La mascolinità tossica di Gue Pequeno si riversa su Ghali

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Ed eccoci ancora a parlare di sessismo per il secondo giorno consecutivo. E no, questa volta a esserne “vittima” non è una donna, ma un uomo tutto d’un pezzo: il trapper Ghali. Il cantante di origini tunisine è stato duramente attaccato dal collega più anziano Gue Pequeno, con cui in passato aveva persino collaborato. Quest’ultimo, durante un’intervista a un noto magazine musicale in occasione dell’uscita del suo nuovo album, è tornato su alcune affermazioni controverse fatte mesi fa. Pequeno, all’anagrafe Cosimo Fini, aveva definito Ghali “un fake della musica” e in questi giorni ha spiegato cosa intendesse con questa espressione infelice, fornendo una spiegazione – se possibile – ancora più infelice.

“Un artista vestito da confetto può andare bene per una sfilata ma non ha grande credibilità di strada. Io non sono razzista né omofobo ma vedere un rapper che va in giro vestito da donna con la borsetta mi fa ridere, che poi almeno fosse gay… Sono cose assurde”

Tutto quello che non va nel commento di Gue Pequeno

Vediamo più nel dettaglio tutto ciò che non va in questa dichiarazione. Nel 2020 si parla ancora di “credibilità di strada”, dunque non conta quanti dischi uno venda, i premi ottenuti, il consenso del pubblico, NO, un rapper o trapper che sia, per essere veramente affermato, deve vestirsi e atteggiarsi da vero gangster laureato all’università della strada.

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Ma Pequeno si spinge ben oltre, conformandosi al “clichè” dell’omofobo razzista che nega di esserlo, adottando tuttavia una coordinata avversativa del tipo “non sono razzista”, “non sono omofobo” MA, un “ma” grosso come l’ego del cantante che si sente in diritto di sparare sentenze, giudicando un artista non per il lavoro svolto, ma per l’outfit sfoggiato. Non è che ultimamente l’ex componente dei Club Dogo si è appassionato alle teorie (allucinanti) dell’esimio professor Morelli e ha applicato i suoi ragionamenti a sessi inversi?!

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E chiudiamo, infine, l’analisi testuale con l’assioma degli assiomi: il rosa è un colore da donne o, eventualmente, da gay. Dunque, Ghali – che è eterosessuale ed è stato persino fidanzato con la bellissima modella Maria Carla Boscono – non ha il diritto di vestirsi come e del colore che più preferisce, altrimenti rischia di perdere “credibilità”. Ma della credibilità a cui fa riferimento il Guercio (uno dei tanti soprannomi di Pequeno) Ghali non se ne fa nulla, se non una risata. Il giovane trapper è riconosciuto, infatti, come una vera e propria icona di stile grazie ai suoi look anticonvenzionali ed eclettici con cui si eleva al di sopra di uno stereotipato concetto di mascolinità tossica che mira a incasellare gli uomini in “virili” o “effemminati”, senza considerare lo spettro di infinite sfumature che l’essere uomo può implicare.

Quindi, l’unica cosa veramente assurda qui è che nel 2020 un individuo faccia ragionamenti simili e abbia anche il coraggio di pronunciarli ad alta voce.

C’è ancora tanto, troppo, lavoro da fare

Dopo il caso dello smalto all’unghie di Fedez, anche Ghali cade vittima di un sistema retrogrado, nocivo per gli uomini tanto quanto per le donne. È chiaro, allora, perché nel 2020 le persone – donne, membri della comunità LGBTQI+ e di minoranze etniche in primis – scendono ancora in piazza per chiedere più diritti e porre fine alle discriminazioni di cui sono il principale bersaglio?

© Getty Images
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