Una ricerca ha osservato che in età prescolare, in media, i bambini richiedono che tu gestisca un loro desiderio o bisogno 3 volte per minuto. Se anche tu hai tre figli come me, non faticherai a dare credito a questo dato.
Ora, riuscire in questa impresa è un vero casino, infatti la maggior parte dei consigli che vengono dati ai genitori si concentra su come affrontare i loro comportamenti scorretti. Lo trovo utile, sia chiaro, ma incompleto, poiché il punto dovrebbe essere quello di prevenirli.
Ciò che di solito è alla base del loro cattivo comportamento, in realtà, è il modo in cui gestiscono le emozioni scomode: dobbiamo quindi aiutarli a sviluppare l’intelligenza emotiva.
Come? Oggi vediamo 5 indicazioni fornite dal buon vecchio John Gottman…
1. Essere consapevoli delle emozioni
La prima indicazione è quella di essere consapevoli delle emozioni.
Non mi riferisco tanto (o non solo) alle emozioni dei nostri figli, ma soprattutto alle nostre di genitori, padri, madri, esseri umani. Se non sei consapevole delle tue sensazioni e dei tuoi stati d’animo, infatti, avrai per forza problemi a relazionarti con quelle degli altri e non riuscirai a dare ai tuoi figli un modello di ruolo per i sentimenti: come viverli e come esprimerli.
Consapevolezza emotiva è la parola chiave e per aiutare i nostri figli a svilupparla non dobbiamo aver paura di mostrare emozioni di fronte a loro. Rabbia inclusa, purché espressa in modo rispettoso e costruttivo. Se i genitori si trattengono dal mostrare sentimenti, infatti, i bambini potrebbero imparare che: “Mamma e papà non hanno queste emozioni, quindi nemmeno io dovrei averle”. In altre parole, vedere litigi e poi vederli risolti amichevolmente è molto meglio che non vedere affatto alcuna discussione.
Amici, schermare i bambini dalle situazioni emotivamente cariche e poi mandarli nel mondo è un po’ come mandare un atleta alle Olimpiadi senza allenamento. Teniamolo a mente e andiamo al secondo punto, ovvero..
2. Il giusto approccio alle emozioni dei bambini
È più che comprensibile vedere un capriccio di tuo figlio come un inconveniente irrazionale che andrebbe eliminato il prima possibile. Tuttavia, i genitori i cui figli sono cresciuti emotivamente forti, hanno interpretato gli scoppi d’ira come momenti utili a creare un legame con il loro bambino.
Dire qualcosa come: “Non devi fare questo!” ha mai funzionato con gli adulti? Esattamente, quindi sicuramente non funzionerà nemmeno con tuo figlio. Allora cosa fare?
L’indicazione è di non attaccare l’identità del bambino, ma lavorare sulle specifiche azioni che ha messo in atto. Quindi è meglio dire: “Giacomo, non è il caso di tagliare i capelli a tuo fratello Mattia”. Invece che: “Smetti di essere un incubo!”.
Questo secondo approccio più sprezzante, nella ricerca di Gottman, aveva fatto crescere bambini con più problemi nei compiti scolastici e nelle relazioni interpersonali. Avevano più problemi comportamentali a scuola e si ammalavano più facilmente.
3. Ascolta in modo empatico e valida i sentimenti
Il terzo punto è ascoltare in modo empatico i loro sentimenti. L’approccio mentale più utile nel fare questo è quello di chi parte con la consapevolezza che un bambino ancora non sa (ovviamente) come gestire le emozioni. Anche perché, francamente, tu hai ancora problemi nel farlo nonostante decenni di esperienza.
Quindi, prima di tutto, non provare immediatamente a sistemare le cose ma concentrati sul fargli sentire di essere un alleato sicuro. La comprensione deve precedere i consigli e, proprio come con gli adulti, sono loro a decidere quando hai capito il loro punto di vista. Inoltre, se passi subito alla soluzione del problema, impedisci al bambino di sperimentare e affrontare le emozioni scomode. É quindi molto utile usare, ad esempio, un ascolto empatico dove fai parlare loro e li aiuti a chiarire.
Un punto fondamentale qui è che mentre loro parlano è importante accettare tutti i sentimenti, ma non tutti i comportamenti: devono sentirti veramente comprensivo e dalla loro parte, ma non per questo permissivo in ogni cosa.
In questo contesto, ascoltare significa molto più della semplice raccolta di informazioni attraverso le orecchie. Gli ascoltatori empatici usano i loro occhi per cercare prove fisiche delle emozioni dei loro figli, la loro immaginazione per vedere la situazione dal punto di vista del bambino e le parole in modo rassicurante e non critico per aiutare i loro figli a dare un nome alle loro emozioni.
Già, dare un nome alle emozioni: questo è il quarto punto cui prestare attenzione, vediamo come mai.
4. Dare un nome alle emozioni
Se aiuti i bambini a dare un nome a quello che accade dentro di loro, questo può far sì che essi trasformino un sentimento amorfo, spaventoso e scomodo in qualcosa di riconoscibile e meglio definibile. Dare un nome alle emozioni, infatti, va di pari passo con lo sviluppo dell’empatia.
Un genitore vede il suo bambino in lacrime e dice: “Ti senti molto triste, non è vero?”. Ora, non solo il bambino ha capito cosa gli succede, ma ha anche una parola per descrivere questa sensazione intensa.
Gli studi indicano che l’atto di dare un nome alle emozioni può avere un effetto calmante sul sistema nervoso, aiutando i bambini a riprendersi più rapidamente da ciò che li disturbava.
5. Imposta i limiti e aiutali a risolvere il problema
Una volta che il genitore riconosce l’emozione che si trova dietro il comportamento scorretto e aiuta il bambino ad etichettarlo, deve impostare dei limiti, ovvero assicurarsi che il bambino capisca che determinati comportamenti non possono essere tollerati.
I limiti sono necessari, è un dato di fatto. La relazione genitore-figlio, d’altra parte, non è una democrazia e non deve mirare a esserlo.
Una volta stabiliti i limiti del comportamento scorretto, è il momento di sistemare le cose. Qualcuno deve risolvere il problema. E quella persona non sei tu.
Già: è un’abilità che devi aiutare tuo figlio a sviluppare, perché non sarai sempre lì a dirgli cosa fare. Incoraggialo, quindi, a proporre idee: guidalo verso una soluzione efficace in linea con i tuoi valori, ma non farlo tu al suo posto. È così che i bambini emotivamente intelligenti diventano bambini pieni di risorse e responsabili.
So cosa state pensando: “Non troverò mai il tempo per fare tutto questo!”. Soprattutto se durante una emergenza. Lo so e lo capisco. Il punto è che, benché sia preferibile farlo proprio durante il culmine di un capriccio, è di aiuto farlo anche in momenti più tranquilli: ti siedi, parli con tuo figlio e cerchi di aiutarlo a diventare più emotivamente intelligente.
L’ideale sarebbe fissare questo spazio in agenda: so che non è molto bello o romantico, ma spesso è l’unico modo per farlo davvero. Pensaci, ogni giorno ti ritagli un tempo, ti siedi e parli con tuo figlio senza lo stress del tempo, delle urgenze o delle interruzioni: non sembra male, no?
Bene, per oggi è tutto, abbiamo visto un sacco di cose! Non vi ho proposto il Sacro Graal, lo so. Ci saranno ancora scoppi d’ira, avrai ancora bisogno di disciplina e limiti, ma con il tempo costruirai un legame più stretto con il tuo bambino e lo aiuterai a sviluppare un’abilità che lo avvantaggerà per il resto della sua vita.
Quindi insegna loro ad utilizzare il vasino, a camminare, a pensare, ma – più di ogni altra cosa – non dimenticare di insegnare loro come provare emozioni.
Per approfondire il tema, puoi leggere il libro di Gottman “Intelligenza emotiva per un figlio. Una guida per i genitori”, acquistabile qui al link: https://amzn.to/33B2oSE
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