Famiglie, bambini e adolescenti: i dimenticati nell’era Coronavirus

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I grandi dimenticati dell’era Coronavirus. I bambini e gli adolescenti, chiusi in casa dall’inizio del lockdown, saranno loro gli ultimi a riconquistare a poco a poco la normalità persa mesi fa. Perché tutte le attività, chi prima chi dopo, si stanno avviando verso una graduale ripartenza. Tutte tranne gli istituti scolastici. Asili nido, scuole materne, medie e superiori, università. E allora si rimanda a settembre. Forse. Tra alti e bassi l’istruzione procede con la DAD, didattica a distanza, ma ciò è sufficiente per salvaguardare queste vittime innocenti di una pandemia che si porta dietro strascichi sociali?


Conciliare lavoro e famiglia si fa ancora più complicato

È giunto il momento di tornare al lavoro. Bene, ma chi si prenderà cura dei più piccoli? Molti genitori non possono lavorare in smart-working, e così i figli dove vanno a finire? Dai nonni? No, dai nonni meglio di no. Si rischierebbe di esporli in tutta la loro fragilità al rischio contagio. Allora, la baby-sitter? Beh, non tutti possono permettersela, nonostante il bonus baby-sitter di cui si è tanto discusso e che continua a disorientare i diretti interessati. E poi non è così semplice trovare una persona su due piedi con cui instaurare un feeling sin da subito. Il parere del bambino è quello che più conta e non è assolutamente scontato che l’approvazione di quest’ultimo sia immediata. Senza considerare quel senso di sfiducia nel genere umano che il virus ha subdolamente innescato in noi e che ci fa guardare con sospetto a tutti quelli che ci circondano. Ci possiamo fidare di una sconosciuta di cui non conosciamo la cartella clinica e i contatti avuti negli ultimi giorni? E lei si può fidare di noi? Come fare a mantenere le distanze sociali con bambini per i quali, tra giochi e scambi d’affetto, il contatto è una prerogativa fondamentale? Non dimentichiamoci, poi, che esistono anche famiglie sole che non possono contare su nessuna rete di aiuti solidali, nè amici nè parenti.

Pesa tutto sulle mamme

E a farsi carico di queste difficoltà – come spesso accade – sono le mamme. Che – se mai ce ne fossimo dimenticati – sono anche donne e lavoratrici, non solo mamme. Avete notato che in politica, nei media, durante le chiacchiere al bar, le uniche a essere menzionate in questo discorso sono sempre le mamme e quasi mai i papà? Eppure i figli sono di entrambi, o sbaglio? Se già prima della quarantena, il 31,5 % delle donne disoccupate non cercava lavoro per prendersi cura della famiglia e il 28 % delle mamme ha lasciato la propria occupazione per lo stesso motivo, cosa accadrà ora, dopo una pandemia che ha irrimediabilmente segnato e stravolto l’assetto economico, sociale e familiare del nostro Paese?

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La nostalgia dei bambini

I bambini, inoltre, devono fare i conti con un’altra grande mancanza: la socialità. Sentono la mancanza dei banchi di scuola, anche della noia tra i banchi di scuola, perché avevano la consapevolezza di non essere soli. Provano nostalgia per quel senso di condivisione con i compagni, i momenti di gioco collettivo, le feste di compleanno, la distribuzione di pizzette e caramelle. Ridere per cose che solo i bambini sanno. Per il momento è tutto in stand-by, il loro svago compreso. La situazione si fa ancora più delicata per le famiglie con figli affetti da disabilità, autismo e altre patologie che ne inibiscono lo spirito di adattamento e che le misure restrittive potrebbero contribuire ad aggravare.

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Manca la strumentazione adeguata e cresce il divario sociale

E così, se i genitori sono impegnati con il lavoro e gli amici si possono incontrare ma solo a distanza, che è un po’ come non incontrarli del tutto, ecco che i bambini opteranno per trascorrere ore sul divano, a poltrire ipnotizzati di fronte allo schermo di un tablet o checchessia. Chi un tablet ha la fortuna di averlo. Perché c’è una grossa fetta di minori che non arriva nemmeno a essere tanto fortunato. 850 mila ragazzi tra i 6 e i 17 anni non hanno la strumentazione necessaria per affrontare la DAD, rimanendo inevitabilmente indietro sul programma scolastico e su quelle che sarebbero state le competenze che quest’anno accademico avrebbe dovuto fornire loro. Altri, invece, il 57 %, hanno un solo computer che va condiviso con il resto della famiglia, dovendo così cimentarsi nella disciplina del triplo salto mortale per poter conciliare gli impegni di ognuno. Purtroppo – tocca dirlo – non sempre ci si riesce. Insomma, questo virus è una piaga tanto sanitaria quanto sociale, che sta contribuendo in larga parte a esasperare il divario sociale tra le famiglie italiane, impattando soprattutto sulle fette di popolazione più vulnerabili e povere.

Gli adolescenti come stanno?

E poi ci sono gli adolescenti, spesso ignorati per la loro fascia di età, in bilico tra l’infanzia e l’età adulta, ugualmente vittime in questo particolare frangente. “Donne e qualità della vita”, uno studio condotto dall’associazione di psicologi, rivela che uno su tre soffre di sintomi depressivi a causa del lockdown. Per quelli che quest’anno dovranno affrontare l’esame di maturità, ancora poca chiarezza sul lato pratico e, sul lato emotivo, un grande sconforto. Niente addii, niente pianti da ultimo giorno di scuola, niente festone post-esame o viaggio di maturità. Tutte esperienze formative che il ragazzo non potrà in alcun modo recuperare. A molti di loro, per giunta, tocca assumersi presto grandi responsabilità, assumendo il ruolo di baby-sitter last-minute dei propri fratelli per sopperire alla mancata assistenza dei minori.

Si può fare di più?

È questa la condizione in cui un paese civile come l’Italia vuole lasciare le famiglie, da sempre colonne portanti della società? Una condizione di totale abbandono? Noi ci auguriamo sia solo una questione di tempo prima che le istituzioni mettano in moto iniziative che vadano a tutelare anche questa categoria, tanto importante quanto ignorata.

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