Era il 1991 quando nelle sale cinematografiche italiane usciva il film di Massimo Troisi, con Francesca Neri e le musiche di Pino Daniele, Pensavo fosse amore…invece era un calesse. Un titolo che è poi divenuto una metafora per riassumere la delusione di fronte a qualcosa che non si rivela ciò che ci aspettavamo. E oggi, nell’era dei sequel per eccellenza, l’industria potrebbe pensare a un seguito in salsa social, il cui titolo potrebbe benissimo suonare così: Pensavo fosse un matrimonio…invece era un adv.
Perché oggi, di fronte ai feed Instagram che si popolano di scatti e video provenienti dagli attesissimi matrimoni Vip dell’estate, è questo l’unico dettaglio – disturbante – a macchiare la favola, riportandoci brutalmente alla realtà. Una favola che diventa nauseante scherno.
Cecilia Rodriguez e Ignazio Moser si sono sposati: Belen in lacrime (video)
Il matrimonio di Cecilia Rodriguez, storia di una marchetta romantica
In questa estate piovosa, il gossip italiano ha potuto tirare un sospiro di sollievo non solo perché è iniziato Temptation Island – che ha regalato numeroso materiale di cui discutere -, ma soprattutto grazie ai matrimoni Vip che costellano questi mesi. Ad aprire le danze è stata Diletta Leotta: la conduttrice di Dazn ha sposato il Loris Karius, in abito Atelier Emé (solo il primo di una serie di abiti disegnati dal brand per l’occasione) con una sontuosa cerimonia sull’isola di Vulcano. Dopo il soggiorno siciliano, la parata di Vip si è spostata in Toscana in occasione delle nozze di Cecilia Rodriguez e Ignazio Moser: la showgirl, anche lei in abito Atelier Emé, ha detto il fatidico sì al fidanzato di fronte a una Belen in lacrime.
Non semplici matrimoni, ma orde di romanticismo gridato, lusso ostentato -spacciato per ricercatezza dei dettagli – e sfilate di abiti indossati da invitati Vip, che finisco per attirare l’attenzione più degli sposi stessi (vedi Chiara Ferragni al matrimonio di Diletta Leotta). In quelle che sembrano favole moderne, con protagoniste principesse influencer, è inevitabile sentire puzza di marcio. Non solo pare che se la sposa non indossa Atelier Emé, non sia degna di tale titolo – creando quasi un’ottica di monopolio, per cui gli altri brand di abiti da cerimonia non possono neanche competere -, ma la confezione finale della cerimonia è una lista di nozze composta da tag di brand e un solo e unico hashtag: adv. Inoltre, il meccanismo della marchetta innesca una penosa reiterazione dell’uguale, sottolineando la mancanza di tridimensionalità di questi personaggi che sembrano aver adattato la loro personalità alla dimensione dello schermo dello smartphone. Infine pare dunque che le favole contemporanee oggi non perseguano il sempiterno monito del “per sempre felici e contenti”, bensì quello del “finché adv non ci separi”.
| Da Rumors.it