Studio dunque sono: l’importanza di studiare – Libri per la mente

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“Studio dunque sono”, libricino che ho letto in 60 minuti durante un volo tra Milano e Mosca e che mi ha impressionato positivamente.

L’autore, infatti, ci accompagna in alcune riflessioni e strumenti per studiare meglio e, partendo da alcune riflessioni sul contesto socio economico attuale, arriva alla conclusione che la formazione e l’autoformazione lungo l’intero corso della vita siano le chiavi per emanciparsi, distinguersi e generare valore nel mondo del futuro. 

Ecco 3 spunti che mi sono rimasti dopo la sua lettura.

 

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1. Studio dunque sono: il passaporto per il futuro

Una prima riflessione è proprio questa: il passaporto del futuro è fatto da ciò che si sa e da ciò che si sa fare. É un po’ come giocare al lego con soli 3 mattoncini a disposizione: le combinazioni che possiamo inventarci sono estremamente limitate. Allo stesso modo, giocare la partita del futuro della nostra vita con poche nozioni in testa, ci porta a padroneggiare un numero esiguo di soluzioni ai problemi che dovremo affrontare.

Ecco perché studiare: per migliorare noi stessi e l’ambiente che ci circonda, per capire, creare, costruire e diffondere valori. Ma anche per evitare di commettere sempre gli stessi errori, di essere manipolati e perché no: per divertirci e godere della gioia che comprendere nuovi concetti ci dà.

 

2. L’era dello squalo

Mi ha incuriosito la definizione che l’autore fa dell’era culturale e professionale in cui stiamo vivendo, che ha chiamato “L’era dello squalo”. Oggi sapersi muovere in acque profonde, tempestose e popolate da predatori. E chi non è un provetto nuotatore e apneista rischia grosso.

Prima di noi, dal secondo dopoguerra ala fine degli anni 90, c’era invece “L’era della trota”. Qui le acque erano più calme, poco profonde e senza i predatori sempre in agguato.

Se una volta era insomma sufficiente saper galleggiare, oggi serve di più.

Non è sufficiente “imparare quanto basta” per vivere dignitosamente, anche perché spesso il “quanto basta” si riduce veramente a poco. Dobbiamo passare da un pensiero empirico, approssimato e confuso nelle finalità, a un pensiero teorico scientifico, ovvero più preciso e consapevole e ben descritto nel libro di Muzzarelli.

In questo modo potremo studiare efficacemente non solo i libri di testo, ma anche e soprattutto noi stessi, la realtà che ci circonda e quello di cui ha bisogno il nostro interlocutore: in fin dei conti prima di diventare poveri, i paesi diventano miseri, scarsi nella cultura, nell’etica e nel rispetto reciproco.

Per capire meglio in cosa consista questo pensiero teorico scientifico, può aiutare il terzo punto di questo articolo, ovvero la differenza tra episodi e puntate.

 

3. Imparare a episodi o a puntate

Più nello specifico, possiamo dire che sono due le modalità con le quali ci avviciniamo all’apprendimento per costruirlo.

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La maggior parte delle persone apprende conoscenze e le memorizza in vista di uno scopo pratico, un po’ come se fosse una ricetta di cucina “cotto e mangiato”. A completamento di questa modalità, c’è un approccio meno quantitativo e un po più qualitativo. Questo approccio rimanda all’apprendimento come un processo che parte dalla conoscenza a disposizione, per astrarre criteri e principi utili ad affrontare problemi anche diversi.

L’analogia proposta è quella tra episodio e puntata: l’episodio è quello della signora in giallo, per intenderci, dove ogni episodio è autonomo da quello precedente o successivo. La puntata, invece, è quella di un posto al sole, perché la trama scorre senza soluzione di continuità da una puntata e l’altra e se non vedi quella prima e quella dopo, allora la narrazione resta monca.


 

Ecco, l’apprendere deve essere inteso come una cultura a puntate, che valorizza il passato, il quale è responsabile del futuro. Una cultura che proprio grazie a questa struttura colloca il presente in un tessuto narrativo fatto di senso, connessioni e sintesi interdisciplinari: ecco quindi il mondo dell’apprendimento teorico scientifico.

Più nello specifico, la tesi dell’autore è che la società contemporanea sia a forte rischio di approccio episodico. Non solo quando si tratta di apprendere delle nozioni, ma anche nella modalità di concepire ed esprimere la nostra identità.

La cultura dell’episodio è quella che premia la velocità e l’efficienza a scapito della riflessione. E quando questa cultura episodica viene declinata – ad esempio – sul posto di lavoro, allora genera distacco e disimpegno nelle organizzazioni e negli individui.

Queste e altre riflessioni sono approfondite nel libro Studio dunque sono. 

La parte finale è dedicata anche ad alcuni suggerimenti utili su come perfezionare il proprio metodo di studio.

Ne consiglio la lettura, se vi capita fatemi sapere cosa ne pensate nello spazio qui sotto destinato ai commenti e io come sempre vi aspetto nel gruppo Facebook Libri per la mente.

 

LINK UTILI:

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Redazione MusaNews
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