Ho incontrato Hillary Clinton nella capitale tedesca in occasione della Berlinale e ho avuto la percezione di una donna molto diversa da quella distante e sempre sospettosa nei confronti dei media che avevo conosciuto in due campagne elettorali e durante il suo mandato da segretario di Stato nella prima Amministrazione di Barack Obama. Come nel documentario non si è sottratta ad alcuna domanda. Neppure a quelle che aprivano vecchie ferite, a cominciare dal suo tormentato matrimonio con Bill Clinton.
Perché ha accettato di girare un documentario sulla sua vita?
«Sono stata in politica per un tempo molto lungo, ho visto così tante idee sbagliate e storie non vere su di me. C’è un momento nel quale vuoi mettere tutto in chiaro. Vi posso piacere o meno, ma guardatemi con qualche elemento di autenticità e verità su chi sono sempre stata e chi sono. Credo che questo film lo dica bene».
E qual è stata la sua preoccupazione più grande una volta che ha deciso di farlo?
«Non credo che all’inizio avessi veramente capito in cosa mi stavo infilando. Alla fine ho girato 35 ore di interviste ed è stato allo stesso tempo esilarante e a volte doloroso. Tutto è stato reso più facile dal buon rapporto con Nanette (Burstein, la regista ndr) e mi ha dato una possibilità di spiegare le cose e forse anche un po’ di sfogarmi».
Un ritratto senza filtri
Hillary Clinton è una donna liberata. Non si candiderà mai più a nulla. La sua lunga storia di potere si è fermata in una notte di novembre del 2016 quando, rovesciando tutte le previsioni, Donald Trump la fermò a un passo dalla Storia, nonostante i tre milioni di voti popolari in più da lei ottenuti, mandando in frantumi il sogno di diventare la prima donna presidente degli Stati Uniti. Da quella campagna storica e sfortunata, da quella sconfitta prende le mosse Hillary, la serie firmata da Burstein e presentata al festival del Cinema di Berlino. Quattro puntate di un’ora ciascuna, per uno straordinario viaggio attraverso più di mezzo secolo di storia. Ma soprattutto il ritratto senza filtri e senza calcoli, genuino e a volte perfino disarmante, di una donna che come nessuno ha definito la politica americana e mondiale, ma che come nessuno è stata sempre, a torto o a ragione, percepita come carrierista, calcolatrice, manipolatrice e insincera.
Ho riaperto vecchie ferite
«Una volta accettato che il film doveva essere più di un retroscena sulla campagna presidenziale, ho accettato anche che si parlasse della mia vita privata. Il mio matrimonio ne è stato parte principale, con una forte esposizione pubblica. Non voglio addolcire nulla, a tratti è stato travagliato, ma io e Bill ci siamo sempre amati e sostenuti a vicenda. Abbiamo avuto momenti felici e momenti difficili, come ogni coppia che io conosco? Certo. E questo film può aiutare le persone a pensarci: l’amore, le relazioni e il matrimonio hanno spesso colori molto sfumati, in grigio e in beige».
Una vera storia d’amore
Burstein esplora anche il tema dei temi, il sospetto che ha accompagnato da sempre i Clinton, quello cioè di un matrimonio fittizio, una specie di accordo in nome del potere. Il documentario opta decisamente per una vera storia d’amore: «Spero lo dimostri una volta per tutte, visto che stiamo insieme da quasi 50 anni. Mi piacerebbe molto che la realtà della storia della mia vita fosse più in linea con quello che ne pensano i media e il pubblico».
C’è un passaggio nella serie, nel quale Bill Clinton dice di esserle «molto grato per aver detto che avevamo ancora molte ragioni per tener duro, Dio sa quanto le è costato». Hillary si ferma un attimo, fa un sospiro e una lunga pausa. «A una presentazione del libro che ho scritto insieme a mia figlia Chelsea, The Book of Gutsy Women (vedi riquadro qui sotto), mi hanno chiesto qual è stata la decisione più gutsy (coraggiosa) della mia vita. Ho risposto subito: continuare il mio matrimonio».
Il mio esempio per tutte le donne
Una delle domande che viene rivolta di continuo all’ex senatrice di New York è se oggi sia più felice di prima e se le manchi l’adrenalina della politica. «Personalmente sto alla grande», risponde con una delle sue celebri e sonore risate. «È una gioia avere questo tempo con mio marito, con mia figlia e soprattutto con i miei tre nipotini. Ma come americana, come cittadina del mondo, sono indignata. È un’esistenza un po’ schizofrenica. Non ha prezzo poter fare lunghe passeggiate, andare al cinema, giocare con i bambini. Ma ogni giorno vedo cosa succede nel mondo e so che noi, gli Stati Uniti, stiamo facendo errori terribili che avranno conseguenze per i miei nipoti».
Hillary Clinton rimane un grande riferimento per tutte le donne, quelle americane e quelle dell’intero mondo. Il film di Burstein si chiude sulle immagini delle marce femminili che vennero organizzate in occasione dell’insediamento di Trump. «Ero felice: marciavano con le mie citazioni sulle t-shirt o sui poster. Quella resistenza è stata importante, non potevamo semplicemente esprimere il nostro disgusto e andarcene. Dovevamo reagire. Molte donne che si sono candidate nel 2018 mi hanno detto che la mia campagna le ha motivate. Oggi per la prima volta in Virginia una donna è lo speaker del Congresso, grazie all’Equal Rights Amendment che ha eliminato il divieto». Perché, spiega Hillary, «femminismo significa che le donne abbiano gli stessi diritti degli uomini nell’economia, nella politica, nella società. Non più, non meno. E che questa uguaglianza sia scritta nelle leggi e scontata nella pratica».
Dobbiamo lottare di più per i nostri diritti
Il mondo sarebbe un posto migliore se fosse governato dalle donne? «Diamo loro una chance di provarlo. Chelsea, mia figlia, ne è sicura. Io non dico che le donne siano superiori agli uomini, ma dico che le esperienze delle donne sono esperienze di vita e che alcune delle nostre battaglie dovrebbero essere molto più rappresentate in ogni aspetto della nostra società, che sia la politica o lo spettacolo».
L’articolo Hillary Clinton: «La scelta più coraggiosa della mia vita? Restare con Bill» sembra essere il primo su iO Donna.