Il tuo bambino piange? Ecco quali sono le cause più comuni e come calmarlo

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Se pensiamo a un bambino, soprattutto se neonato, una delle prime cose che ci viene in mente a riguardo è senza dubbio il suo pianto. Piangere, infatti, è una delle attività predilette dai bambini nei primi mesi di vita, poiché l’unico mezzo a loro disposizione per poter comunicare bisogni e sensazioni a mamma e papà. Tuttavia, quando il pianto è troppo forte o frequente e difficilmente tende a placarsi, può trasformarsi in una fonte di stress per i genitori, che non sempre sanno come intervenire per calmare il proprio piccolo. Per fare chiarezza sul tema, ecco tutti i significati che può assumere il pianto di un bambino e le soluzioni con cui riuscire finalmente a tranquillizzarlo.

Prima di iniziare, guarda questo video e scopri tutti i tipi di pianto nei neonati!

 

Bimbo che piange: significato

Il pianto nel bambino, soprattutto quando è piccolo, è un fenomeno fisiologico comune e naturale. Si tratta di una forma di comunicazione primordiale, l’unica con cui il neonato sia in grado di attirare l’attenzione dei propri genitori e metterli al corrente delle proprie esigenze. Sebbene non sia sempre facile capire come interpretare il pianto dei bambini, è spesso e volentieri l’espressione di un bisogno, ad esempio di sostentamento e affetto, o una richiesta di aiuto che esige risposta e intervento immediati da parte dei genitori. In generale, questa tendenza dei bambini a piangere in modo frequente, specialmente di notte, diminuisce gradualmente dopo i primi tre mesi di vita.

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Perchè il bambino piange

Nei primi mesi di vita, soprattutto tra le 6 e le 8 settimane, il pianto dei bambini va inteso non soltanto come un mezzo di comunicazione, ma anche come un riflesso naturale e spontaneo di cui spesso non dobbiamo preoccuparci, sebbene alla lunga possa risultare piuttosto stressante e fastidioso. Per il 95% dei casi, infatti, non sussiste alcuna grave patologia nè qualsivoglia problema di salute dietro al pianto del piccolo, dunque non c’è bisogno che mamma e papà si allarmino. Tuttavia, quando un neonato piange, sarebbe utile e importante che i genitori fossero in grado di interpretarne il pianto, a seconda delle sue caratteristiche. Esisono, infatti, diversi tipi di pianto, come per esempio il pianto da fame, che risulta aumentare gradualmente di intensità, oppure il pianto da dolore, intenso, costante e alternato a singhiozzi.

Se ti stai chiedendo perchè il tuo bambino piange, ecco quali sono le cause più comuni:

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  • Fame: si tratta della causa più ricorrente a scatenare il pianto nel bambino. Piangere, infatti, è l’unico mezzo a disposizione del piccolo per chiedere nutrimento alla mamma. Il pianto si esaurisce solo una volta soddisfatto il bisogno.
  • Disagi fisici e altri fastidi: un neonato piange per diverse ragioni, quali ad esempio il pannolino bagnato/sporco, una sensazione di eccessivo freddo o caldo, rumori fastidiosi.
  • Quando un bambino fatica ad addormentarsi o a riaddormentarsi, tende a piangere per manifestare ai genitori questo problema e far sì che loro intervengano per risolverlo.
  • Spavento o paura: per esempio, quando inizia a riconoscere ufficialmente i volti e i lineamenti di mamma e papà, il bambino può piangere alla vista di uno sconosciuto, il cui aspetto o il cui timbro vocalico non gli è per nulla famigliare.
  • Dolore: il piccolo si è fatto male e piange perchè ha bisogno del conforto e delle cure da parte dei genitori.
  • Dentizione: la comparsa dei primi dentini è sicuramente uno dei processi più dolorosi a cui è sottoposto un bambino nei primi mesi di vita. In questo caso, il pianto è una risposta totalmente naturale e piuttosto diffusa alla sofferenza.

Tuttavia, esistono alcune condizioni di salute che provocano il pianto nel bambino, come ad esempio:

  • Coliche: le coliche gassose sono un problema molto comune nei bambini, soprattutto dopo le prime tre settimane di vita e, per questo, non devono destare eccessiva preoccupazione nei genitori. Per comprendere se è questo il motivo per cui il bambino piange con una certa frequenza, bisogna fare attenzione ad alcuni dettagli: il pianto si verifica sempre intorno allo stesso orario, solitamente dopo i pasti nel pomeriggio o di sera, non cessa neppure se il bambino viene preso in braccio o cullato e questo tende ad agitare le braccia e le gambe, arrivando persino a inarcare la schiena per il dolore.
  • Sindrome del laccio da peli
  • Reflusso gastroesofageo
  • Infezione dell’orecchio medio
  • Blocco intestinale
Bambino che piange: cause© Getty Images

Bambino che piange: quando preoccuparsi

Come abbiamo ripetuto più volte, nella maggior parte dei casi, il pianto del bambino è una condizione del tutto normale e non deve essere fonte di preoccupazioni per i genitori. È innegabile che si tratti di un fenomeno fastidioso per molte mamme e per molti papà, ma rientra tra gli elementi che caratterizzano abitualmente i primi mesi di vita dei bambini e va accettato e sopportato con pazienza, confidando nella sua tendenza a placarsi dopo il primo trimestre. Tuttavia, esistono alcune eccezioni per cui il pianto può essere indice di altre gravi patologie per cui urge un riscontro immediato da parte del pediatra tramite esame obiettivo e controlli mirati. Stiamo parlando comunque di casi piuttosto sporadici in cui il pianto è accompagnato da altri disturbi quali: vomito, febbre, difficoltà nella respirazione, ecchimosi o gonfiore cranico, convulsioni, oppure quando il neonato piange senza un motivo apparente e in totale assenza di evidenti disagi.

Lasciar piangere un bambino è pericoloso?

Se il piccolo piange troppo, può generare un senso di enorme frustrazione e, a volte, persino di disperazione nei genitori. È per questo motivo che alcuni ritengono che ignorare il pianto del proprio bambino possa essere la soluzione vincente. Tuttavia, si tratta di una strategia che può funzionare solo negli anni a venire, quando il bambino è cresciuto e piange per capriccio o per motivi futili, non certamente quando si ha a che fare con un neonato. È importante, infatti, che il bimbo percepisca la nostra vicinanza in quanto genitori, soprattutto nel momento del bisogno, al contrario, invece, un atteggiamento indifferente potrebbe generare un senso di sconforto nel piccolo e, talora, piccoli o grandi traumi che possono influire sul suo futuro sviluppo. Se ignorato, infatti, il bambino si sentirà trascurato e riterrà con certezza di non poter fare affidamento sui propri genitori, sperimentando una seria e fondata paura dell’abbandono.

 

Bambino che piange: quando preoccuparsi?© Getty Images

Come calmare un bambino che piange

Quando un bambino piange, può capitare che i genitori siano sopraffatti dall’ansia e dal senso di impotenza. Nonostante ciò, è importante razionalizzare, capendo innanzitutto ciò che il bambino cerca di comunicarci attraverso il pianto. Soprattutto nel momento del contatto, occorre che la presenza di mamma e papà trasmetta calma e serenità, altrimenti lo stress e il nervosismo degli adulti finirà per contagiare anche il bambino, peggiorando ulteriormente la situazione. Dunque, sebbene alcune crisi di pianto sembrino inconsolabili, esistono comprovate tecniche a cui i genitori possono ricorrere per calmare i propri bambini, come ad esempio le seguenti:

  • Nella maggior parte dei casi, il bambino piange perchè ha fame. Dunque, senza allarmismi, procedere con il foraggiamento del piccolo, senza tuttavia esagerare ed evitare di ricorrere a questa soluzione di default anche quando non è necessario, pur di porre fine al pianto.
  • Se il tuo bambino piange, puoi iniziare a calmarlo prendendolo in braccio e cullandolo dolcemente. Quando il piccolo percepisce la vicinanza dei genitori e instaura con loro un contatto fisico, si sente immediatamente più rilassato e, di conseguenza, smette di piangere.
  • Una componente fondamentale nel processo di consolazione del neonato è data senza dubbio dalla voce. Capita, infatti, che il piccolo abbia soltanto bisogno di udire la voce dolce e soave di mamma e papà per calmare la propria irrequietezza. Tuttavia, esistono anche altri suoni che possono contribuire a tranquillizzare un bambino in preda al pianto, come il rumore delle onde del mare, della pioggia, del fon e persino dell’aspirapolvere.
  • Se un bambino piange in modo molto concitato soltanto in determinate occasioni e viene regolarmente allattato al seno materno, è importante che la mamma analizzi il proprio comportamento, andando a indagare se tra i cibi consumati ve ne è uno in particolare che possa irritare il piccolo, facendolo piangere. In questo caso, è bene eliminare il suddetto alimento dalla dieta materna per tutta la durata dell’allattamento.
  • Se il pianto del tuo bambino sembra essere implacabile, puoi sempre ricorrere a una soluzione tanto vecchia quanto efficace, ovvero quella di portarlo in giro con l’auto. Il movimento del mezzo aiuterà, infatti, a rasserenare il piccolo, facendolo smettere di piangere. Tuttavia, attenzione a non trasformarlo in un vizio!
  • Dargli il ciuccio
  • Avvolgerlo in fasce, senza stringere troppo.
  • Aiutarlo a digerire con la manovra corretta.
  • Una volta trascorsi i primi mesi di vita, i genitori possono attendere qualche minuto prima di accorrere cosicché il bambino riesca a sviluppare il proprio sistema di auto-consolazione tramite il riflesso di suzione.
  • Se il bambino piange perchè soffre di coliche gassose (vedi sopra), esistono alcuni accorgimenti che i genitori, in particolar modo la mamma, possono adottare per porre rimedio al problema. Innanzitutto è bene rivedere la posizione in cui viene allattato così da prevenire un accumulo extra di aria nello stomaco e, in caso di dolore, massaggiare il pancino e tenere il piccolo in posizione prona sull’avambraccio.

 

Come calmare un bambino che piange© Getty Images

In conclusione, ci teniamo a ribadire che sentimenti come la frustrazione e l’avvilimento sono totalmente normali in un genitore, stremato dal pianto del proprio figlio, e non devono dare origine a sensi di colpa immotivati. Se necessario e sempre e solo che il piccolo non si trovi in una situazione di evidente pericolo, mamma e papà possono attendere qualche minuto prima di intervenire, ritrovando così la lucidità necessaria per aiutare il bambino. Inoltre, è importante che sappiano di non essere soli e di poter sempre chiedere aiuto a figure esperte come psicologi e pediatri, sulla cui esperienza e competenza potranno fare affidamento per affrontare i momenti di sconforto.


Fonte articolo Alfemminile

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Redazione MusaNews
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