Diventare un automa del dovere è la ricetta della stupidità, secondo Nietzsche

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Il processo di educazione e socializzazione a cui siamo sottoposti fin dall’infanzia passa attraverso l’inoculazione dei “doveri”. Tali doveri si esprimono in una miriade di modi, dai valori positivi socialmente accettati agli obblighi che assumiamo. Di conseguenza, non sorprende che il nostro modo di pensare e di parlare quotidiano sia pieno di “doveri”.

Il dovere ha un doppio significato. Da un lato, implica “essere obbligati verso l’altro” e, dall’altro, “essere obbligati a qualcosa”. Pertanto, implica il riconoscimento che siamo obbligati a fare qualcosa perché lo dobbiamo agli altri.

Il dovere, infatti, è usato come un verbo modale che dà origine a comandamenti come “devi sforzarti”, “devi lavorare” o “devi essere buono”. Quando interiorizziamo questi comandamenti sociali coniughiamo il dovere e questo diventa un comandamento interno: “devo sforzarmi”, “devo lavorare” o “devo essere buono”.

C’è quindi un passaggio da interpsicologico a intrapsicologico. La pressione sociale si attenua a favore della pressione interna. A quel punto, secondo Friedrich Nietzsche, diventiamo automi che rimangono intrappolati nelle reti del dovere. E questo è il percorso più diretto verso la “decadenza e la stupidità”, secondo il filosofo.

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Abbracciare i valori degli altri porta all’auto-falsificazione

Essere la causa di se stessi, l’unico responsabile della propria esistenza e della propria azione: questa è l’idea che Nietzsche ha difeso ferocemente e il leitmotiv del suo lavoro. L’uomo come soggetto attivo della propria vita, che esercita la massima libertà ed è in grado di liberarsi dai comandamenti sociali che gli impediscono di raggiungere il suo potenziale come persona.


Nietzsche ha combattuto contro la moralità, almeno quella imposta dai diversi sistemi di controllo. Credeva nell’esistenza di valori e virtù che diventano bussole nella nostra vita, ma solo quelli che sono veramente nostri.

“Una virtù deve essere una creazione propria, la nostra difesa più personale e una necessità; in ogni altro caso è solo un pericolo. Tutto ciò che non rappresenta una condizione vitale è dannoso: una virtù dettata semplicemente da un senso di rispetto per l’idea di “virtù” è dannosa”, scriveva.

Tutte quelle virtù che non sono nate da noi, ma sono state imposte e rispettate senza un processo di riflessione, possono finire per diventare un obbligo e, quindi, possono limitare il nostro potenziale facendoci prendere decisioni che non ci aiutano a crescere ma limitano la nostra intelligenza.

Nietzsche era convinto che abbracciare i valori sociali senza metterli in discussione portasse allo sviluppo di una morale schiavizzante. Ecco perché dobbiamo assicurarci di non oltrepassare il limite sottile che esiste tra la virtù che porta al superamento e ciò che diventa una rigida regola che finisce per paralizzarci.

In tal senso, quelle virtù possono essere estremamente dannose. Quindi il sublime comandamento “devi” porta alla “falsificazione di se stessi”, come diceva Nietzsche.

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Lo spirito libero non si lega nemmeno a se stesso

Nietzsche ha inoltre sostenuto lo sviluppo di virtù e valori contestualizzati e pragmatici. Non credeva che le virtù astratte potessero apportarci qualcosa di valore per il nostro sviluppo personale.

Pensava che quando “’virtù’, ‘dovere’ e ‘bene in se stesso’ acquisiscono un carattere impersonale e universale, diventano fantasmi”. Ha affermato che “un popolo perisce quando confonde il dovere personale con il concetto di dovere in generale”. Quel dovere trasforma il sacrificio in un’astrazione. Quindi il sacrificio o qualsiasi altro valore o azione diventano vani, insignificanti.

Come antidoto, ha proposto che “ogni persona scopra la propria virtù da solo”, perché questa deve essere il risultato di una “profonda decisione personale”. Per fare questo, dobbiamo prima fare un esercizio d’introspezione che comporta riconoscere e accettare le ombre e le luci dentro di noi, così da poter unificare i nostri impulsi e desideri. Solo così possiamo sviluppare valori personali che non sono in continuo conflitto con la nostra essenza.

Trovare questi valori implica anche affrontare il passato senza risentimento e persino ricrearlo modificandone il significato, ma tenendo sempre conto del carattere prospettico: “ogni significato è creazione provvisoria senza garanzie o sicurezze e ogni creazione è responsabilità e rischio senza giudizio finale”, scrisse il filosofo. Ciò significa sia accettare il nostro “io” passato sia l’incertezza del futuro.

Questa visione “nietzscheana” ci trasforma in spiriti liberi. Persone mature che non sono schiavizzate dal loro passato e non temono il futuro. Ma anche a quel punto non possiamo abbassare la guardia perché possiamo sempre rimanere intrappolati nella rete dei valori che costruiamo. “Facciamo in modo che non diventi la nostra vanità, il nostro ornamento e il nostro abito di gala, i nostri limiti, la nostra stupidità”, avverte Nietzsche.

Lo spirito libero è, quindi, quello che si sforza di coltivare la propria virtù in armonia con la sua natura. Ma è anche quello che riesce a liberarsi di se stesso. Pertanto, è una persona consapevole che tutto è in continua evoluzione. Compresi i suoi valori e le sue virtù.

                       

Fonti:

Nietzsche, F. (2011) El anticristo. Losada: Buenos Aires.
Nietzsche, F. (2012) 
Más allá del bien y del mal. Alianza Editorial: Madrid.

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