Non se ne vede l’ora: tornare da parrucchieri, colorist, estetiste, massaggiatrici del cuore. Nella partita ancora totalmente aperta sulla riapertura, le domande sorgono spontanee: come si andrà dal parrucchiere post Coronavirus? E dall’estetista? Come sarà possibile usufruire di servizi che si basano su un contatto fisico molto ravvicinato? Nuove norme rigide di scurezza e igiene sarano imposte dal Ministero, ma cosa ne pensano consumatrici e professionisti del settore?
A queste e ad altre domande ha provato a dare una risposta Uala (www.uala.it), sito e applicazione leader nel Sud Europa pre prenotazioni di servizi beauty e wellnes: ha intervistato oltre 3.000 utenti in Italia e ha confrontato le risposte con quelle di più di 250 gestori di saloni, nonché di una selezione di top manager delle principali aziende beauty, provando a tracciare i confini della realtà con cui dovremo convivere a breve.
E-commerce più che negozi
Dal sondaggio emerge che l’84% degli italiani anche durante la quarantena si è preso cura di sé, di cui il 73% chiamando o videochiamando i loro professionisti di fiducia per farsi guidare o consigliare al meglio per la scelta di prodotti, poi ordinati sui siti ufficiali dei produttori o sui siti multibrand.
Una soluzione immediata potrebbe essere potenziare la vendita dei prodotti direttamente dagli e-commerce dei saloni, canale fino ad ora poco preso in considerazione: “la digitalizzazione accelerata del lockdown imporrà probabilmente ai saloni di presidiare anche questo ambito per recuperare così parte del fatturato” racconta Giampiero Marinò, COO di Uala.
Prenotazioni obbligatorie e virtuali
Nella nuova normalità che vieterà gli assembramenti di persone, non si potrà più condividere il salone con altre dieci persone in attesa per la piega, o il lavaggio dei capelli spalla a spalla. L’unica opzione sarà quindi prenotare con anticipo e organizzare gli appuntamenti online.
Il 66% dei clienti vorrebbe poter usufruire in futuro di più servizi di prenotazione beauty virtuali. Di questi, il 19% sceglierà il proprio salone in base alla sua presenza e prenotabilità online. Certo, al gestore, probabilmente con l’aiuto di qualche software dedicato, andrà l’onere di “Incastrare” al meglio l’agenda virtuale.
Dal parrucchiere anche la sera
Parola d’ordine: flessibilità. Per recuperare l’inevitabile rallentamento del flusso di lavoro nelle nuove norme di sicurezza, si vaglia l’ipotesi di dilatare gli orari di apertura. Ogni salone potrebbe riorganizzarsi e ridistribuire il flusso di clienti lungo fasce più ampie della giornata o in giorni della settimana meno affollati.
Più della metà degli intervistati (51%) sarebbe disposto a recarsi in salone anche dopo le 21, pur di trovare posto. Meno gettonate le fasce orarie mattutine (es. le 6.30), preferite solo nel 17% dei casi. D’altro canto, parrucchieri ed estetiste sembrano già propensi all’idea: il 73% si dice disposto ad ampliare gli orari di apertura riorganizzando i turni dei collaboratori, al fine di diluire l’afflusso dei clienti.
Prezzi più alti? Forse
La piega costerà di più? Forse, soprattutto se ci si vorrà assicurare uno degli appuntamenti più ambiti, il venerdì o il sabato. Il 9% dei saloni ha dichiarato di poter essere costretto a rivedere al rialzo il proprio listino, ma, lato clienti, solo il 4% si dice disposto ad accettare un piccolo sovrapprezzo per garantirsi un posto nelle fasce orarie preferite.
Piuttosto, il 35% dei clienti sarebbe felice di acquistare e pagare in anticipo pacchetti o abbonamenti con sconti interessanti per aiutare i saloni di bellezza sul fronte della liquidità, garantendosi in anticipo trattamenti a prezzi scontati.
Spazi piccoli? Ampliarsi in co-working
In Italia ci sono 95.000 centri di bellezza. “Un numero altissimo che dipinge una realtà costellata da tanti piccoli saloni – spiega Marinò – La ripartenza potrebbe essere difficoltosa dal momento che per dimensioni fisiche o numerosità dello staff, farebbero fatica a gestire le distanze di sicurezza e orari di apertura dilatati”.
Uno scenario possibile per il mondo beauty potrebbe tentare l’idea del coworking. I saloni potrebbero infatti decidere di condividere spazi più grandi, in cui turnare professionisti costretti alla riduzione di ore o stipendi in realtà più piccole e coprire così fasce orarie più ampie. E più lavoro per tutti. La speranza c’è.
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