Dire, fare, mangiare: proverbi e modi di dire sul cibo e cosa significano

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    “Gli italiani mangiano sempre e, quando non lo fanno, parlano di cibo”. Non ricordo chi sia l’autore della frase, ma chiunque l’abbia detta ci ha visto lungo sulle abitudini alimentari e lessicali del nostro Paese. In effetti, secondo un recente sondaggio condotto per conto della Coca-Cola Italia su un campione di oltre 1500 volontari, il 75% degli italiani è solito parlare di cibo e lo fa soprattutto a tavola quando è a casa. Nel 67% dei casi il tema è il cibo che si sta mangiando in quel momento, mentre il resto della torta se lo dividono ciò che si è già mangiato (20%) e quello che si mangerà (13%). Insomma, il cibo è un argomento che gli italiani… masticano parecchio!

    Ma se è vero che parliamo di ciò che mangiamo, è altrettanto vero che parliamo come mangiamo? A giudicare dai numerosi proverbi sul cibo che caratterizzano il nostro linguaggio quotidiano, sì. Ecco allora una lista di alcuni dei modi di dire sull’alimentazione che usiamo più di frequente, e non solo per riferirci alla cucina. 

    Farina, panificati e pizza: modi di dire sul pane 

    tutta farina del tuo sacco

    Non tutte le ciambelle escono col buco (ma per fortuna, ci sono tanti altri cibi col buco che riescono benissimo!): è così siamo soliti consolarci quando qualcosa non viene proprio come vorremmo. E d’altra parte, si sa, spesso chi ha il pane non ha i denti e chi ha i denti non ha il pane, ovvero chi ha gli strumenti per fare ciò che desidera purtroppo non sempre ha anche le materie prime per realizzarlo, e viceversa. 

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    Pane e denti sono compagni anche di un’altra espressione idiomatica piuttosto comune: se qualcosa è (o non è) pane per i nostri denti significa che siamo (o meno) all’altezza della situazione e sappiamo (o meno) superare ostacoli e difficoltà di una particolare condizione. Un modo di dire che conserva anche un certo senso di sfida e misurazione del proprio valore, simile per certi versi alla circostanza in cui si rende pan per focaccia, ovvero ci si vendica, ripagando il torto subito con un’azione di pari efficacia. Pare che questa locuzione, già nota ai tempi di Boccaccio, sia nata per un’usanza di buon vicinato e solo dopo abbia acquisito la connotazione negativa con cui oggi la adoperiamo. Sembra infatti che, in epoca antica, quando le massaie erano a corto di farina per fare il pane, ricorressero alle vicine, le quali prestavano volentieri una o più “focacce”, cioè impasti, alle amiche sguarnite. Spesso poi, il prestito veniva loro restituito sotto forma di pane fresco, appena sfornato.  

    Dunque, è proprio il caso di dirlo, a volte non è tutta farina del proprio sacco! Altra espressione che deriva dal Medioevo, quello goliardico, e dalla traduzione del latino maccheronico di non est de sacco ista farina tua, frase usata per indicare qualcosa che non è stata interamente prodotta da chi ne reclama la paternità. 

    La Toscana, con le sue famose zuppe regionali, sarebbe invece la patria d’origine del proverbio se non è zuppa è pan bagnato, che sta a significare due cose o azioni talmente simili che potrebbero essere la stessa, come lo erano le versioni più antiche e semplici della zuppa e il pane raffermo inumidito. 

    Noia e malessere trovano invece espressione nell’insolita esclamazione: che pizza! Il motivo dell’associazione tra la pizza e il fastidio non è molto chiaro e ben tre le sue possibili interpretazioni:

    • La prima, secondo cui la pizza va intesa non in senso alimentare, ma come la custodia metallica delle vecchie pellicole da cinema, chiamate appunto pizze. In questo caso, il detto deriverebbe dall’associazione con un film particolarmente lungo e monotono.
    • La seconda, che riporta invece la pizza in cucina e vuole riferirsi proprio all’impasto basso e piatto, quindi appunto “noioso”, che caratterizza questa ricetta. 
    • La terza, infine, che intende sempre la pizza che si mangia, ma solo dopo una lenta lievitazione, cosa che richiede una lunga attesa e molta pazienza.  

    che pizza

    Ma lasciamo da parte la pizza e continuiamo la nostra rassegna dei proverbi sul cibo, perché non di solo pane vive l’uomo. Questa espressione trae spunto da un passo biblico e sottintende il bisogno, per gli uomini, di altro nella vita oltre al cibo o allo stipendio (detto anche “salario”, dall’antica usanza dei romani di pagare i soldati con una certa quantità del prezioso minerale, o familiarmente “la pagnotta”).   

    Proverbi sull’acqua, il latte e il vino 

    Non ai tempi di Roma, ma all’Età di Mezzo, risale invece un altro retaggio latino ancora oggi in uso, il famoso in vino veritas, ovvero “nel vino, la verità”. Il riferimento è alla capacità del vino di “sciogliere” la lingua di chi lo beve, che si può così trovare nella condizione di dire pane al pane e vino al vino, ovvero di parlare apertamente, rivelando esattamente come stanno le cose.

     

    Tutto il contrario di chi, invece, decide di adottare la strategia dell’acqua in bocca: monito impiegato per intimare a qualcuno di mantenere un segreto. Leggenda vuole che, dietro a questo bizzarro modo di dire, vi fosse una donna piuttosto pettegola che, per evitare di cadere nuovamente nella tentazione di parlare male dei suoi compaesani, si rivolse al confessore in cerca di un rimedio per questo suo irrefrenabile vizio. Il prete, dopo aver tentato con gli espedienti classici, decise di prescriverle alcune gocce di acqua benedetta, da tenere in bocca senza deglutire ogni qualvolta si fosse sentita sul punto di dare sfogo alla sua malalingua. Da qui, l’usanza di raccomandare acqua in bocca a chi si vuole in qualche modo… zittire!

    in vino veritas

    Non l’acqua, ma il latte è invece solito scendere e non solo giù per la gola, ma alle ginocchia. Far scendere il latte alle ginocchia (o sentire il latte alle ginocchia) significa annoiare mortalmente. Due sono le possibili spiegazioni attestate: la prima che fa risalire l’espressione al mondo contadino, a quando la mungitura avveniva manualmente e l’allevatore era costretto a rimanere seduto ai piedi dell’animale, finché non fosse riuscito a riempire un secchio solitamente trattenuto tra (e alto come) le sue ginocchia. Insomma, un lavoro certamente tedioso e stancante. La seconda versione riporta invece la parola latte all’etimologia latina che, in una particolare declinazione, avrebbe avuto il significato di viscere, intestini: quando questi, o altri parti del corpo, scendono fino alle ginocchia è perché, tendenzialmente, ci si sta annoiando parecchio! Inutile lamentarsi però, anzi, per meglio dire: non si piange sul latte versato, ovvero non serve a molto pentirsi di qualcosa quando il danno è già stato fatto, col senno di poi.  

    latte versato

    E non è raro che il danno sia dovuto proprio a una certa tracotanza, magari perché si è cercato di ottenere tutto in un colpo solo… volere la botte piena e la moglie ubriaca è, infatti, impresa impossibile: o l’una o l’altra. Infine, a proposito di donne e vino, non è raro che le prime vengano associate anche ai contenitori del secondo. O, almeno, a quelli piccoli. Si dice che nella botte piccola, c’è il vino buono: come il vino si conserva meglio nelle botti di piccola taglia (ma non vanno sottovalutati i vantaggi del vino in anfora), così le donne di piccola taglia sono, secondo il detto popolare, particolarmente promettenti. 

    Detti sul cibo a base di carne, pesce e uova

    Non tanto alla taglia, quanto all’età delle donne ci si riferisce invece quando si usa il proverbio, non proprio lusinghiero, gallina vecchia fa buon brodo, ovvero le donne mature sono quelle di sostanza. Ad entrambi i sessi appartengono invece quelli che di sostanza ne hanno poca, nonostante le evidenti manifestazioni contrarie: di loro si dice, infatti, che sono tutto fumo e niente arrosto. Rimanendo in tema di proteine animali, una situazione particolarmente spiacevole è quella di chi invece mette troppa carne al fuoco: se i pezzi di carne posti sulla griglia rovente non vengono opportunamente girati, qualcosa si brucerà o rimarrà crudo. Perciò, meglio non esagerare e avere sempre il polso della situazione, dentro e fuori dal barbecue. 

    Del pesce, gli italiani sentenziano principalmente il cattivo odore, in almeno due modi di dire: 

    • Il pesce puzza sempre dalla testa: ovvero, se qualcosa non va, tendenzialmente è colpa di chi ne è a capo (anche se – bisogna dirlo – il pesce non maleodora unicamente dalla testa). 
    • L’ospite è come il pesce, dopo tre giorni puzza: anche in questo caso vanno fatte le dovute specifiche. Non si tratta infatti di un’insinuazione sull’igiene personale dell’ospite e, come sappiamo, anche le esalazioni del pescato dipendono dalle modalità di congelamento del pesce. Il detto sottolinea più che altro come, in generale, un soggiorno breve sia più gradito di uno lungo. 

    Anche le uova sono fonte di ispirazione di molte espressioni familiari che ci rimandano ad antiche usanze contadine, come quella di chi rompe le uova nel paniere. Costui è un vero guastafeste, perché rovina i piani altrui, intromettendosi in modo imprevisto e rovinoso e distruggendo tutto il lavoro fatto da altri sin lì: al pari dell’uovo che, dopo essere stato deposto e covato a lungo dalla gallina nel paniere, viene rotto anzitempo vanificando tutto lo sforzo compiuto. 

    uova nel paniere

    Altrettanto inutile – e poco apprezzata – è l’attività di chi invece cerca il pelo nell’uovo: questo modo di dire, di lontane origini, indica infatti una persona estremamente meticolosa, pedante e pignola, che si mette persino a cercare qualcosa che non c’è (le uova, non hanno i peli!). Secondo una versione alternativa, l’uovo in questione sarebbe un modo figurato per indicare la testa calva di un uomo: glabro da tanto quanto un guscio.  

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    Con molta cautela deve muoversi invece chi decide di camminare sulle uova: altra metafora coniata per definire tutte quelle situazioni in cui bisogna prestare attenzione alle mosse che si fanno perché, da un momento all’altro, qualcosa potrebbe andare storto e fare una… frittata! 

    Legumi, verdure e castagne: modi di dire sul cibo “green”  

    Come visto sin qui, sono tanti i modi di dire sul cibo di ogni tipo, eppure quelli che hanno a che fare con frutta e verdura sono tra i più numerosi e fantasiosi, probabilmente perché, trattandosi di un cibo “povero”, sono riusciti a nutrire non solo le pance, ma anche l’immaginazione dei parlanti di ieri e di oggi. 

    Tra i più misteriosi, il detto andare o cascare a fagiolo, ovvero essere perfetto, andare a genio. Una locuzione dall’origine incerta, che potrebbe essere legata al gusto toscano per questi legumi o al fatto che proprio i fagioli, come anche le fave, erano spesso utilizzati per tenere il conto negli scrutini e nelle adunanze pubbliche. Un po’ come ancora oggi si fa con le schede del tombolone natalizio!  Sempre ai toscani si dovrebbe anche l’espressione andare in brodo di giuggiole, ovvero andare in sollucchero, provare gioia ed eccitazione. A dire il vero, le giuggiole non c’entrano poi molto, dato che in questo caso la parola “giuggiole” sarebbe una storpiature del toscano succiole, ovvero le castagne cotte nell’acqua. 

    Quando le castagne si levano dal fuoco (con la zampa del gatto) significa invece che stiamo rovinando i piani di qualcuno, tenendoci per noi il frutto del suo lavoro: questa frase proverbiale deriverebbe da alcune fiabe secondo cui, all’insaputa dell’uomo che stava cuocendo alcuni marroni sul fuoco, una dispettosa scimmia si servì del gatto per rubargliele e mangiarsele al posto suo. Peccato solo che non sia stata presa in castagna! “Prendere in castagna” significa, infatti, cogliere in fallo ed è spesso usato per azioni di lieve entità. 

    marrone castel del rio Igp min

    Non di lieve entità invece è l’impresa di chi cerca di cavar sangue da una rapa: l’espressione indica la fatica inutile e controproducente di chi cerca di ottenere qualcosa da qualcuno che proprio non la può dare come, appunto, il sangue da una crocifera. 

    Salvare capra e cavoli, invece, deriverebbe dalla storia di un contadino che, dotato di un’imbarcazione a due soli posti di trova nell’impiccio di dover caricare con sé una capra, dei cavoli e un lupo, senza che nessuno si mangi nessun’altro: come fare? L’indovinello ha una soluzione – che lasciamo trovare a voi – e che si è tramandata fino ai giorni nostri col significato di conciliare due esigenze opposte, assecondando doppiamente i propri interessi. A base di cavoli è anche l’espressione di chi non trova nulla di attinente tra due argomenti: c’entra come i cavoli a merenda è ciò che diciamo quando vogliamo sottolineare l’incompatibilità di due discorsi, inconciliabili tanto quanto queste verdure e lo spuntino pomeridiano. Un abbinamento ardito, a tratti quasi buffo, sicuramente frutto di un amico con il classico spirito di patata: una persona, cioè, dotata di dubbio senso dell’umorismo, o la cui ironia non fa particolarmente ridere… dalla patata si ricava infatti un tipo di alcol (lo spirito, appunto) impiegato nella vodka e in altri liquori popolari, non particolarmente pregiati. 

    E chi di noi non ha un amico con poco sale in zucca? Ai tempi dei romani le zucche, svuotate ed essiccate, erano impiegate come contenitore per il sale, bene prezioso per la conservazione – oltre che per il condimento – degli alimenti: ecco perché una zucca vuota è solo un involucro senza uno scopo utile.  

    Tutti frutti: una macedonia di proverbi 

    frutta senza calorie

    pilipphoto/shutterstock.com

    Ebbene sì, siamo alla frutta! Ovvero siamo alla fine del pasto e sono terminate anche le nostre energie, siamo stanchi e poco tonici. Tre sono in particolare i frutti oggetto di modi di dire su cui ci vogliamo concentrare: le mele, i fichi e le ciliegie.

    Una mela al giorno toglie il medico di torno: un proverbio che insegna fin da bambini le proprietà benefiche di questo frutto per l’organismo. Per fortuna di Newton, poi, la mela non cade mai lontana dall’albero, che significa che genitori e figli si somigliano, anche nei comportamenti, perciò i secondi non si discosteranno mai troppo dai primi. 

    Non solo di faccende familiari, ma anche di amore e disamore è protagonista la nostra mela: essere l’altra metà della mela per qualcuno vuol dire infatti essere il pezzo mancante per fare l’intero. Mentre è tutto intero il pomo della discordia: un modo di dire che ha origine mitologiche e conseguenze tutt’ora parte dei libri di scuola. Narra il mito che alle nozze di Teti e Peleo fossero presenti tutti gli dei dell’Olimpo, ad eccezione di Temi, dea della discordia, che per vendicarsi dell’offesa ricevuta, gettò sulla tavola una mela d’oro con incise le parole “Alla più bella”. Venere, dea dell’amore, Minerva, della sapienza, e Giunone, consorte di Giove, re dell’Olimpo, si contesero la mela finché non fu eletto Paride come giudice della contesa. Fu lui ad assegnare la mela dorata a Venere, che in cambio gli diede la donna più bella del mondo, ovvero Elena, già moglie di Menelao, re di Sparta, che Paride pensò bene di portare con sé a Troia, dando inizio al ventennale conflitto raccontato anche da Omero. Il pomo della discordia rappresenta pertanto, in senso figurato, l’oggetto del contendere, causa della lite tra due o più persone.  

    E, a proposito di banchetti e cerimonie, siamo certi che quelle divine non saranno state affatto povere di leccornie e prelibatezze: gli dei non sono certo i tipi da fare le nozze coi fichi secchi. Un’espressione che indica scherzosamente l’inadeguatezza di certe scelte e la volontà di risparmiare in modo forzoso anche laddove proprio non si può: come nel caso dei festeggiamenti coniugali. La ciliegina sulla torta? È così che si dice, ironicamente, quando un’opera è completa e manca giusto quell’ultimo elemento per renderla perfetta, nel bene o nel male.  

    Non solo proverbi sul cibo: posate e utensili da cucina

    pentole e utensili

    Il nostro parlato quotidiano è quindi parecchio condito di proverbi sul cibo a cui si aggiungono i detti che hanno a che fare con la cucina, ma non strettamente con gli alimenti. Un esempio? Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, pertanto tutto ciò che bolle in pentola (soprattutto se si tratta di malefatte) prima o poi viene a galla e non c’è modo di nasconderlo. Tanto più che, a volte, nel tentativo di migliorare la situazione, si corre il rischio di cadere dalla padella alla brace! Che significa, appunto, andare da una situazione critica (la padella) a una ancora più critica, peggiore della prima (la brace appunto). Si può usare in quelle situazioni in cui il cambiamento, che ci si aspettava positivo, è invece risultato molto più controproducente e negativo del punto di partenza. In questa espressione idiomatica è implicita infatti anche una sfumatura di rammarico o di pentimento, che in qualche modo potrebbe essere legata all’origine della frase stessa: come citato da diverse fonti, questa deriverebbe da un racconto popolare secondo cui alcuni pescetti, messi a cottura in una padella ancora vivi, ai primi sentori dell’olio caldo decisero di tentare di salvarsi, saltando fuori dalla padella finendo così, invece, sulla brace poco distante.

    Una storia paradossale se pensiamo che a noi umani capita, al contrario, di affogare o perderci in un bicchiere d’acqua, cioè andare nel panico per un’inezia. Meglio allora mantenere saldi i nervi e, soprattutto, avere il coltello della parte del manico, cioè essere in posizione di vantaggio rispetto agli altri, o alle circostanze, col pieno controllo della situazione.  

    Conoscevate già questi proverbi sull’alimentazione e il loro significato? Quali sono quelli che vi piace usare di più? Fatecelo sapere nei commenti!

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