La moda che sarà: come cambierà la fashion industry dopo il Coronavirus?

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Con un occhio al passato e uno al futuro, la moda si reinventa alla ricerca di un nuovo equilibrio a prova di pianeta terra 

Filiere interrotte, fashion week cancellate e perdite a molti zeri: la moda si trova a fare i conti con le conseguenze, inevitabili, del Coronavirus.

Un’intera catena di sistema produttivo dal peso immenso si è improvvisamente fermata, spezzandosi, senza risparmiare davvero nessuno.

Il dramma del presente

 

Dai ruoli “creativi” di fotografi, truccatori e stilisti (specialmente gli indipendenti e emergenti), a quelli più operativi di commessi, impiegati e buyer, questi sono solo alcuni dei mestieri più colpiti di un settore che oggi soffre come non mai. 

Pagamenti sospesi e ordini cancellati 

Una delle categorie più problematiche e a rischio è quella degli operai delle industrie tessili di mezzo mondo, in particolare modo quelle del Sud Est Asiatico, che stanno subendo in modo drammatico gli effetti della pandemia. 

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Le cause sono per lo più i pagamenti sospesi e gli ordini cancellati o rinviati dai grossi gruppi (tranne Zara ed H&M che, annunciano, concluderanno gli ordini inviati senza rinegoziazioni di prezzi), misure di “salvataggio” adottate anche per far fronte a magazzini strapieni di invenduto.

Crollo delle vendite

Poi c’è il problema delle vendite: se da un lato il grosso dell’online market continua a garantire le spedizioni (aumentando i giorni per reso e cambio merce come stanno facendo ad esempio Zara e Asos), questo non basta perché rimane comunque una piccola percentuale del fatturato totale (si parla del 20%). 

(Credits: Instagram) BoF

Secondo BoF, la vendita nel settore lusso dei negozi fisici, copriva circa il 90%, rappresentando per il consumatore più un’esperienza a 360 gradi che un semplice acquisto, che in ogni caso di questi tempi risulterebbe superfluo causa lock-down. 

Di fronte a tante incertezze e paure, si pongono interrogativi da fantascienza, come quello tra provocazione e realtà del presidente della Camera Buyer Italia Francesco Tombolini, che ha proposto di saltare una stagione e riproporre le collezioni SS 20 attualmente nei negozi, nel 2021. Cancellando così anche il un po’ il tempo ma ponendo incognite nuove.

(Credits: Instagram) Camera Buyer

Eventi cancellati senza scelta

La maggior parte degli eventi è stata rinviata a data da destinarsi, sicuramente fino a settembre: dalle Cruise, alla FW uomo, all’Haute Couture, al Pitti fino all’attesissimo Met Gala, sono solo alcuni degli eventi del sistema moda (che davano non poco lavoro) a saltare l’uno dopo l’altro. 

(Credits: Instagram) Pitti Immagine

Cosa comunica la comunicazione?

E poi ci sono i media, carta stampata e online, costretti tra difficoltà concrete come tagli ADV e impossibilità di scattare e comporre servizi e dubbi più intellettuali legati ai contenuti con tentativi più o meno riusciti di trovare una chiave giusta cercando un difficile equilibrio tra leggerezza e intrattenimento, rimanendo in contesto con ciò che sta accadendo.

(Credits: Instagram) Grazia Italia

Ripartire prima che sia troppo tardi


A questo punto però ripartire il prima possibile non è più un auspicio ma una necessità, come dichiara il presidente della Camera della Moda Carlo Capasa in una lettera aperta al governo pubblicata su Repubblica, in cui sostiene che se le aziende non apriranno entro il 20 aprile, la moda italiana potrebbe perdere la sua preminenza europea “Se vogliamo continuare ad avere un’industria della moda in Italia dobbiamo riprendere da subito a produrre anche la Moda. Con l’orgoglio di farlo non solo per noi ma anche per le future generazioni di questo nostro meraviglioso Paese».”

(Credits: Instagram) Camera della Moda

Un’occasione per aggiustare il tiro

 Ma se come diceva Paolo Coelho “l’ora più buia è quella che precede il sorgere del sole”, questo potrebbe essere il momento per la moda di riflettere e reinventarsi, magari anche imparando da errori del passato.

È difficile avere la pretesa di prevedere cosa succederà: c’è chi pensa a un cambiamento radicale e chi auspica un ritorno, sul lungo periodo, alla “normalità”, migliorati e più forti di prima.

Non senza qualche significativo aggiustamento che vede in etica, digitalizzazione ed sostenibilità le parole chiave. 

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Un ritmo nuovo per il settore moda?

Il settore moda non dovrà necessariamente rivoluzionarsi ma piuttosto riflettere per rinnovarsi con un ritorno al passato, come suggerisce il giovane designer Nicola Brognano (neo creative director di Blumarine) in una recente intervista a MFF, rallentando i ritmi e facendo il punto sulle attitudini di consumo.

(Credits: Instagram) Nicola Brognano

Pre, resort, collab, capsule erano solo un indizio di una moda veloce e snervante, che per alcuni non rappresentava più i consumatori ma solo il marketing e “money making”.  

Una rinascita che, secondo tanti stilisti come Massimo Giorgetti, Lorenzo Serafini e Giorgio Armani, porterebbe il Made in Italy a riscoprire le proprie origini e il DNA di ogni brand con collezioni mirate, ridotte e il meno “datate” possibile, che superino il concetto di stagione. #Reset

(Credits: Instagram) Giorgio Armani

Per l’ennesima volta dallo scoppio del Covid-19, in una lettera a WWD, Armani si è poi fatto pioniere di soluzioni concrete come ottimizzare le date di consegna della produzione riducendo (o saltando) le pre-collezioni, ridurre gli eventi e renderli più local (come le costosissime Cruise) per dare un valore speciale all’autenticità e ritardare i saldi da luglio a settembre per permettere alle collezioni di rimanere in boutique ed essere vendute a prezzo pieno un po’ di più.

Avremo esigenze nuove e voglia di normalità…

Ma quando vedremo davvero la luce alla fine del tunnel, cosa faremo? Cosa vorremo veramente? Ci sarà un’impennata di spese o solo timore? E quando faremo shopping, cosa compreremo? 

Se secondo Forbes, tra le ricerche principali del consumatore medio in quarantena ci sono lievito, giochi di società, salviette igienizzanti e attrezzi per lo sport, BoF suggerisce che dopo il lock-down si potrebbe voler comprare meno ma meglio.

La moda di cui avremo bisogno dopo questa pandemia sarà davvero un moda senza tempo? Desidereremo vestiti che durano e che vanno al di là dei trend passeggeri a cui eravamo abituati a cedere ogni stagione?

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Pre Fall 2020 Collection

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(Credits: Instagram) The Row

L’ipotesi potrebbe essere veritiera: saremo più propensi a compare pezzi classici e “rassicuranti”, i fondamentali del guardaroba, un po’ come dopo la crisi del 2008, dove avevamo trovato nella discrezione “no logo” di Celine e Bottega Veneta una conforto stilistico. #Minimalismo

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By Gianni Pucci

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(Credits: Instagram) Bottega Veneta

E poi c’è la digitalizzazione…

Se da un lato si sentirà la necessità di rallentare, dall’altro c’è il bisogno impellente di sperimentare soluzioni sempre più interattive a prova di social distancing.

Il processo di innovazione si è improvvisamente accelerato: per le aziende grazie a fitting e sdifettamenti virtuali come fa il giovane brand GCDS, per i press office come Karla Otto e Guitar attraverso l’organizzazione di un “digital press day” via IG per mostrare i lavori dei clienti alla stampa, per gli show-room come Massimo BoniniRiccardo Grassi con campagne vendita virtuali attraverso line-sheet.
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(Credits: Instagram) GCDS

Innovativi ed originali sono poi gli shooting “home made” tra cui spicca l’esperimento di Willy Vanderpierre per I-D magazine che ha fotografato 19 modelle via FaceTime o quello nostrano di SDF Factory, agenzia di digital marketing, che ha organizzato set fotografici casalinghi per garantire materiale fotografico social ai propri brand.

(Credits: Instagram) I-D Magazine

L’emergenza ha portato all’utilizzo di nuove forme di comunicazione come webinar e masterclass su Zoom e Instagram Live, di  piattaforme social inesplorate come Weibo per Gucci e in generale una necessità di implementare attività e strategie digitali a tutto tondo.

Per non parlare delle iniziative che, per supplire alla chiusura dei musei, coniugano arte e moda come le mostre virtuali del V&A su Balenciaga e Schiapparelli, gli esperimenti d’arte contemporanea di Fondazione Prada che si è convertita in un laboratorio di idee, il MET che promuove i propri successi via social con l’hahstag #MetAnywhere e Louis Vuitton che ha lanciato la FLV From Home, un programma di mostre, concerti e talk via YouTube e Facebook per intrattenere la propria audience. 

(Credits: Instagram) Victoria and Albert Museum

Sui social media viene mostrato dagli inflencer un lato più umano e comunicativo, decisamente meno commerciale, a sostegno dello #StayAtHome e  #WeAreInThisToghether

Il tema sostenibilità 

Infine un auspicio generale è l’occhio alla sostenibilità con azioni reali e tangibili, non come strumento di marketing da prima pagina.

(Credits: Instagram) Jacquemus

Un’ecosostenibilità fatta di dinamiche nuove come meno spostamenti e show più intimi, proprio come aveva fatto Jacquemus nell’ormai lontanissimo giugno 2019: in occasione del suo decimo anniversario la maison ha presentato la collezione “Coup de soleil”  tra campi di lavanda francesi con pochi invitati e influencer local e di conseguenza con spostamenti assai ridotti.
Senza dimenticare l’esperimento ben riuscito delle sfilate in streaming su passerelle virtuali, come quelle della settimana della moda di Shanghai e Tokyo, che ridurrebbero viaggi costosissimi (ma porrebbero al tempo stesso il problema dei buyer che acquistano la collezione immediatamente dopo lo show).

(Credits: Instagram) BoF

Questa pausa obbligata mette sul tavolo interrogativi, riflessioni e nuovi spunti. Saranno forse questi ultimi che porteranno la moda post lock-down a raggiungere quegli obbiettivi che da molto tempo si era prefissata ma che finora erano per la maggior parte rimasti solo sulla carta e negli annunci via social? 

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