Con questo articolo intendo inaugurare una serie di pubblicazioni sul tema del complesso di Edipo, con l’obiettivo di avvicinare i lettori ad un argomento di cui magari si è sentito parlare, a cui comunemente si associano reminiscenze scolastiche o magari favole e vaneggiamenti di vecchi psicoanalisti, mummificati nei loro studi freddi e costosi; cercherò di mostrare come questo sia, al contrario, un tema più che mai attuale, presente ed universale, dinamico ed inevitabile, delicato e complesso, dalla cui risoluzione e superamento dipende, come vedremo, lo sviluppo psico-sessuale dell’individuo (e non solo).
Tutti conoscono bene o male la storia di Edipo, colui che per una serie di avvenimenti si ritrovò ad uccidere il padre e a sposare la madre, il tutto inconsapevolmente.
L’inconsapevolezza di Edipo è la stessa nostra inconsapevolezza, in quanto, come vedremo, questa dinamica non interessa solo questo personaggio di fantasia, bensì è una tappa fondamentale della storia psichica ed inconscia di ognuno di noi; negare tale principio psichico non fa altro che renderci sempre più simili ad Edipo stesso, il quale dopo aver scoperto le terribili verità, si acceca per non poter più vedere il sole, testimone del suo delitto, finendo per vagare tra i boschi.
Iniziamo questo viaggio partendo da una frase tratta dal Faust di Goethe: “Ciò che hai ereditato dai padri, Riconquistalo, se vuoi possederlo davvero.”
Sin dall’antichità l’uomo si è interessato del rapporto e del succedersi delle generazioni, a partire dalla Teogonia di Esiodo, in cui al centro della vicenda troviamo l’innato conflitto tra padri e figli; ancora, nella mitologia abbiamo molteplici esempi relativi alla “lotta” padri-figli, basti pensare a Zeus che, sfuggendo all’ira del padre Crono, libererà i fratelli e si sostituirà al padre; in quest’ottica, l’universo si fonda sull’avvicendarsi delle generazioni.
L’Edipo è presente anche nelle leggende della cristianità: mi riferisco alla storia di S. Giuliano, detto il parricida, il quale nell’iconografia viene rappresentato nell’atto di uccidere i genitori con tanto di aureola.
Risulta dunque chiaro come queste immagini siano ricorrenti, dalla mitologia alla cristianità; immagini crude e concrete che però, nella storia, hanno subito una trasformazione: entra in gioco la funzione del simbolo, che nel tempo ha preso il posto di tali raffigurazioni; tuttavia la sostanza non cambia: permane alla base un desiderio, anche metaforico, di conquistare l’eredità dei padri, come nelle parole di Goethe.
Prima di Freud, l’antropologia ignorava la dimensione inconscia, lasciando in ombra tutte quelle dinamiche sotterranee che determinano i comportamenti apparentemente irrazionali degli uomini e che ne determinano la storia, nel passaggio da una generazione all’altra. La forza del pensiero freudiano sta nell’aver considerato il sacrificio come uno dei possibili risultati del complesso di Edipo nell’uomo primitivo.
La frase di Goethe prima citata viene ripresa da Freud in Totem e Tabù (1912-1913) dove egli ipotizza che l’umanità si sia trovata di fronte ad un crimine originario da cui ebbero origine la morale, la religione, le organizzazioni e, per ultimo, il passaggio intergenerazionale. Freud afferma che la più antica organizzazione umana consisteva in “bande” di maschi con pari diritti, ma sottomessi alle leggi del sistema totemico-paterno; un giorno questi fratelli si unirono, uccisero il padre e lo divorarono, ponendo fine al potere paterno; nell’atto di mangiare il padre, di interiorizzarlo, avviene l’identificazione con esso. (3)
Tuttavia, da morto il padre divenne ancor più potente. Schiacciati dal senso di colpa lancinante, i figli istituirono il totem come sostituto paterno proibendone l’uccisione e rifiutando di possedere le donne del clan. Nascono così le prime due “norme” che regolano i rapporti primordiali tra gli uomini, i tabù.
Pur avendo istituito il Totem, sublimazione della controversa figura paterna, l’aspirazione del figlio a voler prendere il posto del dio-padre non si estinguerà. Al massimo, come afferma Freud stesso, queste pulsioni troveranno una nuova forma di espressione socialmente accettata, un mascheramento dei desideri incestuosi del figlio che, con l’introduzione dell’agricoltura, troverà soddisfacimento (simbolico) nel lavorare su e con la Madre Terra.
Tuttavia le norme di derivazione totemica restano nell’inconscio umano costituendo tutt’ora il codice che regola il rapporto tra le generazioni, rapporto sempre caratterizzato dall’ “aspirazione del figlio a prendere il posto del dio-padre”. Si parla infatti di “codice” intergenerazionale.
Si evince da sé la centralità delle figure genitoriali in quanto anelli di trasmissione intergenerazionale; come è necessario risalire agli albori dell’umanità per comprendere i nostri desideri più arcaici, allo stesso modo bisogna basarsi sul periodo della prima infanzia per conoscere le fondamenta dell’organizzazione della mente (anche se tali pulsioni si mostrano con più evidenza e forza nel periodo adolescenziale)
Le prime tracce dell’Edipo, inteso nell’ottica psicoanalitica, si rintracciano in una lettera di Freud all’amico Fliess (1897) e, in seguito, nell’Interpretazione dei sogni (1900) e nei Tre saggi sulla teoria sessuale (1905); qui Freud parla della relazione madre-bambino, la prima relazione universale che vive l’essere umano; definisce il bambino come un essere sessuato, il quale nella relazione primaria con la madre inizia a forgiare dinamicamente il suo mondo interno. Ritengo sia superfluo sottolineare l’importanza di tale relazione per lo sviluppo successivo dell’individuo.
In quest’ottica, il mondo interno del bambino, la sua identità sessuale ed i suoi valori si strutturano a partire dalle rappresentazioni dei genitori, da soli e in relazione tra loro; questi oggetti interiorizzati sono naturalmente carichi di affetti positivi e negativi, valenze che condizioneranno il passaggio da una generazione all’altra.
Un errore potrebbe essere quello di valutare la triade madre-padre-bambino senza prendere in considerazione il fatto che madri e padri, a loro volta, instaurano una relazione con il figlio sulla base di dinamiche del proprio mondo interno, che quindi influenzeranno inconsciamente la qualità della relazione.
Nella mente del bambino è già presente la rappresentazione del padre (e dei genitori in relazione tra loro), il quale entra precocemente nella diade relazionale madre-bambino; è interessante sottolineare come la presenza\assenza del padre, il suo amore\odio, la sua gelosia \ disponibilità ad assistere gli altri due membri del triangolo siano strettamente collegati all’atteggiamento materno nei confronti del bambino, fino a modificarlo ed influenzarlo, condizionando chiaramente lo sviluppo evolutivo del piccolo. Ogni membro nella triade ha dunque compiti e responsabilità, con i genitori in posizione ovviamente predominante. Accompagnare il bambino alla soglia dell’Edipo senza traumi vuol dire porre un punto di partenza verso la maturità affettiva e sessuale dell’individuo (Mancia 1993).
Come detto in precedenza, nell’interazione madre-bambino l’uno diviene oggetto sessuale per l’altro è viceversa; tuttavia, tali pulsioni nel bambino e nella bambina hanno destinazioni diverse.
Accenno brevemente alla seguente dinamica, approfondita nei prossimi articoli, a scopo chiarificatore: per quanto riguarda il bambino, egli deve dis-identificarsi dalla madre per identificarsi con il padre (Greenson, 1968). La bambina, dovrà seguire lo stesso percorso per potersi poi identificare nella madre (conditio sine qua non per il completamento della maturazione sessuale). Tuttavia nei due casi è differente l’oggetto del desiderio: per il bambino resta la madre, per la bambina si tratterà di spostare il desiderio dalla madre al padre. L’individuo dunque si troverà in un percorso di identificazione ed investimento oggettuale parzialmente diverso a seconda del genere sessuale.
In questo articolo ho dato la precedenza alla volontà di tracciare una breve cornice storica, senza addentrarmi nei contenuti dell’Edipo, per creare con il lettore un terreno di partenza simbolico condiviso dal quale poi addentrarsi nell’argomento; nei prossimi articoli proseguirà il discorso sull’Edipo, su cosa di intende per Antedipo, sull’importanza del ruolo materno e paterno per il sano e corretto superamento di questo complesso da cui dipende molto, soprattutto se inteso in ottica di trasmissione generazionale. Concludo anticipando il prossimo articolo con una riflessione: se lo scopo dell’analisi è quello di poter aiutare il paziente nel lavoro di ricostruzione del proprio mondo interno, popolato da figure genitoriali più tolleranti e creative, possiamo dire che la sua finalità ultima vada ben oltre, ovvero essa si assume il compito di creare un ponte tra le generazioni in quanto, da un lato, offre una narrazione coerente dell’inconscio individuale e, dall’altro, trasferisce da una generazione all’altra la visione del mondo e i valori caratterizzanti.