Per arginare la pandemia innescata da SARS-CoV-2 (il virus che causa COVID-19) può essere utile ricorrere al plasma delle persone che hanno affrontato e superato l’incontro ravvicinato con il nuovo coronavirus? Abbiamo chiesto chiarimenti a Giancarlo Liumbruno, direttore del Centro Nazionale Sangue.
Il plasma: risorsa per gestire l’emergenza?
La Food and Drug Administration, l’ente statunitense preposto al controllo dei farmaci, ieri ha annunciato di voler facilitare l’accesso al plasma da convalescenti, prelevato cioè dal sangue di persone che si sono riprese da COVID-19, con l’auspicio che gli anticorpi presenti possano facilitare il recupero di altri pazienti e ridurre gli effetti più gravi della malattia.
L’uso del cosiddetto plasma da convalescenti è stato già contemplato per altre infezioni respiratorie, come la Sars del 2003, la pandemia influenzale H1N1 del 2009 e la Mers del 2012. Tuttavia – scrive la FDA – anche se promettente, il plasma non ha dimostrato di essere efficace per tutte le malattie considerate. Per questo sono necessari studi clinici, prima di somministrarlo regolarmente a tutti pazienti con COVID-19.
Considerata però l’emergenza di salute pubblica, mentre il lavoro dei ricercatori prosegue, la FDA ne consente l’uso, quale farmaco sperimentale, per il trattamento di pazienti gravi o in pericolo di vita.
Il plasma contiene anticorpi utili
Il nostro organismo per combattere le infezioni produce anticorpi. «Una volta guariti, il plasma (che rappresenta la parte liquida del sangue) contiene gli anticorpi: sono immunoglobuline. Però l’uso del plasma donato da pazienti è un protocollo terapeutico non supportato da robuste evidenze scientifiche: vi si ricorre per uso compassionevole, in situazioni di emergenza» chiarisce. «E proprio perché è una terapia di prima linea, mancano solidi dati scientifici che ne attestano l’efficacia. E nel caso specifico che stiamo affrontando adesso c’è ancora da capire quanti anticorpi contiene il plasma dei pazienti che hanno superato l’infezione e se neutralizzano effettivamente il virus».
Insomma, lo si è usato in passato in assenza di farmaci specifici e di un vaccino.
Che cosa vuol dire “per uso compassionevole”
In questo periodo si sente spesso parlare di “farmaci ad uso compassionevole”. Anche il plasma può essere usato a tale scopo. Ma che cosa significa? Come spiegato da Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco), “È previsto il ricorso al cosiddetto “uso compassionevole” (D.M. 7 settembre 2017) per un medicinale sottoposto a sperimentazione clinica, al di fuori della sperimentazione stessa, in pazienti affetti da malattie gravi o rare o che si trovino in pericolo di vita, quando, a giudizio del medico, non vi siano ulteriori valide alternative terapeutiche, o nel caso in cui il paziente non possa essere incluso in una sperimentazione clinica o, ai fini della continuità terapeutica, per pazienti già trattati con beneficio clinico nell’ambito di una sperimentazione clinica almeno di fase II conclusa”. E ancora: “In base alla normativa vigente è prevista la possibilità di impiegare per malattie rare e tumori rari medicinali per i quali siano disponibili anche solo i risultati di studi clinici sperimentali di fase I che ne abbiano documentato l’attività e la sicurezza; in tali casi, la richiesta deve essere fondata sul prevedibile beneficio in base al meccanismo d’azione e agli effetti farmacodinamici del medicinale”.
Il plasma è una risorsa preziosa
«Consideriamo il tetano, per esempio» dice Liumbruno. «Il vaccino attiva le difese del sistema immunitario e la produzione di anticorpi che, dopo un lasso di tempo, determinano un’immunità duratura». Il vaccino, dunque, non conferisce protezione immediata, ma stimola il sistema immunitario a produrre anticorpi per poter neutralizzare il “nemico”: in pratica, ci si vaccina per non ammalarsi.
«Invece, per il trattamento terapeutico non si ricorre all’uso del plasma ma alla somministrazione delle immunoglobuline antitetaniche ricavate dal plasma. In altre parole, la terapia non si fa attraverso l’infusione del plasma, che contiene sì gli anticorpi ma anche altre cose, ma somministrando gli anticorpi specifici estratti con metodi di frazionamento industriale».
Dal plasma derivano farmaci salvavita
Insomma, il plasma è una risorsa preziosa usata come materia prima per produrre farmaci salvavita, come i cosiddetti medicinali plasmaderivati, tra cui le immunoglobuline.
Ciò nonostante, per contrastare il virus SARS-CoV-2 – dato che non abbiamo né un vaccino utile per prevenire il dilagare dell’infezione, né farmaci specifici per il trattamento della COVID 19 – nella corsa contro il tempo si vuole tentare anche questa strada nella gestione dei pazienti gravi. «Ma ripeto – sottolinea Liumbruno – è un iter terapeutico d’emergenza».
Al Policlinico di Pavia è tutto pronto
Intanto al Policlinico San Matteo di Pavia hanno messo a punto un protocollo terapeutico per trattare i pazienti più gravi con trasfusioni di plasma da convalescenti: «il protocollo è stato approvato dal comitato etico dell’ospedale che, dal Centro Nazionale Sangue, ha ricevuto il protocollo per selezionare i pazienti donatori» conclude Liumbruno.
Secondo il Consiglio Superiore di Sanità, si definisce guarito il paziente che non manifesta più i sintomi dell’infezione da Covid-19 e che risulta negativo in due test consecutivi, effettuati a distanza di 24 ore uno dall’altro, per la ricerca del nuovo coronavirus.
In attesa di poter procedere con l’infusione, Cesare Perotti, responsabile del servizio di Immunoematologia e medicina trasfusionale del Policlinico di Pavia, commenta: «è una terapia biologica e a basso costo che, considerata la situazione d’emergenza, potrebbe dare una grossa mano».
«Il nostro protocollo è open, registrato sul registro ClinicalTrial.gov: l’American Society of Hematology ci ha chiesto di condividerlo per fronteggiare la situazione».
«Certo – continua – di questo virus sappiamo ancora poco, ma l’infusione del plasma è una procedura già usata in passato, per esempio per l’epatite B quando non c’era il vaccino, con Ebola… e in Cina sono stati ottenuti risultati promettenti utilizzando il plasma da pazienti guariti dalla malattia».
«Abbiamo ottenuto l’autorizzazione dal Centro Nazionale Sangue a raccogliere da pazienti convalescenti il plasma con il titolo di anticorpi adeguato. Aspettiamo di poter procedere con le infusioni».
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