Affrontare la paura: perché occuparsi è più utile che preoccuparsi

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C’è una paura amica, che ci aiuta a performare meglio, e una nemica, che ci paralizza e ci fa prendere cattive decisioni.

Trasformarla da nemica in amica non è un gioco da ragazzi e un articolo online non sarà la bacchetta magica che forse cerchi, ma voglio condividere con te alcune riflessioni pratiche.

Pronti? Via.

 

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1. La linea della paura

L’esercizio consiste nel tracciare una linea e mettere Zero da una parte e 100 dall’altra.

Ottimo. Sotto la voce 100 scrivi la tua paura più grande. Se si realizzasse sarebbe veramente un disastro terribile. Ad esempio: la perdita di tutti i membri della mia famiglia e del mio lavoro, in contemporanea. Questa per me sarebbe una catastrofe enorme.

Ora pensa alla cosa che ti preoccupa e posizionala in questa scala numerata.

Rispetto cioè alla tua paura 100, come posizioni ciò che ti sta assillando? Ad esempio che il tal cliente non ti sta pagando? O che hai litigato con tua moglie e devi trovare un modo per recuperare la relazione? O che non capisci come utilizzare il software di fatturazione elettronica e il servizio clienti ti sta facendo aspettare giorni per darti la risposta che cerchi?

Di norma, questo esercizio ci aiuta a dare il giusto peso a ciò che ci preoccupa. Non si tratta attenzione di sminuire il tuo dolore o la tua emozione, ma di guardarla all’interno di un panorama più dettagliato. Serve cioè a relativizzarla, a collocarla nel giusto posto, ad acquisire maggiore serenità e quindi poterci rimboccare le maniche per occuparci quel determinato problema.

 

2. Calcola l’impatto del problema

Altro esercizio interessante è quello di calcolare l’impatto della situazione che ti sta preoccupando.

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Io suggerisco il gioco del 5, ovvero chiediti: questa cosa quanto a lungo mi preoccuperà? Per 5 giorni? Per 5 mesi? Oppure per 5 anni? O meglio, ancora, tra 5 giorni questa cosa che impatto avrà su di me e sulla mia vita? E tra 5 mesi? E tra 5 anni?

La ratio di questo esercizio è quella – anche qui – di contestualizzare su una linea futura ciò che ti sta accadendo oggi. Tieni a mente che tendiamo a sovrastimare l’impatto di alcune preoccupazioni, e porlo su una prospettiva temporale ci aiuta ad essere un pelo più oggettivi in merito a quanto allarmarci per la situazione e capire se il problema è reale o meno. 

 

3. 80-20

Terzo spunto è quello di contrastare la tendenza abituale per cui fatto 100 della tua attenzione, ne spalmi 80 sul rimuginare e pensare al problema, e 20 alle possibili soluzioni.

La distribuzione ottimale è l’opposto: 20% a vivere il problema, che non va negato ma affrontato e accettato, ma l’80% deve invece essere proiettato verso il voltare pagina, verso il risolvere la situazione, verso l’acquisire competenze che ad oggi evidentemente non abbiamo, per potere meglio capire quello che ci accade e aumentare quindi la nostra conoscenza. Ergo: studiare, leggere, riflettere, confrontarsi, sperimentare.

 

Cari amici, occuparsi è meglio di preoccuparsi.

Cerchiamo di dividere la preoccupazione in piccoli step, concentriamoci un passo alla volta sulla prossimo enigma da risolvere e – con questi 3 esercizi che vi ho illustrato – diamole il giusto peso che merita.

 

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