Golshifteh Farahani: «Sono un fiore pazzo in amore»

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«La psicoanalisi, per me, è una follia. Se tenti di capire a fondo un bruco, non diventerà mai una farfalla. Quello che conta è il potenziale, quel che sei in grado di raggiungere, non quel che ti è successo in passato. Non importa cosa sia il bruco, ma in quale genere di farfalla si trasformerà». Golshifteh Farahani – 36 anni portati con sublime noncuranza dei primi capelli bianchi – è profonda, sincera. E libera: non edulcora le affermazioni, anche se in Un divano a Tunisi, deliziosa commedia diretta da Manele Labidi, impersona proprio una… psicoanalista. Un’ottima professionista che – dopo la primavera araba – decide di tornare da Parigi nella città natìa per aprire uno studio in un quartiere popolare, fra un misto di pregiudizi, curiosità, attrazione, diffidenza, tentativi di boicottaggio.

Io sono la mia casa

«Quando ho letto la sceneggiatura l’ho trovata divertente, ironica e non superficiale, anzi! Ridi una sacco e al tempo stesso ti interroghi» spiega l’attrice, al bando dall’Iran dal 2008. La colpa? Aver partecipato a un kolossal americano, Nessuna verità di Ridley Scott (e altri kolossal sarebbero venuti, come il quinto capitolo di I pirati dei Caraibi, oltre a pellicole d’autore quali Paterson di Jim Jarmush). Da allora – benché la famiglia abiti ancora là – non ha potuto mettere piede in patria. «Certo che desiderei tornarci, comunque sono consapevole che la mia vita è cambiata e che, se tu sradichi un albero, non puoi ripiantarlo alle stesse condizioni neppure nell’identico posto in cui era. È finita. Sto crescendo le mie radici nell’aria, come le orchidee. Ovunque vada, porto la casa con me. Io sono la mia casa».

Golshifteh Farahani

Golshifteh Farahani – Getty

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Calma e introversa

È nata a Teheran; Selma – la protagonista del film – a Tunisi.
Grazie all’ormai irreversibile processo di empowerment, in tutto il mondo ci stiamo avvicinando sempre di più le une alle altre. La Tunisia è uno dei Paesi musulmani in cui le donne hanno maggiori diritti e maggior rispetto. Sono forti come le iraniane, purtroppo le iraniane sono oppresse…
Cosa ha trasferito di sé nel personaggio?
Una qualche “pesantezza”, non in senso negativo: una “quiete immobile”. Sono calma e introversa, per quanto possa apparire il contrario: sto bene da sola con me stessa. E il modo tranquillo di Selma nel parlare, nel camminare, nell’essere grounded, radicata alla terra, è il mio.

“Ero così triste”

Una caratteristica di natura o una conquista?
No, non è indole: trasudavo energia, piano piano ho imparato a usarla in modo diverso, a non disperderla. Ero come quei terreni da cui fuoriesce il gas in continuazione e brucia: avvertivo che dovevo diminuire la pressione per non esplodere. Adesso sto bene anche se non ardo in continuazione… (sorride) La meditazione vipassana (una tecnica di derivazione buddista, ndr) mi ha offerto un immenso aiuto.
Come l’ha scoperta?
È buffo: mio fratello aveva cominciato a praticarla in India, seguito da mia madre in Iran. Quando ho dovuto lasciare il Paese, ero così triste che mi hanno implorato di partecipare a uno dei loro ritiri. Da allora li frequento con regolarità: ci sono sedi dappertutto, pure in Francia.

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“Ho trovato un tesoro”

Quei ritiri in cui stai in silenzio per dieci giorni, senza contatti?
Esattamente. Si è rivelata una finestra sulle verità ultime. Oggi sono assai più centrata, consapevole che la vita è solo una frazione di tempo che ci concesso. Che tutto è impermanente, passa, e che è ok così. L’esistenza è come un film: ci dimentichiamo che lo stiamo guardando e ci identifichiamo completamente, senza quel distacco che invece è necessario. Sono fortunata: non sono andata alla ricerca di un maestro spirituale, alla ricerca di risposte. Mi sono semplicemente affidata alla corrente e le risposte sono arrivate… Non speravo in un tesoro, camminando ci sono inciampata.
Da quale punto di vista in particolare la vipassana si è rivelata utile?
Nello sviluppo della consapevolezza. Quando le emozioni, i sentimenti, le sensazioni sorgono, devi solo esserne consapevole. E intuire da dove vengono, per quale motivo si manifestano, per poi lasciarle andare senza reagire malamente.

“Mi stava mandando fuori di testa”

Be’, ha molto in comune con la psicoanalisi…
Sì, in meglio. Lo dico con cognizione di causa: abitavo a Parigi e lì tanti sono ossessionati dagli “psy”, e per un anno ho provato. Interessante, però mi stava mandando fuori di testa. Per carità, ci sono bravissimi terapeuti… Non era la mia strada.
E la strada della recitazione quando l’ha incrociata? Quando ha capito che fosse la sua?
Non ne sono mai stata convinta con sicurezza. Ho iniziato da piccola – parallelamente allo studio della musica, che è una parte significativa di me e che mai abbandonerò: mi pareva una maniera per rendere il mondo un posto migliore. Magari perché vengo da una famiglia di artisti, attribuivo all’arte poteri rivoluzionari.

Golshifteh Farahani Un divano a Tunisi


Golshifteh Farahani in Un divano a Tunisi

Una famiglia di artisti

Ci racconti dei suoi.
Mio padre è scrittore, regista, attore; mia madre è pittrice e attrice. Mia sorella attrice e mio fratello musicista, pittore, grafico e pure attore. Ma – sono sincera –  le aspettative sono cambiate e recitare ormai è un lavoro. Però mi ha insegnato tanto sull’esistenza: il fatto che ci diamo ruoli diversi e li interpretiamo talmente bene da dimenticarci chi siamo in realtà, per esempio. Compreso questo, non provo attaccamento verso nulla. Lo scopo della vita non sta nell’accumulare, sta nello sbarazzarsi. Non voglio conquistare cose, voglio disfarmene! Via il bagaglio, leggerezza! Però, a dire il vero, forse un attaccamento ce l’ho.
Quale?
L’attaccamento all’amore. All’amare e all’essere amata. Goshifteh significa “Fiore pazzo in amore”, perfetto per me! (ride) In farsi “Gol” è fiore, “shifteh” indica quello stato che precede la follia, quasi un’ipnosi…
Il gesto più insensato compiuto per un uomo?
O mio Dio, non credo ci terreste a conoscerlo… (ride) Potrei scriverci un libro! Ho bruciato me stessa, mi sono buttata nel fuoco (metaforicamente, ovvio!). Ci ho investito, ci ho scommesso l’anima, senza paura di perdere. Non riesco a buttarmi in un’impresa se non al cento per cento. E quando ti giochi tutto, se perdi perdi tutto. Diventi cenere e ricominci di nuovo… Terribile.

“L’uomo giusto”

Ogni volta ci ricade?
Ci ricadevo… Sì, ogni volta. Oggi la situazione è cambiata: non butto sul tavolo da gioco l’anima. La tengo per me, investo su me stessa.
Qualche guru di coppia sostiene che – per avere una relazione sana e matura – bisogna prima saper stare in piedi da soli.
Sono d’accordissimo: se sei un bicchiere vuoto, cosa puoi versare nell’altro? Continuo ad affrontare tutto al cento per cento ma con un approccio diverso: non scommetto, costruisco. Devi capire quando ne vale la pena: se pianti erba, non crescerà un arbusto. Se pianti un pino o una quercia, quel seme ha un grosso potenziale. Io mi sbagliavo di continuo, investivo sulle piantine come fossero sequoie. Appurato che il seme sia buono, a quel punto ti preoccupi del terriccio adatto, dell’annaffiatura…
Si è imbattuta in uno “buono”?
Sì! Dopo 12-13 anni (è stata sposata con il terapeuta australiano, esperto in psicosomatica, Christos Dorje Walker e con il produttore franco-iraniano Amin Mahdavi, nonché fidanzata con Louis Garrel, ndr), nel 2019 ne ho finalmente scovato uno meritevole di cure. È stato un dono del destino, come mi comunicasse: «Ok, hai fatto abbastanza, hai pagato i tuoi debiti…». Sento di non sbagliarmi, e pure secondo gli amici e i miei genitori funziona. Sono felice!

Tra Spagna e Portogallo

Dove vivete?
Tra Spagna e Portogallo. Ho realizzato che non mi fermo parecchio a casa per gli impegni professionali (nel frattempo ha già girato il drammatico L’angle mort, l’action movie Extraction, su Netflix dal 24 aprile, ed è a Hollywood sul set della sua prima serie tv, ndr): quando sono in pausa voglio abitare nel verde, avere un giardino.
Che cosa le manca soprattutto dell’Iran?
Tutto! (sospira) È un posto speciale, difficile da spiegare, non c’è niente di paragonabile… L’affettuosità della gente, il mix di natura-cultura-architettura. Qualsiasi aspetto è straordinario, tranne il governo orribile. Ho nostalgia. Purtroppo so che il Paese dei miei sogni non esiste più… 

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