Helen Mirren, la star inglese in quarantena scalpita: «Andare in pensione? Non contemplato»

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Dame Helen Mirren

legge poesie in isolamento con il marito sul Lago Tahoe, in Sierra Nevada, tra pupazzi di neve e scoiattoli sul vialetto della baita. E pubblica su Instagram, con la solita squisita autoironia, una foto di “prima mattina” – ci tiene a sottolinearlo – a letto, con gli occhiali da lettura e tutta arruffata.

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Lo fa per una giusta causa: in cambio chiede al pubblico di sostenere con una donazione i reparti di terapia intensiva ai tempi del Covid-19. Quest’immagine è lontanissima da quella impeccabile di appena tre mesi fa, quando al festival di Berlino ha ritirato l’Orso d’oro alla carriera con stile un po’ punk. Allergica a regole ed etichette, è contraria all’aristocrazia – nonostante il nonno fosse un nobile russo – e non solo non è una fan della monarchia, ma ha anche applaudito la scelta di Meghan e Harry di lasciare i doveri reali. Lo ribadisce con disarmante onestà anche se ha vinto il premio Oscar nei panni della Regina Elisabetta II in The Queen e ha di nuovo indossato la corona nella serie Caterina La Grande (disponibile su Sky on demand e su Now Tv).

Non lo avrebbe mai detto quando ha iniziato come ballerina classica e ha proseguito a lungo in teatro in ruoli shakespeariani fin da quando, da adolescente, è stata folgorata dalla messa in scena di Amleto in un palcoscenico di provincia. All’epoca la famiglia non aveva grandi mezzi, ma Helen Mirren ha trovato il proprio posto nel mondo e da allora ha iniziato a divorare pagine e pagine di letteratura. Attualmente su TIMVISION con La vedova Winchester, ha deciso di prendersi poco sul serio e non a caso è tornata nella saga di Fast & furious con il capitolo nove: perché ama i ruoli action e ha detto di non saper resistere alla «voce intensa e alla potenza scenica di Vin Diesel, una stella del cinema nel vero senso della parola».

Helen Mirren

Helen Mirren. (Getty Images)

All’Italia invece la legano uno dei primissimi ruoli (Caligola di Tinto Brass) e la masseria in Puglia dove vive gran parte dell’anno con il marito, il regista premio Oscar Taylor Hackford, sposato nel 1997, «un evento, quello di sposarmi, che non pensavo possibile. Mi sono sempre considerata indipendente e ho fatto grande resistenza nell’accettare consigli e aiuto, ma alla fine ho capito che in due si è più forti». E insieme, ora, Helen e Taylor coltivano anche melograni con grande soddisfazione.


In questo periodo di lockdown le manca sentirsi “una contadina salentina”, come ripete spesso in perfetto italiano?
Mi manca sedermi in Piazza Pisanelli a mangiare un trancio di pizza e bere vino, raccontando pettegolezzi sul paese alle vicine che sono lì con i nipoti. Quest’abbraccio umano mi fa sentire a casa e mi ricorda che non ho bisogno poi di tanto per essere felice. Il tempo che trascorro lì per me è prezioso e non lo dico perché nel Salento è tutto un idillio, ma perché si respira un’aria semplice, di vita vera. Nessuno è influenzato dalle dinamiche dei like su Instagram o dalle tattiche di Hollywood, ci si concentra su quello che conta davvero, come la famiglia, e si riscopre un’esistenza più umana, seppure nella sua complessità. Spero che si riesca ad agire contro la Xylella, una sorta di “coronavirus degli alberi”, una malattia che sta uccidendo ulivi centenari: queste meraviglie erano lì all’epoca di Elisabetta I e Garibaldi e rischiano di scomparire.

Si sente pronta ad abbandonare Hollywood, quindi?
Nel sentire comune questo equivale a rinunciare al glamour dello star system, ma per me andare in pensione vorrebbe dire smettere di alzarmi a orari impossibili per essere alle cinque di mattina sul set. Come dice sempre mio marito, non sono pronta a farlo e non so se lo sarò mai, perché continuo a essere attratta da ruoli brillanti e dai bei progetti. Voglio vedere i grandi all’opera, partecipare e godere delle loro opere, come Parasite e Jo Jo Rabbit, perché non posso smettere d’indagare la natura umana. L’arte fa proprio questo, parla di noi e crea meraviglie.

Intanto continua a collezionare premi alla carriera e, dopo la Ninfa di cristallo al Festival della tv di Monte Carlo, è arrivato anche l’Orso d’oro. Che effetto fa?
Mi permettono di ripensare al passato, cosa che non farei mai di mia spontanea volontà visto che non rivedo mai i miei vecchi film. Dopo l’ultimo ciak archivio un progetto e volto pagina.

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Sul set, invece, si è sempre fatta sentire, eccome.
Non ho mai usato le maniere forti, però, sì, ero sempre piena di suggerimenti… Non sempre graditi, a dire il vero. Mi sentivo in dovere di affrancare le donne dal ruolo che veniva loro affidato, ossia di incarnazione delle fantasie maschili.

Come ha imparato un tale spirito d’intraprendenza?
Probabilmente lo devo allo spessore dei ruoli teatrali, che si basano su testi complessi, mentre all’epoca del mio debutto al cinema i copioni erano semplicistici, al limite dell’infantile. Produttori e distributori facevano barriera e non era facile aprire una breccia.

L’intervista del 1975 in cui accusa Michael Parkinson di sessismo fa ancora scuola: lui le disse che “con certi attributi fisici” era difficile considerarla un’interprete “seria”. Lei rispose a tono: «Intende che una brava attrice non può avere un bel seno?»
Io ero alle prime armi, lui un giornalista affermato eppure non mi sono mai sentita una vittima. A ripensarci oggi mi stupisco di essere stata tanto sveglia già all’epoca. Ammetto però di essere stata figlia dei miei tempi e di aver accettato anche che i ruoli di comando fossero prerogativa maschile. In realtà non ci sono regole, ma solo opportunità.

Helen mirren

Helen in “La vedova Winchester”.

Ora finalmente le donne hanno smesso di fare da tappezzeria nelle storie e ne sono protagoniste. I primi ricordi da spettatrice?
Da ragazza lavoravo come cameriera nel bed & breakfast di mia zia, a Brighton. Durante un pomeriggio di pioggia non avevo niente da fare, così mi sono rifugiata in una sala cinematografia di provincia a vedere qualunque cosa proiettassero. Sempre meglio che bagnarsi all’aperto… Mi sono ritrovata davanti la proiezione di L’avventura di Antonioni e ne sono uscita totalmente cambiata.

Amava il cinema europeo?
Lo preferivo di gran lunga a quello inglese che all’epoca era orribile al punto che si diceva: «Il cinema britannico è vivo… E si trova in tv». Certo, molte pellicole mi facevano incavolare perché sessiste, ma riuscivano comunque ad affascinarmi.

Lei ha contribuito alla Golden Age della tv, con serie fortunate come Prime Suspect. Cosa ricorda di quel periodo?
Ero quasi quarantenne e all’epoca sembrava impensabile che la protagonista fosse donna, insomma un azzardo su tutta la linea. Per fortuna il pubblico ci ha premiato e ha lasciato che questo ruolo mi traghettasse verso la mezza età con sostanza e spessore. È stato pionieristico e ha spianato la strada a molte serie al femminile di oggi.

helen mirren

Olycom/Rex Features

Di rischi ne ha accettati tanti nel corso della sua carriera, compresi i nudi per Tinto Brass in Caligola. Lo rifarebbe?
Premesso che nessun nudo è indispensabile, ricordo benissimo di aver detto che nel giro di vent’anni le storie che all’epoca uscivano solo nei cinema porno sarebbero arrivate sul piccolo schermo. Il trono di spade mi ha dato ampiamente ragione.

Tra le sfide c’è anche quella di aver accettato, da donna matura, di essere ambassador per L’Oréal?
Finalmente vediamo rappresentate donne di tutte le età. Non è possibile che a pubblicizzare una crema viso ci sia non dico una 21enne ma addirittura una 15enne! Cosa dovrei credere? Che quel prodotto mi faccia tornare adolescente? Anche il mondo della bellezza ora abbraccia standard diversi.

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