte a molte delle nostre idee preconcette sulla maternità e sulla relazione madre-figlio. Il protagonista fa quello che può, ma non è abbastanza. Fino a che punto una madre dovrebbe sforzarsi quando il suo amore non è ricambiato? Fino a che punto può arrivare un bambino non amato? Questo film ritrae il deterioramento della mente e delle relazioni, un colpo secco all’idea preconcetta che non esista la cattiveria innata, il finale è imprevedibile.
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Her (2013)
Con un Oscar per il miglior copione originale, possiamo capire perché questo premio quando vediamo questo film psicologico inquietante, ma non molto fantasioso. Ambientato nel prossimo futuro, il protagonista, Theodore Twombly, interpretato da Joaquin Phoenix, è un uomo solitario che lavora scrivendo lettere per persone che non riescono a farlo sole. Dopo aver terminato una relazione, decide di provare un nuovo sistema operativo avanzato che si adatta a ciascun utente diventando il suo assistente. Ciò che inizia come una relazione amichevole si trasforma in amore, un amore che isola. All’inizio nessuno capisce Theodore ma poi il software viene esteso e molte altre persone iniziano a mantenere una relazione speciale con lo stesso assistente virtuale. Il film, sensibile e nostalgico, a volte permette di mettersi nei panni del personaggio, ma ci porta anche a chiederci se questa sia la soluzione che vogliamo per la nostra solitudine. La solitudine e l’incomprensione che sono state introdotte dalla tecnologia dovrebbero essere “risolte” con più tecnologia?
21. American Beauty (1999)
Questo film, del regista americano Sam Mendez, ci mostra come spesso ci impegniamo in una lotta con noi stessi e gli altri per trovare un posto nella società che dia senso alla nostra vita. Ci incoraggia a riflettere su come possiamo diventare vittime delle nostre aspettative e schiavi degli obiettivi sociali, il tutto attraverso l’obiettivo del suo protagonista, Lester Burnham, interpretato da Kevin Spacey. Quest’uomo di mezza età è impantanato in una crisi esistenziale, si sente intrappolato nella sua vita non trovando come raggiungere gli obiettivi che avrebbe dovuto raggiungere. In un certo senso, il film ci insegna che siamo noi che abbiamo il potere di iniziare e finire le situazioni che ci sopraffanno. E ci incoraggia a riflettere sul desiderio di inserirci nella società a tutti i costi, un desiderio che può girarsi contro di noi.
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Deux moi (2019)
Questo dramma francese diretto da Cédric Klapisch e interpretato da François Civil, Ana Girardot e Eye Haïdara è uno di quei film psicologici intimi con cui molti giovani o persino adulti possono sentirsi profondamente identificati. I suoi protagonisti vivono a Parigi, circondati da persone, ma allo stesso tempo sono estremamente soli. Vittime di un mondo iperconnesso, sperimentano l’assalto della solitudine e delle relazioni liquide che finiscono per essere superficiali. Il giovane sviluppa presto un quadro depressivo, in gran parte aggravato da un senso di colpa che trascina dal suo passato. Ma entrambi riescono a farsi strada in quella giungla urbana e trovano la compagnia di cui hanno tanto bisogno.
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Memento (2000)
“Menti a te stesso per essere felice. . . Non c’è niente di sbagliato in questo, lo facciamo tutti. Chi se ne frega se ci sono alcuni dettagli che preferiresti non ricordare?” Dice Teddy, uno dei personaggi di questo film diretto da Christopher Nolan che è diventato un classico del cinema psicologico. La storia è incentrata su Leonard, un uomo che soffre di un trauma cerebrale dopo un ictus che provoca un’amnesia anterograda, quindi non può conservare nuovi ricordi e dimentica cosa stava facendo pochi minuti prima. La peculiare narrativa, a colpi di analepsis e prolepsi, con scene in bianco e nero, può generare la stessa confusione che sperimenta il protagonista, essendo consapevoli che ci manca qualcosa per capire cosa sta succedendo. E ci fa mettere in dubbio chi saremmo e come sarebbe la nostra vita se non avessimo il filo conduttore della memoria.
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Mi chiamo Sam (2001)
Questo eccellente film psicologico racconta la storia di un uomo con una disabilità mentale interpretato da un magistrale Sean Penn. Il problema inizia all’età di 7 anni, quando Lucy, la ragazza, inizia a superare le capacità mentali del padre e lo Stato mette in discussione la sua capacità di educare la figlia. Quindi egli deve affrontare una battaglia legale per mantenere la custodia della figlia, con l’aiuto di un avvocato, interpretato da Michelle Pfeiffer. È, quindi, un film che tocca le nostre fibre più sensibili, che ci parla della forza della volontà e della motivazione che aiutano una persona a superare tutti i limiti. E ci parla anche del potere dei legami affettivi nell’educazione infantile. E ci dice anche che a volte il cuore vale più del cervello.
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Il mio profilo migliore (2019)
“Con l’età, perdo meno tempo nel cercare di compiacere le persone”, ha riconosciuto Juliette Binoche, la protagonista di questo dramma intimo con cui molte persone possono sentirsi identificate. Abbandonata da suo marito e nel mezzo di una crisi esistenziale a causa delle pressioni sociali per rimanere bella, crea un profilo Facebook falso fingendo di essere una giovane ballerina. Attraverso questo profilo, cerca di recuperare l’amore perduto, l’illusione e la sua fisicità. La situazione, tuttavia, diventa presto incontrollabile, generando ansie e paure. Nel frattempo, Binoche va da uno psicoterapeuta che la aiuta a capire perché nega la sua età e rifiuta il passare del tempo sul suo corpo.
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