Alcuni dicono che i cambiamenti tecnici sono lo specchio di ciò che ci circonda, alcuni dicono che sono un processo naturale altri ancora asseriscono siano il risultato di forzature al servizio di altri interessi, sono le conseguenze di necessità extra campo.
Una cosa possiamo provocatoriamente dirla, il cambiamento non sempre è sinonimo di evoluzione.
Soprattutto nel Calcio, in quello sovraesposto, in quello mediatico e circense che sta dividendo le vecchie generazioni e che allinea quelle future.
La mia è certamente quella più spaesata, nella quale identificarsi è più difficile, nella quale scegliere è praticamente impossibile.
Dentro e fuori il campo.
La mia generazione è l’ultima del calzettone intero e del campo di terra di periferia, dello Stadio come migliore soluzione e della Domenica come giornata unica del Signore e del Pallone. Ma è anche la prima della tecnologia come strumento indispensabile per la vita, della pay tv e dei social.
Una generazione inserita in un vortice di informazioni senza manuale d’uso e che ha dovuto scriverlo per conto suo.
Una generazione che ha costruito miti in un mondo che non c’è più e che oggi appaiono decontestualizzati, storie romantiche di qualche era fa.
Eppure sono passati solo 25 anni.
Se proprio vogliamo fare una sintesi la troviamo in Ronaldo, nel nome e nei fatti.
Da Ronaldo a Ronaldo, da Nazario a Cristiano, dal Fenomeno a CR7.
Due Campioni che escono dall’ordinario ma che tracciano il cambiamento e fotografano il disagio della mia generazione.
Ronaldo, il brasiliano, fine anni ’90 era inserito in un contesto agonistico e “d’impatto” all’apice della sua espressione, dove gli attaccanti toccarono il punto più basso di tutela, dove si andava più piano ma ci si scontrava più forte. Cristiano, per convenzione, si esprime in un gioco dal ritmo vertiginoso e dove il tasso di espressione medio della fase offensiva è certamente più alto. Partite più veloci nelle quali le capacità funzionali sono decisive dove si corre di più e ci si scontra di meno.
Ed il contesto ruvido e sordo di fine anni ’90 si sfoga con quello patinato e politicamente corretto del presente nei quali i Ronaldo sono dimensionati come simboli di prima e di un dopo.
Perché se esiste questo calcio oggi lo dobbiamo al talento bastonato e irraggiungibile di Ronaldo, giocatore attuale in un mondo antico.
E sono sicuro esisterà anche un calcio post CR7 dove la meticolosa, maniacale e chirurgica attenzione alla ricerca della perfezione come mezzo per la vittoria condizionerà lo sviluppo di nuovi cambiamenti.
Due facce dello stesso cognome, due realtà di inizio e fine.
Il Calcio di Oggi parte da Ronaldo e arriva a Ronaldo, il cambiamento che si compie in tutte le versioni.
Tecnica, tattica, arbitrale, mediatica, sociale.
I due segnano il passaggio definitivo dal Calcio di opposizione al Calcio di Identità, da quello esasperato a quello necessario, dal Calcio per tutti al Calcio di tutti.
Dentro ci siamo Noi, oggi quasi quarantenni, che ci troviamo non solo a scegliere ma ad insegnare e far scegliere sapendo che le risposte migliori arrivano con il linguaggio di oggi ma il messaggio di ieri.
Qualcuno si chiederà ma tu chi vorresti nella tua squadra?
La mia risposta la trovate nella definizione di cambiamento, che non sempre è sinonimo di evoluzione.
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