Asparagi selvatici, scopriamo le proprietà, i valori nutrizionali e quando raccogliere questi germogli “a costo zero”
Sicuramente la maggior parte di noi ha una buona familiarità o quantomeno una conoscenza superficiale degli asparagi coltivati, ma quante persone hanno la stessa dimestichezza con quelli selvatici? Coloro che li hanno assaggiati, come dono di un amico o magari dopo averli raccolti personalmente, si saranno senz’altro resi conto di quanto gli asparagi selvatici siano più gustosi di quelli coltivati. E anche molto più nutrienti, aggiungiamo noi.
Gli asparagi selvatici ( Asparagus acutifolius) appartengono alla famiglia delle Liliaceae, la stessa degli asparagi comuni (asparagus officinalis).
Crescono nei prati incolti, nelle radure e nelle zone boschive fino a 1300 metri. Molto diffusi nell’Italia centromeridionale, sono presenti quasi ovunque nella nostra penisola, ad eccezione di Piemonte, Valle d’Aosta e Trentino.
Descrizione degli asparagi selvatici
Dal punto di vista botanico, gli asparagi selvatici sono i germogli di una pianta rizomatosa chiamata asparagina. Il rizoma si sviluppa in profondità nel terreno, creando una struttura reticolare.
La parte aerea della pianta, che spunta dal rizoma, si presenta sotto forma di un lungo stelo legnoso di colore verde chiaro o verde intenso con sfumature violacee in prossimità della punta.
La cima del germoglio, ovvero la parte più tenera e commestibile, prende il nome di turione.
Asparagi selvatici, le specie rare
Oltre all’Asparagus actifolius, in Italia possiamo trovare altre 2 specie di asparagi allo stato spontaneo : l’Asparagus stipularis e l‘Asparagus albus, entrambe molto rare.
La prima, caratterizzata una colorazione più scura, tendente quasi al nero, cresce fino a 500 metri di altitudine, nelle zone costiere di Sicilia, Sardegna e Lampedusa.
La seconda specie presenta spine molto dure e si contraddistingue per i caratteristici steli bianchi. Tipicamente siciliano, l’asparago bianco cresce anche in Sardegna, Corsica e qualche area della Calabria, nei valloni e lungo i pendii fino a 1000 metri di altitudine.
Come riconoscere gli asparagi selvatici
Rispetto ai loro parenti coltivati, gli asparagi selvatici si distinguono perché sono più sottili e soprattutto per la presenza di spine alla base dell’apparato fogliare. Proprio per questo motivo, vengono comunemente chiamati asparagi spinosi o asparagi pungenti.
Quanto al gusto, essi hanno un sapore più amarognolo, che al palato risulta più intenso e penetrante rispetto a quello degli asparagi coltivati. Proprio in virtù del loro sapore più deciso e persistente, sono considerati un alimento molto prelibato e vantano numerosi estimatori.
Gli asparagi selvatici possono essere confusi col pungitopo. La pianta dai rametti spinosi e dalle bacche rosse che usiamo per le nostre decorazioni natalizie, infatti, in primavera produce dei turioni molto simili a quelli degli asparagi selvatici. Le cime del pungitopo, però, sono più lisce e tendenti al viola.
Inoltre, gli asparagi selvatici somigliano molto nell’aspetto alle cime del luppolo, che proprio per questa somiglianza vengono comunemente ma impropriamente chiamate “asparagi selvatici”.
L’unica lieve differenza consiste nel fatto che i getti degli asparagi si presentano, per così dire, appena più frastagliati rispetto ai germogli del luppolo.
Asparagi selvatici, valori nutrizionali
Gli asparagi selvatici sono costituiti al 90% di acqua. Contengono poco sodio, una bassa percentuale di lipidi (circa 0,17 grammi) e pochissime calorie (solo 25 ogni 100 grammi). La loro composizione, quindi, li rende particolarmente adatti ad essere inseriti in regimi dietetici ipocalorici.
Sono ricchissimi di provitamina A e vitamine del gruppo B,C, E e K.
La provitamina A svolge un ruolo fondamentale contro i radicali liberi, oltre a proteggere i capelli, la pelle e le mucose. Le vitamine del gruppo B sono in grado di attivare i processi metabolici, trasformando il cibo in energia, mentre la vitamina C aiuta a rafforzare il sistema immunitario e protegge i vasi sanguigni.
La vitamina E ha proprietà antiossidanti e contrasta l’invecchiamento cutaneo. Infine, la vitamina K è indispensabile per il mantenimento della struttura e della corretta funzionalità dell’apparato scheletrico e per la fluidità e coagulazione del sangue.
Gli asparagi selvatici contengono anche sali minerali tra cui potassio, magnesio, calcio, ferro e fosforo.
L’alta percentuale di potassio, minerale in grado di favorire la fisiologica regolazione dei liquidi corporei, combinata con la scarsa quantità di sodio, determina complessivamente un effetto anticellulite e un’azione di contrasto della ritenzione idrica.
Da segnalare la presenza di acido folico (vitamina B9), essenziale per il corretto sviluppo del feto e caldamente raccomandato alle donne in gravidanza.
Altra importante molecola contenuta negli asparagi selvatici è l’asparagina, un aminoacido che ha proprietà diuretiche, depurative e disintossicanti per fegato e reni.
La rutina e la quercitina, invece, sono due flavonoidi che hanno rispettivamente il compito di proteggere i vasi sanguigni e di espletare un’azione antiossidante e antinfiammatoria. (tabelle nutrizionali CREA)
Le proprietà degli asparagi selvatici
Da quanto illustrato finora, risulta evidente che gli asparagi selvatici hanno elevate proprietà benefiche per la nostra salute, al punto che possono essere considerati un vero e proprio alimento nutraceutico, cioè dotato di virtù terapeutiche per il nostro organismo.
Schematizzando, gli asparagi selvatici hanno proprietà :
- diuretiche
- depurative
- disintossicanti
- antitumorali
- riequilibranti del metabolismo
- rimineralizzanti
- antiossidanti
- corroboranti del sistema immunitario
- dimagranti
- anticellulite
- lassative
Le proprietà rimineralizzanti degli asparagi selvatici sono dovute all‘alto contenuto di minerali appunto, mentre l’effetto lassativo è conferito dalla buona percentuale di fibre, che facilitano il transito intestinale.
Gli asparagi selvatici, proprietà antitumorali
L’azione antitumorale degli asparagi selvatici, scientificamente provata, è ascrivibile alla presenza di due saponine (la protodioscina e la protodiogenina) . Queste sostanze si sono rivelate in grado di inibire e contrastare la proliferazione di cellule tumorali nel colon.
Gli asparagi selvatici ne contengono una quantità molto più elevata rispetto a quelli coltivati, addirittura dieci volte superiore.
L’unica raccomandazione in merito all’assimilazione delle saponine riguarda il metodo di cottura dei germogli: gli asparagi selvatici non vanno lessati.
Le saponine, infatti, sono estremamente resistenti al calore, ma sono solubili in acqua. Quindi, nel caso in cui gli asparagi vengano lessati, queste sostanze andranno perse, disciolte nell’acqua di cottura. Per questa ragione, è preferibile e altamente consigliato consumare gli asparagi crudi, sotto forma di insalata, o saltati velocemente in padella.
Asparagi selvatici, controindicazioni
Uno dei principali pregi degli asparagi selvatici, ovvero la presenza di acido urico, si rivela allo stesso tempo l’origine della sua maggiore controindicazione. Il consumo di asparagi selvatici è infatti sconsigliato a chi soffre di gotta, problemi renali e infiammazioni dell’apparato urinario.
Inoltre gli asparagi selvatici contengono una buona percentuale di acido acetilsalicilico, per cui chiunque sia intollerante a questo componente dovrebbe evitare di ingerirli o comunque mangiarli con moderazione.
Asparagi selvatici, regolamentazione della raccolta
A causa dell’azione scellerata e irrispettosa di alcuni raccoglitori di asparagi, che hanno ripetutamente danneggiato la pianta madre, in alcune regioni italiane la raccolta di questi ortaggi è stata regolamentata sia per quanto riguarda il periodo consentito che per la quantità massima prelevabile.
In particolare, le regioni di Veneto, Toscana e Sicilia hanno emanato dei regolamenti per disciplinare nel dettaglio la raccolta di asparagi selvatici. In alcuni comuni è necessario addirittura il rilascio di un apposito tesserino.
Nella Regione Lazio manca una disciplina organica della materia. La legge Regionale 32/98 si limita a fissare dei limiti quantitativi alla raccolta di asparagi selvatici. Il tetto massimo consentito è di un chilogrammo di germogli per persona.
Come e quando raccogliere gli asparagi selvatici
Prima di cimentarsi nella raccolta degli asparagi selvatici, quindi, è importante accertarsi dell’esistenza o meno di regolamenti specifici nella propria zona di residenza, onde evitare di incorrere in possibili sanzioni.
Una volta a conoscenza di tutti gli eventuali vincoli del caso, si potrà passeggiare nei campi, o avventurarsi nei boschi e nella macchia, unendo il piacere della ricerca a quello impagabile del contatto con la natura.
Il periodo della raccolta degli asparagi selvatici va da fine marzo fino a giugno.
Se possibile, è preferibile raccogliere i germogli appena spuntati, più teneri e quindi più gradevoli al palato. Con il passare del tempo, gli asparagi tendono ad indurirsi e, se non vengono raccolti, continuano a crescere fino a raggiungere dimensioni di un metro e mezzo o anche 2 metri.
In pratica, se lasciati incolti, i germogli si trasformano in nuovi fusti.
Non è necessario prelevare tutto lo stelo, perché duro e destinato ad essere scartato.
Basta prelevare solo il turione, che è la parte edibile, praticando un’incisione con l’unghia sullo stelo, salendo fino a trovare la polpa più morbida. Quando l’unghia riuscirà a penetrare il fusto, allora potremo tagliare quella parte di cima, con le mani o con un coltello.
Nel caso in cui vengano raccolti i turioni, gli asparagi spigano, vale a dire che producono dei germogli laterali. Gli steli, infatti, hanno una grande forza vitale, e , al contrario di quanto si ritiene comunemente, sono in grado di sopravvivere al taglio della cima.
Oppure, si possono raccogliere gli asparagi estirpandoli dal terreno, avendo cura di non danneggiare la pianta madre.
Secondo un’antica credenza, quando l’asparago viene estirpato, produce 10 nuovi asparagi.
Come cucinare gli asparagi selvatici
Gli asparagi selvatici sono un alimento estremamente versatile.
Possono essere gustati crudi in insalata, oppure per condire pasta e risotti. Ottimi nelle zuppe o frullati fino a formare una crema vellutata. Si prestano benissimo anche ad accompagnare secondi piatti particolarmente saporiti a base di carne o preparati con pesce e crostacei.
Un abbinamento particolarmente felice per gli asparagi selvatici è quello con le uova, siano esse al tegamino o cucinate sotto forma di frittata.
Per i vegani o per coloro che non amassero le uova, ricordiamo che è possibile sostituirle con la farina di ceci. La frittata preparata con questa farina risulta davvero gustosa e leggera.(
Inoltre, gli asparagi selvatici possono essere consumati anche come contorno, saltati in padella da soli o accompagnati ad altre verdure.
Ottimi anche grigliati o pastellati e fritti, oppure cotti al forno, come ingrediente di sfiziose torte salate.
Il consiglio, nel caso decidiate di saltarli in padella, è quello di non cuocerli a lungo, perché perderebbero di sapore, oltre ad impoverirsi dal punto di vista nutritivo, dato che molte delle vitamine che contengono sono termolabili.
Dieci minuti di cottura generalmente sono sufficienti. Nel caso di asparagi particolarmente spessi, si può arrivare a 15 minuti al massimo, ma non di più.
Un altro consiglio di preparazione è quello di evitare l’aglio, che tende a coprire il sapore degli asparagi selvatici, anziché esaltarlo. Meglio utilizzare la cipolla o lo scalogno. (Asparagi: 10 ricette per gustarli al meglio (più 2)
Buona raccolta e buon appetito!!!
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