Austerità e sensualità
. Su questi due poli opposti, apparentemente inconciliabili, Isabelle Huppert – oggi splendida 67enne – ha saputo costruire una carriera cinematografica senza precedenti. Anche se in molti l’hanno definita la “Meryl Streep francese”, e come longevità e numero di premi il parallelismo potrebbe reggere, a differenza della fin troppo “costruita” collega americana, Isabelle se n’è sempre infischiata di ricalcare gli accenti o di puntare sulla gelida versatilità mimetica. Scegliendo e preferendo l’abisso, con ruoli che tutti assieme formano un prisma conturbante dell’inconscio femminile.
Il fascino della sfinge
Musa di alcuni dei maggiori registi della nostra epoca – da Claude Chabrol a Michael Haneke, passando per Jean-Luc Godard – Isabelle fa scalpore da subito, appena diciottenne quando debutta nei primi anni 70. Per la peculiarità del suo aspetto: minuta, viso pieno di lentiggini, capelli rossi che cambiano di sfumatura e intensità in base al colore del cielo. Ma soprattutto per il magnetismo: quello sguardo indifferente e sarcastico. Che destabilizza lo spettatore. Enigmatica e straordinariamente versatile, Isabelle viene da subito etichettata come donna misteriosa e fatale. Se la “colpa” è da attribuire ai personaggi controversi e irrequieti che incarna da subito, molto deriva da un’attitudine speciale verso l’esterno. Misto di indifferenza e imperturbabilità.
Tanto per fare un piccolo bilancio, tra i suoi ruoli più significativi Isabelle ha interpretato un’adolescente che uccide le sue conquiste sessuali in Violette Nozière di Claude Chabrol (prima Palma d’oro vinta a Cannes nel 1978); una madre manipolatrice e incestuosa (Ma Mère insieme a Louis Garrel), e un’insegnante di piano sadomasochista ne La pianista di Michael Haneke (seconda Palma d’oro nel 2001). «Donne represse, chiuse, allertate sessualmente», scrive il grande critico americano Roger Ebert. Un’area di indagine in cui primeggia e che ha sempre messo in ombra il resto. Cioè una carriera sorprendentemente variegata, con incursioni in molti altri generi, tra cui anche la commedia. Per esempio 8 donne e un mistero, film del 2002 di François Ozon.
L’apice di Elle
Serge Toubiana, ex direttore della Cinematheque Française di Parigi, ha detto di lei: «Fa guardare il pubblico dentro l’anima, dentro il corpo, dentro i silenzi e gli spazi vuoti della sua recitazione. Se Isabelle è un’attrice che cattura la luce, allora la sua luce è dentro di lei» E con il tempo le prove cinematografiche a cui si è sottoposta, come fossero operazioni chirurgiche, sono riuscite ad esaltare ancora di più le caratteristiche elencate da Serge.
Una su tutte Elle di Paul Verhoeven. Capolavoro sospeso tra noir erotico, commedia e horror in cui Isabelle, manager cinica e amorale a capo di un’importante casa di produzione per videogame, precipita in un gioco al massacro quando viene violentata da uno sconosciuto. Diventando ancora più audace e temeraria.
Elle è forse l’apice della carriera della Huppert. Una performance che nessun’altra attrice al mondo avrebbe potuto regalarci. Perché, a differenza di tutte le altre colleghe, forse il segreto della sua recitazione sta nel rapporto di “osmosi” con tutti i grandi registi con i quali ha lavorato. Rispetto infatti all’asettico mondo hollywoodiano, Isabelle ha da sempre un ruolo insolitamente attivo nella creazione dei suoi personaggi.
«È come se non recitasse, ma bensì si “annullasse”», ha dichiarato Verhoeven. «Le ho chiesto di mostrarmi i suoi pensieri. E li ho filmati. Ci riesci solo con le grandi… A lei puoi chiedere tutto: è senza paura.» E questa sorta di “metamorfosi” con il regista è probabilmente il motivo per cui gli spettatori riescono a stabilire delle corrispondenze con le figure femminili che interpreta, seppure lontanissime da loro. Per fortuna, con un talento non inferiore all’adesione completa, smessi i panni dei suoi personaggi Isabelle riesce a passare ad altro. Perché come ha sempre dichiarato a chi le ha chiesto come dormisse la notte, con tutta quella collezione di assassine e perverse, «il lavoro sta da una parte e la vita vera da un’altra».
Isabelle Huppert: fobie, broccoli e sfilate
Curiosa, “affamata” di conoscenza ma discreta, nelle interviste parla spesso e volentieri delle sue paure. Quella di volare e la claustrofobia, che la tiene lontana dagli ascensori. Passioni? Quella grande e insolita per i broccoli, definiti come il suo unico vero vizio. Icona della moda e musa di grandi stilisti – leggendaria la sua amicizia con Karl Lagerfeld – , Isabella è anche brava con i social. Specialmente Instagram – zeppo di selfie con altre celebrità dello star-system. E dietro le quinte prima di un red carpet. Dove spesso indossa abiti da sera spesso con colori forti, in contrasto con la sua carnagione molto chiara. Soluzione azzeccata con il suo carattere, ma indossati in modo quasi casuale, come una seconda pelle.
Presenzialista delle sfilate – anche in quelle recentissime di Parigi – spenti i riflettori diventa silenziosissima. Chiusa nella sua – “misteriosa” – quotidianità, in cui è moglie e madre di famiglia – tre figli: Lolita, Lorenzo e Angelo avuti dal marito Ronald Chammah –, avulsa da scandali e pettegolezzi. Ragione per cui ogni film è come un piccolo miracolo, una messa per devoti. Sapendo che si tratterà di un’ennesima procrastinazione: perché per arrivare a capirla occorre guardare anche il successivo. E il successivo ancora.
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